Ymir

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/PARTE PRIMA/

Il vento soffiava sferzante, avventandosi su qualsiasi oggetto si trovasse all'aperto.
I barili, contenenti solo dio sapeva cosa, che generalmente venivano accatastati lungo i fianchi degli edifici, rotolavano allegramente per tutto il campo; le persiane delle finestre sbattevano, cigolanti, contro il muro esterno del dormitorio, producendo un suono tutt'altro che rilassante e, per chiudere in bellezza, i pochi cespugli sparsi in giro per il complesso strutturale sembravano sul punto di essere sdradicati dal terreno e lanciati in aria.

Ymir sospirò, osservando mestamente il paesaggio esterno, appollaiata sul bordo del suo letto.
Nonostante le ventate furiose, quella era una giornata obiettivamente bella, con il sole che illuminava il selciato e che scioglieva i rimasugli di neve, gli unici residui della tempesta di ghiaccio che si era abbattuta sul campo appena una settimana prima, ricoprendo ogni cosa di un soffice velo bianco.

Ymir adorava la neve: le ricordava Marley, il luogo in cui aveva già condotto una vita.
A quei tempi, quando la ragazza non aveva ancora un nome, la neve non era nulla di buono, in particolare per gli orfani come lei.

Nel momento in cui anche solo un fiocco toccava il suolo, nelle menti di ogni senzatetto si accendeva qualcosa, una sorta di istinto di sopravvivenza misto a rassegnazione, un vero e proprio grido disperato che rimaneva insacoltato o, nella maggioranza dei casi, veniva volontariamente ignorato.

Neve significava freddo, freddo significava assideramento, l'assideramento portava alla morte. Ogni corpo congelato che Ymir incontrava vagando per le strade, le faceva temere, e al contempo sperare, di essere la prossima.

A Paradis, era completamente diverso. La neve restava un semplice spettacolo della natura, qualcosa di osservabile da dentro una casa, al caldo, lontanto da qualsiasi sorta di sensazione che si avvicinasse alla parola gelo.

Ymir aveva iniziato ad amare la neve, perché, per quanto la riportasse in un posto che aveva odiato con tutta se stessa, era ugualmente un evento surreale. Ogni cosa, edifici, alberi, carri lasciati lungo le strade, veniva sommersa da una coltre statica e fredda.

La neve non faceva distinzioni: nella sua delicatezza, rimaneva schietta e decisa, consapevole di essere meravigliosa e letale al tempo stesso.

Ymir si ritrovò a guardare la testa bionda di Krista Lenz che spuntava dalla coperta sotto la quale era sommersa, come il resto delle loro compagne. Sbattè le palpebre un paio di volte, voltandosi nuovamente verso la finestra.

Se avesse nevicato nel giorno del suo compleanno, sarebbe stata più che felice di accettarlo come regalo, ma, sfortunatamente, la nevicata era avvenuta una settimana prima e, l'unica cosa che l'ambiente aveva da offrirle quel giorno, erano le sfuriate di vento capaci di far volare persino un vitello.

La ragazza finì di vestirsi, indossando gli stivali, il giacchetto della divisa e raccogliendo i capelli castani in una sorta di crocchia, come era solita fare.

Il giorno prima, prevedendo quelle raffiche di vento esorbitanti, Shadis aveva deciso di sospendere gli allenamenti, siccome tali condizioni atmosferiche avrebbero reso inservibili i dispositivi per il movimento tridimensionale. Questo non significava certo che aspiranti soldati ammazza-giganti come loro potessero prendersi una pausa dalle faccende giornaliere. E fu per questo motivo che, insultando qualsiasi divinità esistesse in quel mondo, Ymir uscì dal dormitorio, diretta verso l'edificio delle latrine, che spettava a lei pulire.

Dopo l'ennesima strofinata, ricoperta da cima a fondo di sapone, sudore e terriccio, Ymir si alzò da terra, osservando fieramente il suo operato.

I cessi non erano mai stati più splendenti.
Raccolse gli stracci utilizzati, i secchi ancora pieni d'acqua, e si preparò ad affrontare di nuovo quel vento del cazzo che non le aveva dato un attimo di tregua.

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⏰ Last updated: Feb 17, 2019 ⏰

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