11.

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Il mormorio di due voci femminili echeggiava tra le pareti della cucina, rimbombando fastidiosamente nelle sue orecchie. Erano entrate discutendo animatamente e da allora non avevano più chiuso bocca.
Il tic nervoso che era comparso una decina di minuti prima all'occhio sinistro, che non lo aveva ancora abbandonato avrebbe chiarito ad uno sguardo attento che la sua pazienza si stava inesorabilmente esaurendo.
-Per tutti i diavoli, chiudete quella dannata bocca stupide donnicciole- sibilò Astor, sbattendo violentemente sull'asse di legno la mannaia che stringeva nel palmo, sfiorando pericolosamente le dita dell'altra mano.
Lo schiocco secco che la lama produsse contro la superficie dura e segnata dall'usura fece sussultare le due ragazze.
Si voltarono entrambe nella sua direzione, interrompendo la loro conversazione, mentre Francine gli lanciava un occhiataccia.
-Non vi hanno insegnato a parlare senza imprecare a voi marinai?- lo rimbeccò lei, muovendo qualche passo nella sua direzione - credete che vi renda meno uomini parlare senza arricchire le frasi di improperi?-
Astor la osservava stralunato, come se ciò per cui si stava infervorando la ragazza fosse il vero problema.
-E comunque non ve ne siete accorto, vecchio pazzo, che stiamo facendo quello che voi ci avete gentilmente domandato?- aggiunse Francine, indicando con un breve cenno della mano una ciotola alle sue spalle.
Astor si impose la calma, contando fino a dieci per reprimere la voglia che aveva di stringerle le mani intorno al collo.
Da quando Murdoch l'aveva assegnata alle cucina e gliela aveva affidata alle sue cure, quella donna era stata causa di innumerevoli problemi.
Aveva il brutto vizio di non saper tacere e di voler far tutto alla sua maniera, senza dare ascolto a quello che le veniva detto.
Più volte, nell'arco di tempo che aveva trascorso lì, il cuoco era stato tentato di affibbiarle un ceffone ma aveva sempre preferito reagire verbalmente piuttosto che toccarla.
Ora però era diventata talmente una scocciatura che Astor non era sicuro di essere capace di frenare le mani.
Aveva pensato di parlare con il capitano ma poi aveva tentennato, quando la ragazza era sparita. Aveva sperato di essersene finalmente liberato, quando all'improvviso era ricomparsa e questa volta affiancata da un altra giovane.
Aveva cercato di non pensarci, di ignorarle ma quelle due, da quando erano state sistemate nuovamente in cucina non avevano mai smesso di tormentarlo con futili chiacchiere femminili.
-Non lo sapete che la distrazione è causa di molti incidenti?- le rivelò, come se fosse certo che prima o poi sarebbe riuscita a farsi del male.
-Sono perfettamente in grado di svolgere più mansioni in contemporanea senza dovermi preoccupare per la mia incolumità- ribattè lei, piccata, pensando di dargliene una dimostrazione pratica.
-E ora, se la smetteste di importunarmi potrei procedere con il mio lavoro- aggiunse, voltandogli nuovamente le spalle per tornare alla sua postazione, vicino all'altra ragazza.
Astor le rivolse uno sguardo sgomento, come se all'improvviso a Francine fossero spuntate due teste.
Quella piccola intrigante avrebbe avuto bisogno di una bella lezione. Se fosse stato suo padre non avrebbe esitato a batterla ma, su quella nave era compito del capitano punire gli indisciplinati. Si pulì frettolosamente le mani con uno strofinaccio, poi si diresse verso l'uscita, deciso a raggiungere la cabina del capitano.
Mentre stava per varcare la soglia comparve sulla porta Caleb, che gli rivolse un cenno di saluto.
-Astor, il capitano richiede la tua presenza- lo informò, per poi spostare la sua attenzione sulle due donne.
-Voi invece verrete con me- ordinò loro, scostandosi affichè potessero uscire dalla cucina.
Le due però rimasero immobili dove si trovavano, scrutandolo con un cipiglio scuro.
-Che avete?- domandò loro, sbuffando spazientito, per nulla disposto a tollerare alcun capriccio femminile.
-Non mi muoverò di qui finché non mi direte perché devo abbandonare la cucina- gli rispose Francine, incrociando le braccia sul petto.
-Avete qualcosa da dire anche voi?- le domandò, fremendo d'impazienza.
Non era abituato a perdere tempo e fino a quel momento ne avevano sprecato anche troppo senza combinare nulla.
-Esattamente. Attendo la stessa spiegazione che fornirete alla mia amica- annuì, imitando la posa dell'altra donna.
-Sono ordini del capitano e voi li eseguirete- rispose Caleb, indurendo a sua volta lo sguardo, nella vana speranza di intimorirle.
-Rifiutiamo- rispose Francine, voltandogli definitivamente le spalle.
Caleb lanciò loro una lunga occhiata poi si mosse qualche passo fuori dalla cucina. Le due ragazze, nuovamente concentrate nei loro discorsi, non si accorsero di nulla, se non quando fu troppo tardi per reagire.
-Devin, Ríoghnán, prendetele-
Ad un cenno di Caleb, che nel mentre era rientrato nella cucina, i due uomini che lo affiancavano si fecero avanti, diretti verso le due donne.
Francine e Ghaliya, allarmate dal trambusto che sortì improvvisamente alle loro spalle, si voltarono e si accorsero dei due che marciavano verso di loro.
Francine, improvvisamente agitata, agguantò l'amica per una mano girando intorno al tavolo per evitare i loro inseguitori. Fissarono lo sguardo sulla porta, con l'intento di uscire dalla cucina e raggiungere la loro stanza.
Non mancavano che pochi passi quando i due sbarrarono loro la strada, sbucando dalle loro spalle.
Voltandosi, per tentare un'altra via di fuga si accorsero che Devin si era piazzato dietro di loro, chiudendole così in trappola.
Entrambi, in perfetta sincronia, allungarono le mani e le strinsero intorno alle braccia delle due donne, avvicinandole. Le sollevarono e dopo essersele issate sulle spalle, varcarono l'uscio.
-Mettetemi giù, marinaio- strillò Francine, iniziando a battere i pugni contro la sua schiena, come se fosse una percussione.
-Non voglio sentirvi parlare, donna- le rispose Devin, appioppandole una sonora pacca sul sedere.
Francine si interruppe, emettendo un verso strozzato, poi riprese a picchiare la sua schiena imprimendo una forza maggiore ai suoi pugni.
Ghaliya, qualche passo dietro di loro, non era da meno.
Si agitava e dibatteva come un'anguilla mentre Ríoghnán la teneva stretta a se, come se ne andasse della sua stessa vita.
Era stata una sorpresa inaspettata scoprirla sulla nave di quel mercante insieme alla loro fuggitiva. Si era rammaricato di non averla trovata quando erano giunti nella Casa, ma aveva fatto in fretta a consolarsi e cercare un altra donna  con cui aveva passato diversa parte della notte.
Da quando l'avevano scovata aveva desiderato più volte di condurla nella sua cabina e di soddisfare la propria libido.
Ghaliya era una delle donne più ambite è più costose della Casa e, come tale, aveva una numerosa clientela da soddisfare che la rendeva frettolosa e impersonale , eppure con lui aveva un atteggiamento diverso. Era sempre gentile e sorridente, dolce quasi.
Si fermarono davanti alla stanza delle due ragazze e, dopo un attimo di incertezza in cui non seppero come aprire la porta, Devin, che era il più massiccio dei due, rinsaldò la presa sulla schiena di Francine e, con la mano libera aprì il battente.
Dopo essere entrati adagiarono sul letto le due ragazze, che non avevano mai cessato di muoversi.
Francine, ancora inviperita, balzò in piedi, come se uno spillo le avesse punto il fondoschiena.
-Che cosa succede? Si può sapere perché ci avete portato qui?- domandò, allargando le braccia, come per enfatizzare la sua domanda.
-Sono ordini del capitano, donna- le rispose Ríoghnán allontanandosi, diretto verso l'uscio. Devin lo seguiva.
-Non è una risposta- ribattè lei, parandoglisi davanti. Non aveva intenzione di lasciarlo uscire, non prima che le avesse dato una spiegazione perlomeno.
-Si che lo è- controbattè avanzando, così da spingerla a spostarsi.
-No, non lo è- il tono seccato che assunse la sua voce fece pensare che stesse per perdere la pazienza.
-Non vi lascerò uscire finché non mi darete una risposta convincente e se sarà necessario userò la forza- lo avvertì, incrociando le braccia al petto.
-Non credo che fareste una cosa del genere- insinuò il tenente, superandola.
Giunto alla porta posò una mano sulla maniglia, nel gesto di aprire l'uscio, quando improvvisamente si sentì trascinare verso il basso.
-Io vi avevo avvertito- Francine si aggrappò al suo collo, circondandogli la vita con le gambe ed iniziando a tirargli i capelli.
-Che diavolo fate, piccola strega?- imprecò lui, quando una fitta di dolore gli attraverso le tempie. Quell'indemoniata gli stava tirando violentemente i capelli e, se avesse continuato così, glieli avrebbe sicuramente strappati.
-Ditemi perché ci avete condotto qui- insistè lei, strattonandogli una ciocca bionda.
-Non lo farò- sibilò lui, afferrandole una mano per cercare di staccarla dalla sua cute.
-Devin, non stare lì fermo a guardare. Aiutami- gridò, rivolto all'altro marinaio.
-Credo di non poterti aiutare, anche io ho il mio bel da fare- ansimò l'altro, ottenendo di farlo voltare nella sua direzione.
Devin aveva gli occhi coperti dalle mani di Ghaliya, che evidentemente aveva deciso di prendere esempio dall'amica. Camminava a tentoni, brancolando pericolosamente verso il muro.
L'ennesimo strattone gli fece distogliere lo sguardo dal compagno per tornare a lottare con la vipera che non lo aveva ancora mollato.
Spazientito, alzò le braccia e le portò dietro di se, sulla testa della ragazza e, senza farsi alcuna remora le afferrò una ciocca di capelli e la tirò violentemente.
Francine, in risposta gridò poi, senza che lui potesse minimamente aspettarselo aprì la bocca e gli morse il polso.
Murdoch imprecò e, nel mentre si udì un trambusto alle loro spalle.
Devin, ancora privato della vista, aveva sollevato le mani per cercare di afferrare quelle della donna sopra di lui ma aveva perso l'equilibrio ed era caduto, tirando con se la ragazza e una sedia, sistemata poco distante da lui che era rovinata rumorosamente a terra.
La porta si spalancò improvvisamente e sulla soglia comparve Caleb con uno sguardo minaccioso ad ombreggiargli il volto.
-Maledizione! Che cosa sta accadendo qui dentro? Non si sentono altro che urla e strepiti- la zuffa terminò così come era cominciata e si ritrovò fissato da quattro paia di occhi.
-Allora?- domandò, quando nessuno proferì parola.
-Non vogliono rimanere al loro posto- intervenne Ríoghnán, interrompendo il silenzio - pretendono di sapere le motivazioni del capitano- continuò, lanciando un'occhiataccia alle due e passandosi rapidamente una mano tra i capelli.
-Il capitano vi raggiungerà tra poco e lui vi risponderà. Prima di allora nessuno è tenuto a spiegarvi nulla- parlò Caleb, facendo cenno agli altri due di seguirlo fuori dalla stanza.
Prima che le due donne potessero seguirli si richiusero la porta alle spalle e, subito dopo, di udì la chiave girare nella toppa.
-Siamo in trappola- sospirò Francine, battendo i pugni contro la porta, nella vana speranza che svanisse.
-Mettiti l'anima in pace, signorina. A questo punto non ha più senso protestare- le consigliò Ghaliya, sollevando la sedia caduta e sedendovisi.
-Non ci resta che attendere il capitano- continuò, rivolgendole un pallido sorriso.
Anche lei, come l'amica si sentiva braccata, ma, in quel momento, non avrebbero potuto fare proprio nulla se non agitarsi inutilmente.
-Temo che non mi resti altra scelta. La porta non scomparirà solo perché io lo desidero- si arrese Francine, allontanandosi dal battente.
-Non credo che abbiano cattive intenzioni, dopotutto- ragionò Ghaliya, riflettendo.
-Potrei anche credervi- esalò Francine, guardandola negli occhi - se non fosse che sembriate aver dimenticato un piccolo particolare.
Tacque, aspettando che la nuova amica le rispondesse.
Ghaliya la scrutò ma rimase in assoluto silenzio, in attesa che l'altra completasse la sua frase.
-Ci hanno rapite- sputò Francine, esasperata, allargando le braccia e facendole sbattere lungo le cosce.
-E, non contenti di averlo fatto una volta, quando sono fuggita, sono tornati indietro per riprendermi- continuò lei, iniziando a camminare per la stanza, borbottando tra sé e sé.
Sembrava un anima in pena e per un attimo pensò che lei non avesse mai sperimentato il potere del costrizione.
-Mi stavo chiedendo- esordì Ghaliya, alzandosi a sua volta - voi siete sempre stata libera, vero?- la osservò, concentrandosi per cogliere le sfumature del suo volto.
Francine rise, un suono amaro che era ben lontano dalla gioia.
-Affatto. Come figlia e sorella di un duca sono sempre stata oberata di impegni e lezioni d'etichetta. Quando ero piccola non potevo fare nulla senza l'approvazione di mio padre o della mia istitutrice, a seconda di chi mi accompagnava dei due. Sono cresciuta sapendo che un giorno avrei dovuto contratte un matrimonio molto vantaggioso, addirittura con un principe se mai si fossero fatti degli accordi simili. Ho sempre pensato di essere un uccellino rinchiuso nella sua gabbia dorata, destinato a rimanerci fino alla fine dei suoi giorni- le spiegò, rallentando la sua camminata.
-Siete la sorella di un duca?- le domandò l'altra, spalancando gli occhi, come se all'improvviso fosse disgustata e angustiata dalla sua presenza.
Francine annuì mesta.
-Io...credo di avervi mancato di rispetto, milady- si inchinò Ghaliya, passando ad un tono più informale e chinando la testa.
-Ghaliya- l'apostrofò Francine, prendendole la mano - per l'amor del cielo, alzati- la fece sollevare, alzandole poi il mento con una mano per guardarla direttamente negli occhi.
-Non te l'ho mai detto, proprio perché volevo evitare reazioni simili. Ho trovato un'altra vera amica e senza che avvenisse grazie al mio titolo. Non sai quante persone false si sono avvicinate, tutto per essere amiche della sorella di un duca. Di uno dei più alti pari d'Inghilterra- chiosò, passando a sua volta ad un tono confidenziale.
-Io...capisco Francine, allora continuerò a fare come ho sempre fatto. Dici che in me hai trovato un'altra vera amica. Hai forse lasciato qualcuno di importante in Inghilterra?- Le chiese, incuriosita.
L'espressione di Francine si addolcì talmente tanto che avrebbe quasi potuto essere stomachevole.
-Si, si chiama Alicia ed è la moglie di mio fratello. La conobbi durante la mia terza stagione, nel '45. È stata la mia prima vera amica, genuina e mai falsa e da quando sono stata portata via da Londra non fa che mancarmi ogni giorno di più- le rivelò mentre una nota nostalgica tingeva i suoi toni.
Ghaliya le sorrise, stringendole le mani tra le sue.
-Troveremo il modo di tornare, non dubitarne-
Un brusco tramestio al di fuori della stanza distolse le due ragazze dalla loro conversazione.
Si voltarono verso la porta, udendo nuovamente la chiave girare nella toppa.
Sull'uscio comparve Azhar, rosso in viso.
-Che hai ragazzo? Ti senti male?- gli domandò Francine, andandogli incontro.
Lui gemette poi, senza preavviso, le corse incontro, aprendo le braccia e avvolgendola al suo interno.
La strinse forte, tanto da toglierle il respiro e Francine si accorse che la sua spalla si stava bagnando. Gentilmente lo scostò da sé, così da poterlo osservare in volto.
I suoi occhi erano lucidi di pianto e le sue spalle chine lo mostravano abbattuto, come se fosse appena accaduta una disgrazia.
-Non fatelo, Francine- la apostrofò lui, singhiozzando vigorosamente, proprio come un bambino che si è appena fatto male.
-Che cosa non dovrei fare?- lo sollecitò, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
Azhar, alla sua domanda intensificò il pianto e tornò a cercare un contatto con lei.
-Ragazzo, mi stai facendo preoccupare. Vuoi dirmi che cosa ti angustia?- bofonchiò lei, la bocca schiacciata contro il suo petto.
Azhar chinò la testa, sfiorando il suo collo con la bocca, in una carezza lieve che le fece formicolare la pelle.
-Il capitano...e...voi- esalò, tra un singhiozzo e l'altro, stringendo le mani a pugno, come se dovesse stemperare la rabbia.
Sollevò le braccia e strinse le mani sui fianchi di Francine poi sollevò la testa e poggiò la fronte contro la sua.
Ogni negli occhi, i respiri mescolati e il resto improvvisamente sparito.
-Francine- sospirò il ragazzo - mi sono innamorato di voi- poi, prima che potesse perdere il coraggio che aveva acquisito, si chinò su di lei e le coprì la bocca con la sua.
Ghaliya, ancora ferma dietro di loro ad osservarli, emise un gridolino, se di gioia o d'orrore non fu dato saperlo.
La bocca di Azhar era morbida, troppo per essere quella di un uomo. Il suo modo di baciare era impacciato, infantile eppure a Francine si scaldò il cuore.
Quella dichiarazione l'aveva sorpresa ma non l'aveva certo scandalizzata.
Lentamente Azhar si tirò indietro, mentre le guance cambiavano tonalità, mutando gradazioni di rosso.
-I-Io...- balbettò, come se si fosse bruscamente imbarazzato. Abbassò lo sguardo, un cane con la coda tra le gambe.
-Francine...- ritentò, ma emise solo un debole pigolio.
Francine lo zittì delicatamente, mentre un dolce sorriso le si dipingeva sul volto.
-Non dire nulla. Va tutto bene così- lo rassicurò, carezzandogli il volto.
-Invece una cosa ve la devo dire- ribattè, riacquisendo la sua sicurezza che aveva perso.
-Non sposatelo, milady. Non fatelo- la pregò, stringendole le ancora una volta.
Francine lo guardò interdetta, sbattendo più e più volte le palpebre.
-Sposare chi?- domandò lei, confusa, temendo di non aver inteso la domanda.
-Il capitano, milady- gli rispose, assumendo un espressione che pareva , a tutti gli effetti, disgustata.
-Stai delirando, Azhar? Perché mai dovrei farlo?- indagò lei, pensando che il ragazzo fosse inaspettatamente impazzito.
-Non sto delirando, milady. Vi sto semplicemente dicendo quel che ho sentito dire dal capitano al suo tenente- le spiegò lui, portandosi una mano alla fronte come per aiutarsi a ricordare.
-Pareva che stessero stabilendo i dettagli- aggiunse sibilando, come se solo l'idea lo ripugnasse.
Una luce bellicosa si accese nello sguardo di Francine che marciò verso la porta.
-Dove state andando, milady?- si informò il ragazzo, seguendola.
-A parlare con il capitano- rivelò, afferrando la maniglia della porta poi, come se si fosse ricordata qualcosa si fermò.
-Azhar?- lo chiamò lei, facendogli cenno di avvicinarsi.
-Si, milady?- la interrogò, affiancandoglisi.
-Ci hanno chiuse qui dentro per non essere di intralcio ai piani del capitano, vero?-
Il ragazzo annuì.
-Sai di cosa si tratta?- domandò ancora Francine, ormai intenzionata a giungere in fondo a quella faccenda scomoda.
Il ragazzo annuì nuovamente.
-Il capitano è sceso a terra per portare sulla nave un prete-












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Buonasera(?) buonanotte, sono tornata.(E alla buon ora direte voi). Lo so, è di nuovo passato quasi un mese senza che io abbia aggiornato ma non ho davvero avuto tempo e inoltre ho ricominciato l'università.
Comunque...ecco qui un altro capitolo mentre si entra sempre più nel vivo della storia.

Che ne pensate?
Vi piace?

Votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜

Your chance (Serie Marinai e Corsari #2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora