20 anni dopo.

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Caro Alain,

oggi ti ho visto.

Stavo camminando di fronte a quella pasticceria che tanto ci piaceva e in cui passavamo tutti i nostri pomeriggi della nostra gioventù. Già, la nostra gioventù, mi sembra siano passati mille anni dall'ultima volta in cui mi sono sentita giovane, ma oggi, rivedendoti, mi è tornato tutto in mente. 

Tu non mi hai notata, come potevi? Eri troppo occupato a tenere per mano quella che penso sia tua moglie, la donna della tua vita, quella che avrei voluto essere io. 

Devo essere onesta con te, non mi capita spesso di ripensare alla me giovane, ma a volte succede qualcosa di minuscolo che mi ci fa rituffare con tutta me stessa. Basta veramente poco perché io ritorni distesa su quel prato infinito dietro la tua casa in campagna, con te al mio fianco mentre mi sussurri parole dolci all'orecchio, basta davvero un niente. E oggi, è stata una di quelle volte. 

Giuro che avrei voluto correre verso di te alla velocità della luce e abbracciarti con tutta la forza del mondo per poter sentire il tuo odore ancora una volta. All'inizio forse saresti stato sorpreso, ma poi grazie alla tua infinita gentilezza mi avresti fatta sentire comunque a mio agio, salutandomi in modo timido, guardandomi con quegli occhi enormi del colore dell'oceano. E forse anche io dopo ti avrei salutato in modo più dolce, più calmo, magari con anche un sorriso a 32 denti. Ci saremmo scambiati i soliti convenevoli tipo "come stai?", "come va la vita?", "a casa tutto bene?" e altre scuse inutili per nascondere la vera domanda che volevamo davvero farci: "mi ami ancora come ti amo io?". Ti avrei raccontato di mio marito Alfred, di quando ci siamo sposati a 20 anni, giovani, ingenui, inconsapevoli. Ti avrei parlato di quanto poco lo vedo perché lavora tutto il giorno tutti i giorni e di chissà quante volte mi avrà mentito, cosa che tu, con me, non hai mai fatto. Avrei menzionato i miei figli, Aubrey e Thomas, la gioia dei miei occhi e l'unica cosa che mi tiene ancora ancorata a questa vita. Forse ti avrei detto anche del mio piccolo hobby della pittura, o meglio, quello che era il mio hobby, non tocco un pennello da anni. Tu forse mi avresti guardata con un po' di compassione e con gli occhi pieni di rimorsi e di rimpianti, quello di cui sono fatti i miei dal momento in cui mio padre mi ha portata via da te. Tu mi avresti risposto presentandomi Beatrice, la tua dolce metà in dolce attesa, e il tuo bambino che ti tira la camicia mentre indica un negozio di giocattoli. Mi avresti detto che il tuo lavoro in biblioteca va benissimo, che pensi di aprirne una tua e che diventerebbe la piccola attività di famiglia. Avremmo finto entrambi di non sapere ognuno della vita dell'altro grazie ai social e l'avremmo fatto dannatamente bene. Saremmo stati veramente bravissimi a nasconderci, a nascondere tutto quello che pensiamo davvero e che vorremmo  dirci disperatamente. 

Tutto ciò però non è successo, e forse è stato meglio così, perché se io mi fossi avvicinata davvero a te, probabilmente non me ne sarei più andata. Ti avrei voluto dire che non ho smesso di pensarti neanche per un solo giorno, che avrei preso quel dannato telefono miliardi di volte per chiamarti e dirti quanto mi sei mancato. Quante volte sono andata in stazione convinta di voler finalmente prendere quel treno che mi avrebbe portata da te una volta per tutte, e ogni volta mi fermava l'idea che tu non mi avresti voluta, che ormai avevi la tua vita e che non c'era la minima possibilità che tra me e te ci potesse essere un futuro. 

Ogni tanto guardo i miei figli e spero di vedere i tuoi occhi, i tuoi lineamenti, il tuo sorriso. Mi chiedo spesso come sarebbero stati se fossero stati nostri, una nostra combinazione che probabilmente sarebbe stata catastrofica con il tuo essere testardo e il mio essere un'orgogliosa senza speranza. Poi però cambio idea, e mi rendo conto che sarebbero stati anche gentili, generosi, altruisti, e ad essere onesti, sarebbero stati anche stupendi. Qui si parla sempre in condizionale, perché sappiamo entrambi come è andata. Sappiamo entrambi cosa è successo quella dannata notte del 29 agosto del 1999, come mio padre entrò in casa di tua nonna con la polizia e mi strappò dal letto in cui dormivamo entrambi, lo stesso letto che è stato la mia casa per tutta l'estate. C'eri anche tu quando mi ha trascinato nella sua macchina e la polizia ti stava arrestando con l'accusa di rapimento, perché avevo deciso di andarmene da quella prigione che mio padre definiva "casa". Ti vidi liberarti dalle manette e correre dietro alla macchina che mi stava portando via, via da te, via dal nostro piccolo angolo di paradiso. Vidi anche me stessa buttarmi giù dall'auto in movimento e, con le ginocchia distrutte, correre verso di te per avere anche solo per un altro secondo, un altro attimo, le tue braccia intorno a me. Tutto quello che è successo dopo, lo rimpiangerò per il resto della mia vita. A partire da mio padre che mi costringe a tornare al college a studiare legge anche dopo che gli ho ripetuto più volte che volevo diventare una pittrice, grazie a tutto il coraggio che sei stato in grado di trasmettermi, fino ad arrivare alle urla di mia madre che mi ripete per la milionesima volta che tu non sei l'uomo per me, per la mia famiglia. Quante volte ho provato a scappare dal college e quante altre volte mi hanno fermata. Non ho nemmeno idea di quanti soldi abbiano speso i miei per farmi rimanere lì, ma non mi importa neanche saperlo. Mi importa solo delle migliaia di notti passate a piangere e a sentirmi in colpa perché potevo fare qualcosa, potevo fare di più per noi due. Mi importa anche del giorno in cui ho incontrato Alfred e del suo rapporto con i miei genitori che aveva creato una situazione talmente tranquilla che non volevo rinunciarci. Te lo posso giurare, mi pento ogni giorno di non essere scappata anche da lui per avere quello che volevo veramente, ma era il primo momento da anni in cui la mia famiglia stava veramente bene, e io non volevo essere il motivo che avrebbe fatto ribaltare la situazione. Così mi sono abituata, la mia rabbia si è intorpidita dall'abitudine e dalla convinzione che anche lui potesse rendermi felice come facevi tu. 

E così sono passati i giorni, i mesi e gli anni, ma anche dopo tutto questo tempo, io non ho mai smesso di amarti, e me ne sono accorta proprio oggi, quando ti ho rivisto con addosso tutti gli anni passati. Mi sono chiesta più volte come sarebbe andata se quel giorno mio padre non ci avesse trovati, mi sono chiesta se mi avresti chiesto di sposarti e come, dove avremmo vissuto, come sarebbero potuti essere i nostri figli o la nostra vita in generale, ma qualcosa mi dice che saremmo rimasti quelli che eravamo le notti d'estate del '99, a fare il bagno nei laghetti nelle campagne francesi, guardandoci negli occhi con il cuore a mille e la voglia di rimanere in quello stato per il resto dei nostri giorni perché te lo giuro, io ci credevo, e ci credevi anche tu.

Neanche i gioielli più luccicanti, le case più grandi, i migliori locali, tutti l'oro del mondo e i miei genitori potranno mai farmi smettere di volerti ogni secondo della mia vita, nonostante il tempo, nonostante le persone.

E ora mi ritrovo qui, a pensare a come sarebbe potuto essere, con la nostra piccola casa di campagna ma abbastanza grande da contenere tutto l'amore che ci saremmo dati a vicenda. Spero solo che qualche volta, tu faccia lo stesso. 

Tua per sempre.

Brigitte.

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⏰ Última actualización: Feb 19, 2019 ⏰

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