Capitolo 18.

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"Che ci fa lui qui?".

La voce di Alberto poteva sentirsi già a chilometri di distanza mentre avanzava, verso me ed Alvis, con la fronte aggrottata sicuramente stupito dalla situazione.

"Viene anche lui con noi?".

"Si, viene anche lui, glielo chiesto io. Se ti va, seguici".

Gli voltai le spalle e cominciammo a camminare per dirigerci verso il centro, dove si trovava l'attuale abitazione di mio padre. Per tutto il tragitto nessuno proferì parola. Si poteva percepire una certa tensione nell'aria. Alvis, ogni tanto, si voltava verso di me per sorridermi ed Alberto osservava tutta la scena emettendo qualche sospiro visibilmente stufato.

"Dovrebbe essere questo l'indirizzo, vero?" mi chiese Alvis tenendo gli occhi fissi sul telefono.

"Si, è questo. Riconosco questo portone" risposi tenendo lo sguardo fisso verso la porta di ottone dalla quale si ergeva una bellissimo condominio.

"Quindi non è la prima volta che vieni qui?" mi chiese Alberto già sapendo quale sarebbe stata la riposta.

Lui era capace di percepire ogni singolo mio pensiero.

"No. Ci sono già venuta. Ma non ho avuto il coraggio di suonare".

Adesso questo coraggio dovevo tirarlo fuori.
Così pigiai il tastierino del citofono dove dall'altro capo mi rispose mio padre invitandoci a salire.

Appena aprì la porta della sua nuova casa mi corse incontro abbracciandomi.
Non ebbi la forza in quel momento di ricambiare immediatamente.
Ma poi mi ricordai del suo profumo. Del suo profumo nella nostra vecchia casa. Mi ricordai dei nostri Natali, della chitarra, della musica in macchina ascoltata insieme e dei mostri immaginari che insieme avevamo sconfitto.
E cosi, divenne automatico, abbracciarlo. Di nuovo. Fermando il tempo.

"La mia bambina bellissima" mi sussurrò accarezzandomi la guancia.
Aveva gli occhi lucidi e vedere mio padre commuoversi era quasi un evento.

"Spero non ti dispiaccia se ho invitato anche loro. Ti presento Alberto ed Alvis, la mia coppia di amici omosessuali. Stanno insieme da quasi un anno" spiegai a mio padre, nascondendo una mezza risata, causata dalla visione stupita delle loro facce.

"Piacere mio" rispose mio padre porgendo gentilmente la mano in segno di conoscenza, non per niente stupito dalla mia affermazione, visto la mente aperta che possedeva.

"Il piacere è tutto mio. Penso di aver trovato in Alberto l'amore della mia vita. Non è vero amore?" disse Alvis toccando la schiena di Alberto che nel frattempo pareva essere ancora frastornato da tutto il contesto.

Ma alla fine si rassegnò anche lui ed entrò perfettamente nella parte.


Mio padre ci presentò Camilla, la sua nuova compagna e con lei anche le sue due figlie. Eleonora di dieci anni, solamente figlia di Camilla avuta dalla sua precedente relazione ed Elena, la piccolina di due anni, avuta dalla relazione con mio padre, quindi biologicamente la mia sorellastra.

Camilla, era un donna non troppo diversa da mia madre, solo più giovane. Alta e abbastanza magra. Non aveva molto seno e per questo poteva permettersi vestiti scollati senza sembrare troppo volgare.
Era molto gentile ed affabile. Durante il pranzo non aveva parlato tantissimo, anzi sembrava abbastanza intimidita. Si era limitata solamente a servirci le varie portate ed a parlarci della varietà di dolci che aveva cucinato. Fui io a rompere il ghiaccio verso di lei.

"E tu, di cosa ti occupi? Sei una mamma a tempo pieno?".

"Per adesso si, mi sto occupando a tempo pieno di Elena, ma non ti nascondo il desiderio di tornare al mio vecchio lavoro. Sono una violinista".

two points_albishWhere stories live. Discover now