19.

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Josh
Le settimane volarono e se il rapporto con Nina andava a gonfie vele, lo stesso non si poteva di certo dire per quello con la mia famiglia. La situazione a casa era ormai degenerata, eravamo tutti in ansia per l'imminente chiamata da parte dell'avvocato in cui ci avrebbe comunicato la data dell'udienza. I miei genitori non facevano altro che litigare, Jack non c'era quasi mai per via di Emery e del fatto che non venisse più a casa nostra, dato che io e lei ormai non ci parlavamo più. L'ilarità di Kate era durata meno del previsto e aveva cominciato ad avere crisi isteriche sempre più di frequente, stava sempre peggio e non avevamo la più pallida idea di come aiutarla, aveva tirato su un muro impossibile da tirar giù. Mamma e papà credevano che la cosa migliore fosse quella di mandarla da uno specialista ma lei non la vedeva come una possibilità per stare meglio, ma bensì associava l'andare dallo psicologo con l'essere considerata matta. Dal canto mio, non passavo più nemmeno tanto tempo a casa, perché ciò valeva a dire passare del tempo con la mia famiglia che equivaleva a litigare tutto il tempo, quindi o non c'ero mai o quando c'ero, Nina era con me. Mi sentivo maledettamene in colpa per aver trascinato la mia famiglia in quell'enorme pasticcio ed ogni volta che mi ritrovavo con ognuno di loro, era come se glielo leggessi negli occhi. Passavo la maggior parte del tempo con Nina, la accompagnavo agli allenamenti, a scuola, uscivamo quasi ogni pomeriggio o stavamo da lei con i suoi genitori, con cui avevo legato molto. Nina ed io eravamo sempre più uniti ed ero il ragazzo più fortunato sulla faccia della terra ad avere accanto una ragazza come lei. Anche lei aveva legato parecchio con la mia famiglia, malgrado io con loro non parlassi più molto, ogni volta che lei veniva a casa nostra riusciva a risollevare l'umore di tutti e a farci riunire anche solo per pochi istanti, anche se le avevo ripetuto mille volte che non era tenuta a farlo. Le piaceva vederci tutti insieme e mi ripeteva ogni singolo giorno che la causa di tutto ciò non ero io e che avrei dovuto provare ad avvicinarmi di nuovo ad ognuno di loro. Diceva che avevo bisogno della mia famiglia, ma io stentavo a non capire perché tutto ciò di cui sentivo di aver bisogno era proprio lei. Nina era la mia salvezza e nonostante ogni giorno mi ripetesse quelle cose, non mi faceva mai pressione affinché le rispettasi, sperava che con il passare del tempo ogni tassello sarebbe tornato al proprio posto e con lui ognuno di noi.
Come tanti altri giorni, anche quel giorno eravamo da Nina. Mentre eravamo sul suo letto a guardare un programma demenziale alla TV, il mio telefono prese a squillare. Decisi di lasciarlo sul comodino senza nemmeno vedere chi fosse.

<<Non rispondi?>> chiese lei.

<<No. Sarà mia madre che al solito vorrà sapere se anche stasera non tornerò per cena.>> risposi io scocciato.

Mia madre chiamava ormai ogni sera alla stessa ora per chiedermi, inutilmente, se avrei cenato o meno con loro ed io puntualmente ogni sera le negavo questo piacere. Per più e più volte mi ero sentito un peso a casa di Nina, ma i suoi genitori mi avevano assicurato che non lo ero affatto, anzi gli faceva piacere che passassi così tanto tempo a casa loro.

<<Beh dovresti rispondere lo stesso.>> aggiunse lei dandomi un bacio sulla guancia.

<<Non è necessario, ci resterebbe male solamente.>> risposi io prendendo una ciocca dei suoi capelli tra le mani.

<<Se non rispondi ci resterà peggio.>> disse lei guardandomi con quei suoi meravigliosi occhioni.

Il telefono riprese a squillare ed io decisi di vedere almeno chi fosse.

Lo presi e lessi il nome di mio padre sul display, non feci in tempo a mostrarglielo che disse

<<Quindi? Lo lasci suonare?>>

Io feci spallucce e lei mi guardò torva.

<<Io non lo farei.>> aggiunse poi.

<<Oh ma smettila, lo faresti eccome.>> dissi io.

Un amore improbabile. #Wattys2019Where stories live. Discover now