11 Treveighan

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Mentre girava la testa per guardare le finestre del castello in cerca di un segno di vita sentì un suono fin troppo familiare. L'argano del ponte levatoio era stato azionato e il portale si stava chiudendo.

Era una trappola e lui c'era caduto come uno sciocco. Non perse tempo a maledire la sua stupidità. Brandì lo spadone, estrasse la spada bastarda, e si preparò ad affrontare chiunque gli si fosse parato davanti.

- Non è ancora finita! - disse con voce ringhiosa.

Quasi in risposta un portone si aprì lasciando uscire due file di soldati in pieno assetto di guerra. Il furore di Edoardo fu stimolato dal riconoscere le insegne di molti suoi compagni di scuola.

- Luridi traditori - sputò a terra e partì con un urlo feroce.

Roteò la spada sopra la testa e decapitò in un sol colpo il primo soldato, poi seguendo la stessa spinta si girò di spalle, scostò l'alabarda che il secondo reggeva a due mani e gli finì addosso, trapassandogli l'addome con la lama bastarda spinta dietro la schiena. Piantò lo spadone a terra, prese al volo l'alabarda e la scagliò contro gli ultimi della colonna, poi riprese la lama e la fece salire fra le gambe del successivo armigero dividendo il suo corpo in due. Mentre la destra reggeva in alto lo spadone infilzò con la più piccola il collo dell'uomo che si trovò davanti, quindi calò quella più grande subito a fianco dell'elmo del soldato in seconda fila, facendola penetrare fra spallaccio e pettorale. La lama era rimasta incastrata, quindi Edoardo alzò la gamba e spinse con un poderoso calcio l'uomo ormai senza vita contro quello che stava accorrendo alle sue spalle e recuperò la spada. Colse con la coda dell'occhio un riflesso, un'ascia che roteava in direzione della sua testa. Si chinò evitando per un soffio la lama letale e dal basso infilò la bastarda nell'inguine dell'assalitore  impalandolo, mentre con lo spadone recideva i tendini di entrambe le caviglie di un altro.

Gli erano rimasti solo quattro soldati da ammazzare. Li vide davanti al portone indecisi e spaventati, quindi fece un passo avanti e gridò: - Buuu!

I quattro non rimasero un attimo in più: gettarono a terra le armi e corsero dalla parte opposta della piazza, dove qualche anima caritatevole li fece sgusciare dentro a una porticina. Edoardo avanzò verso il portone del palazzo, salì gli scalini ed entrò nell'ampio salone. Era francamente stupito, si era aspettato un'accoglienza più numerosa e articolata, colate di pece, arcieri, almeno una trappola, e invece era stato affrontato da forze appena sufficienti a far fuori un cavaliere del suo livello. Non sapeva se attribuire la cosa a stupidità o tirchieria.

Avanzò nel buio salone e gridando: - Ludovico, indegno Conte di Treveighan, ho sbaragliato le tue ridicole difese e ora voglio la tua testa! Dove ti nascondi, miserabile sorcio? Fammi vedere la tua stolida faccia!

Il salone rimaneva silenzioso, animato solo dall'eco delle urla di Edoardo.

- Devo venirti a stanare dalla tua camera da letto come un'anziana inferma o riesci ancora e scendere con le tue gambe. Sono qui per rivendicare il castello e tutti i tuoi beni. Se sei appena metà dell'uomo che dovresti essere, devi affrontarmi.

Ancora nessuna risposta giunse alle orecchie di Edoardo che ormai si aggirava per il salone come un orso in gabbia. Poi, da una scala che scendeva, giunse una flebile voce: - Non avrai il mio tesoro. È mio, non te lo darò mai.

Edoardo sorrise fra sé. L'avidità, quello era il dio a cui Ludovico aveva deciso di dedicare le sue energie nel gioco. Scese le scale guardingo, ben attento a non farsi cogliere di sorpresa da qualche trappola o insidioso agguato, ma dopo due rampe di scale si ritrovò in un lungo corridoio al livello delle prigioni. In fondo vide il Conte Ludovico, seduto come un sultano su un mucchio d'oro, più di quanto lui ne avesse mai conservato nel suo castello.

- Questo è il mio tesoro e non te ne darò un centesimo. Ti ammazzerò piuttosto di farti toccare una sola delle mie monete, stupido sacco di lardo.

L'offesa fece montare la furia nella mente di Edoardo.

- Tu cosa hai fatto con il tuo denaro? - insisteva quell'altro - Lo hai speso tutto in timballi e salsicce e poi te li sei mangiati tutti da solo, ciccione? Prova a rotolare fino a qui che ti apro quella pancia lardosa. Farò sapone per un anno con te, lurido maiale a due zampe.

Edoardo non ce la faceva più. Sollevò lo spadone, emise un urlo che aveva poco di umano e si mise a correre verso il Conte Ludovico, ferocemente intenzionato a dividerlo in due. Quando mancavano pochi passi per raggiungere il Conte il suo occhio colse qualcosa di strano, non ebbe il tempo di analizzare la cosa ma cercò  seguendo l'istinto di arrestare subito la sua corsa. Purtroppo la sua velocità era troppo grande e la sua armatura troppo pesante, cosicché non riuscì ad arrestarsi in tempo e rovinò addosso a uno specchio riducendolo in frantumi per poi sbattere contro un muro di pietra.

Lo specchio era stato inclinato in modo da riflettere il Conte che se ne stava dietro l'angolo, placidamente seduto sui suoi averi lì ammonticchiati a bella posta.

Edoardo non ebbe neppure tempo di riprendere fiato che alle sue spalle sentì il clangore di un  cancello che veniva chiuso e la risata del Conte Ludovico.

- Lo vedi quanto sei idiota, Sartore? Ora sei mio prigioniero e non c'è forza dentro o fuori dal gioco che potrà salvarti.

- Non essere ridicolo. - rispose Edoardo - Questa non è che una comune segreta di un castello di serie B. Mi basterà rivolgermi al 'bot' carceriere per essere portato al più vicino punto di 'respawn'.

Ludovico rise di nuovo, sguaiatamente e a lungo.

- Questo è quello che pensi tu, ciccione, non quello che pensiamo noi. Avanti, ragazzi!

Da dietro gli angoli spuntarono dei semplici popolani in casacca e pantaloni. Edoardo riconobbe molti di quelli che aveva ucciso negli ultimi due giorni, ma ancora non capiva.

Gli uomini formarono due file e iniziarono a passarsi delle grosse pietre squadrate e a posarle davanti all'inferriata della sua cella.

- Ci sei arrivato adesso, Sartore? - disse Ludovico affacciandosi al muro che già cresceva in altezza - Nessun 'bot' ti può salvare se neppure sa che esisti.

Edoardo sedette a terra disperato. Il muro saliva e stava per chiudere completamente l'apertura. L'unica cosa che sentiva era la risata di Ludovico, ma quando l'ultima pietra fu messa al suo posto non udì più nemmeno quella.

 L'unica cosa che sentiva era la risata di Ludovico, ma quando l'ultima pietra fu messa al suo posto non udì più nemmeno quella

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Realtà virtuale II - I cavalieri di CamelotWhere stories live. Discover now