Partenza da Itaca

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Da due lune, i colpi dei martelli scandivano il tempo nel porto. Giorno e notte. Gli uomini lavoravano senza sosta alla costruzione di un'enorme imbarcazione. Pochi giorni e sarebbe stata pronta.
"Quando partirai?"
"Dopodomani finiranno di lavorare, farò imbarcare i viveri e la nave salperà all'alba del giorno seguente."
Gli occhi scuri di Penelope contrastavano fortemente con l'orizzonte alle sue spalle, cremisi per il tramonto.
"Vado a fare ancora un'offerta". Lui la fermò, prendendola per un braccio ma, lasciò subito la presa: ormai non aveva più nulla da dirle.

Penelope ritornò alla reggia, chiamò le ancelle più fidate e ordinò che venissero preparate due ceste con la frutta migliore. Quando furono piene, accompagnata da una delle serve, si diresse al tempio del figlio di Zeus e Maia, per allontanare la sventura dal viaggio dello sposo.

L'aria era fresca ed iniziava ad alzarsi il vento. La donna arrivata alla casa del dio, pose a terra la cesta ed ordinò alla giovane di farelo stesso. Poi la mandò via e si inginocchiò.
"Ormai è giunto il momento della partenza e tra poco rimarrò sola, nuovamente" abbracciò la statua all'altezza delle ginocchia"perché gli hai dato questo pensiero?" parlò ad alta voce, quasi come per pronunciare un rimprovero, ma sapeva che nessuno l'avrebbe più ascoltata. Sì alzò, con la mano lisciò le pieghe della veste e tornò al palazzo più bello di Itaca.

Passò quei pochi giorni, prima della partenza, seduta sulle rocce della spiaggia, ormai non tesseva più. Il ricordo di quell'interminabile periodo passato davanti al telaio era ancora vivo nella sua mente. Ogni giorno le donne, vicino alla riva, cucivano i bordi di alcune vele, gli uomini invece lavoravano sulla nave. Guardava e aspettava.Sapeva che sarebbe arrivato quel giorno. Sapeva che nell'attesa avrebbe potuto sospirare e dire "forse c'è ancora tempo per cambiare". "Ma gli Immortali non cambiano idea" sembrava farle eco il mare.


All'alba del giorno stabilito tutto era pronto. La nebbia così densa non lasciava capire se il Sole fosse già sorto, o se Apollo non si fosse ancora destato. Ma se Apollo aveva tentato di proteggere quell'uomo, l'Aurora non riuscì a tenere a bada Lampo e Fetonte. I suoi indomabili cavalli, appena furono aggiogati, corsero veloci, come se sapessero di aver atteso troppo a lungo.

Che fretta c'è? Che differenza comporta partire oggi o domani?

Ma il cerchio infuocato aveva già illuminato l'orizzonte.

Penelope, seduta nella sua camera attese che lo sposo si vestisse, poi indossò la tunica bianca e con due spille la fermò sulle spalle. Quando uscirono si ritrovarono attorniati da decine di persone che volevano salutare ancora una volta il loro re.
Passivamente la donna sorrise a coloro che aveva intorno. Quando arrivarono in riva al mare, la folla si era dispersa. Iniziò a parlare distrattamente con Eurinome, la serva fidata, quando si accorse che gli occhi chiari del marito la stavano fissando. "Penelope, per tanti anni ho sognato il mio ritorno..." si fermò, come se volesse gustare appieno quel momento" ma adesso devo ripartire. Il mosaico, che è stato creato per me, è incompleto. Ma, non troverò qui ciò che manca. L'ultima fatica mi attende ed io non posso farla aspettare."
La donna, sentendo quelle parole, sembrò sul punto di parlargli per convincerlo a rimanere. Ma Pallade Atena, che non voleva veder annullato quel disegno, mise le sue calde mani sulla bocca di Penelope.

Non dir nulla. Partirà lo stesso e tornerà, ma non ad Itaca.

I pensieri della Vergine si confusero con quelli della donna che fu costretta a reprimere tutte le emozioni e a mostrare una sola lacrima.

Il re di Itaca si avvicinò a lei, asciugò la lacrima e ne versò una a sua volta.

Con gli occhi lo seguì fino a quando fu sulla nave, solo. Atena partì con lui e solamente in quel momento la donna capì che quel fardello che non le aveva permesso di parlare un attimo prima, se ne era andato. Ormai era troppo tardi. Corse veloce per andar via da quella spiaggia, da quel mare, ma appena giunta davanti alla reggia le ginocchia cedettero e la regina si accasciò davanti alle porte del palazzo.


Alla finestra rivolta verso il mare si affacciò Euriclea, l'anziana nutrice. Ormai era molto vecchia, rughe profonde segnavano il volto ed il collo, ma per un momento il suo viso, così illuminato dal sole, sembrò quello di una fanciulla. "L'uomo è governato dal fato, come un'onda del mare che sta per infrangersi contro gli scogli e non può tornare indietro" mormorò.
Guardò ancora quella nave così maestosa, così grande. Alzò una mano per salutare colui che aveva allevato e che considerava suo figlio. Non poteva vederla, la nave si era spinta troppo lontano.

"Addio Odisseo"

Lui era sulla nave, ma sapeva che alla finestra c'era quella donna e, anche se non poteva più vederla, alzò la mano per ricambiare il suo saluto.

Partenza da ItacaWhere stories live. Discover now