chapter eight

1K 76 10
                                    

John rimase a fissare le parole impresse sul display, senza sapere come rispondere ma prima che potesse decidere come reagire, le sue dita cominciarono a scrivere di propria volontà.
E se non lo avessi fatto? Le cose sarebbero andate in modo diverso?
Era rischioso, John lo sapeva, ma ormai lo aveva inviato e non c'era modo di ritirarlo. Gli sembró passassero millenni prima che il telefono vibrasse in una risposta.
No. SH
"Sei stato molto chiaro" mormoró John in tono sprezzante. Spense il telefono e lo poggió sul pavimento a faccia in giù. Cercò di prendere due respiri profondi ma il suo petto era teso e la cosa gli dava la nausea.
Dopo qualche momento il telefono vibró di nuovo.
Non in quel senso. SH
John era abituato al fatto che Sherlock fosse criptico, ma questo era ridicolo. Non sapeva assolutamente come reagire. C'era una sola parola con cui potesse rispondere.
Perché?
La riposta arrivó immediatamente. Sherlock era veloce a digitare.
Vieni giù. SH
No.
Allora lascia che salga. SH
No.
John, non essere ostinato. SH
È vietato?
Cosa vuoi? SH
Il dottore non aveva una risposta pronta. Rimase a fissare lo schermo.
È complicato. SH
Già.
Sembravano essere arrivati ad un punto fermo: nessuno dei due era intenzionato a proseguire la conversazione. Le parole "non in quel senso" continuavano a risuonare nella sua mente. Circa cinque minuti dopo, John riuscì ad alzarsi e mettersi il pigiama; era una buona tecnica per distrarsi, o così volle credere. Aveva appena finito quando il telefono vibró nuovamente.
Saró nella mia stanza. Per favore mangia qualcosa, io non ti disturberó. SH
Non ho fame.
Era una bugia e lo sapevano entrambi. Il suo stomaco protestava.
Irrilevante. Devi mangiare. SH
Hmmm, dove ho sentito questa frase?
Se non scendi fra tre minuti, salgo io. SH
È una minaccia?
Sì. SH
Non è una buona minaccia.
Scendi e basta. SH
John poggió il telefono sul comodino e cercó di alzarsi, senza successo. Provava la stranissima sensazione che la sua mente stesse cercando con tutte le forze di alzarsi mette il suo corpo rimaneva saldamente ancorato al letto. Il suo cervello e il subconscio non si erano mai trovati in tale disaccordo, il che era tutto dire considerando il suo disturbo psicosomatico. Voleva davvero che Sherlock salisse? Non sembrava allettante, ma nemmeno alzarsi dal letto e scendere in cucina. Non sarebbe stato sorprendente se Sherlock avesse deciso di rompere la promessa e tendergli un agguato in cucina.
Scosse la testa, cercando di costringere il suo corpo ad obbedirgli. Con sforzo sovrumano si alzó, raggiunse la porta e la aprì per trovarsi davanti l'assurda immagine di Sherlock con in mano una porzione di pollo alle mandorle e uno sguardo imbronciato.
"Ho detto tre minuti" annunció con voce baritonale.
"Quanti ne sono passati?"
"Quattro e mezzo"
"Ah..."
"Tieni. Mangia." ordinó, porgendogli il piatto e superandolo. Lo sguardo dell'altro andó da lui, al piatto, e poi di nuovo a lui, realizzando con sorpresa che indossava una semplice tuta da ginnastica. Si sedette sul letto.
"Prego, accomodati" mormoró John sarcasticamente. Attraversó la stanza ed andó a sedersi al tavolo, poggiando il piatto davanti a me. Un soffio di vapore proveniente dai noodles lo inondó, facendogli avvertire una morsa di fame allo stomaco che lo costrinse a prendere la forchetta.
"Buono?" chiese Sherlock mentre John si avventava sul piatto caldo come chi non vede cibo da mesi.
"L'hai riscaldato." osservó il dottore.
"Ovviamente."
"Non è da te. Prima mi fai il tè, poi mi porti la cena. Sicuro di non essere ancora ubriaco?"
"Al cento per cento."
John avrebbe potuto continuare la discussione, ma preferì concentrarsi sul suo cibo senza degnare il detective di uno sguardo mentre egli si guardava intorno.
"Non ero mai stato nella tua stanza per così tanto tempo prima d'ora."
"A parte quando frughi fra la mia roba."
"Lo faccio solo quando è necessario."
John sospiró. Non aveva una privacy da quando erano coinquilini. Certo, anche lui aveva dato un'occhiata alla roba di Sherlock mentre lui non era a casa in passato ma solo per cercare droga, il che era una motivazione ben più valida di qualunque scusa l'altro avesse inventato.
"Finito?" chiese Sherlock mentre John ingoiava  l'ultimo boccone.
"Sì, era davvero... grazie." i loro occhi si incontrarono per la prima volta da quando Sherlock era entrato nella stanza. Speró inutilmente di non arrossire, fissando quelle iridi grigie.
"Sei nervoso. Vuoi che me ne vada?"
"No, no, sto bene. Solo..."
"Hai le guance e le punte delle orecchie rosse, continui a guardarmi negli occhi e poi distogliere lo sguardo. Sei nervoso."
"Non è vero!"
"Sì che è vero."
John emise un verso di frustrazione.
"Perché devi rendere tutto così complicato?"
"Perché devi sempre ignorare le ovvietà?"
"Perché devi essere sempre così maledettamente critico?"
"Perché sei un idiota?"
"Perché stiamo litigando come bambini di nove anni?"
"Perché siamo immaturi!"
Per un lungo momento rimasero seduti a guardarsi e respirare pesantemente, senza ben sapere che dire. Poi, in perfetto unisonò, scoppiarono a ridere. John era così stanco che dopo aver iniziato non riuscì più a smettere fino a che gli occhi non cominciarono a lacrimargli e i muscoli dello stomaco a fargli male.
"Siamo ridicoli." riuscì a dire infine
"Decisamente."
"Sono stanco." annunció John sbadigliando.
"Me lo aspettavo. Non ti ho esattamente facilitato le cose, vero?"
"Ovviamente no. Con te niente è mai semplice."
Nonostante le sue parole, gli rivolse un piccolo sorriso timido. La testa continuava a pulsargli dolorosamente. "Devo solo.." esordì, poggiandolo sul letto e tirando su le coperte. Decise di ignorare la tensione di Sherlock e si infiló fra le lenzuola.
"John?"
"Sto solo riposando gli occhi."
"Dovrei andarmene." Sherlock cominció ad alzarsi, ma John gli afferró la mano, sempre ad occhi chiusi.
"No, resta. Per favore." gli fece posto sotto le coperte "Tanto non sarebbe la prima volta che dormiamo insieme." biascicó. Era stanco di costringersi a restare sveglio, stanco di quei giochetti di parole, stanco di fingere che le cose che più desiderava gli fossero indifferenti.
"È presto." constató Sherlock.
"E allora?"
"Se non fossi stanco?"
"Lo sei" il detective tacque, ma non si mosse.
"Entra o vattene. Sono queste le regole."
"È un altro gioco?"
"Sì, si chiama il gioco del sonno e sto vincendo, quindi vieni qui o giuro su dio che ti tiro un pugno"
"Non sarebbe molto sportivo."
John sbuffó, sempre rifiutandosi di aprire gli occhi. Aveva esaurito tutte le sue risorse per convincerlo ad entrare in quel maledettissimo letto, per cui ci rinunció.
Pochi minuti dopo stava per addormentarsi quando sentì una delicata presenza accanto a sè. Un sorriso gli increspó le labbra mentre si girava lentamente in cerca di una posizione più comoda. Per un momento di chiese se anche lui stesse trattenendo il fiato. Anche se avevano già dormito insieme, era tutta un'altra esperienza senza tutto quell'alcol ad infondergli coraggio.
La tensione emanata dal corpo accanto al suo era palpabile. Con un respiro profondo, prendendo tutto il coraggio che avesse, John spostó il braccio destro per avvolgerlo intorno al coinquilino, cercando di farlo sembrare un gesto accidentale. Delicatamente lo fece scivolare fino a giungere alla sua mano, stringendola. Esalando il respiro che non si era accorto di trattenere, socchiude gli occhi. Sherlock si era accorto del gesto, ma non si mosse. Era un gesto insignificante, irrilevante per chiunque che non fosse stato Sherlock. Ma era lui. Passarono lunghi momenti e John temette che il detective se ne sarebbe andato eppure la mano rimase al suo posto, le dita strettamente allacciate alle sue.
Quando Sherlock interruppe il silenzio, parló poco più che sussurrando.
"Questo significa- significa che non sei più arrabbiato?"
"Mmm" biascicó John con il viso contro il cuscino.
"John?"
"Mhm?"
"La sigaretta è stata una tua idea."
"John?"
"Che c'è, Sherlock?"
"Niente."
Nonostante la sua riluttanza a rimanere sveglio, John sorrise. Con un ultimo atto di coraggio, strinse il braccio intorno ai fianchi del suo coinquilino, che si strinse a lui. John voleva lasciare la sua mano, ma sembrava assurdo lasciarle.
"Notte" mormoró. Riusciva a sentire il suo respiro tiepido contro la pelle, suscitando un brivido in entrambi.
"Buonanotte"
E John si addormentó, sorridendo.

to be continued....

Nota dell'autrice: So cosa state pensando... "OTTO CAPITOLI E NON SI SONO NEMMENO BACIATI?" ma prima che arriviate a inseguirmi con forconi e torce, annuncio che a breve cominceró a tradurre il sequel.
Edit: "The temper between", il sequel, è ora disponibile sul mio profilo!
-moony

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Jun 06, 2019 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

The last drop Where stories live. Discover now