Un dono degli dèi

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3. UN DONO DEGLI DEI

Un anno dopo.
York era diventata la fortezza del Grande Esercito vichingo dopo che i figli di Ragnar avevano ucciso Re Aelle e Re Ecbert vendicando il padre, dopo avere conquistato la città e dopo aver sconfitto il nuovo Re sassone Aethelwulf. La pace, però, era un obiettivo ancora lontano. Ivar aveva ucciso Sigurd in un atto d’ira e questo aveva accresciuto l’ostilità tra i fratelli, benché il ragazzo si fosse proclamato dispiaciuto più volte. Bjorn aveva deciso di salpare con Halfdan per il Mediterraneo, mentre Ubbe e Hvitserk avevano preferito restare a York come Ivar. Hildr, invece, aveva subìto un’ulteriore perdita: zia Helga era stata uccisa e Floki, troppo addolorato, era partito da solo per una meta ignota, sospinto dagli dèi e dal dolore. Era rimasta orfana una seconda volta, da sola in un campo minato, accerchiata da uomini assetati di sangue e di potere. Anche la sua amicizia con Ivar aveva iniziato a vacillare a causa delle ambizioni del ragazzo che non collimavano con le sue, nonostante ciò era rimasta al suo fianco in battaglia come gli aveva promesso. Si ridestò dai pensieri quando la serva che Ivar aveva messo al suo servizio entrò nella camera che condivideva con Hvitserk.
“Non volevo spaventarvi, mia signora.”
Si chiamava Isobel ed era una ragazza sassone di circa sedici anni, con i capelli biondi nascosti sotto una cuffia bianca e le mani rovinate dal lavoro.
“Smettila di chiamarmi in quel modo, non sei la mia serva. E’ una folle idea di Ivar. Chiamami Hildr e, ti prego, considerami tua amica.”
“E’ un vero onore essere tua amica, Hildr.”
Hildr detestava che l’Esercito avesse ridotto i cittadini di York in schiavitù ma la sua opposizione non era servita a nulla, anche Ivar era stato irremovibile perché mostrare pietà per i sassoni significava mostrarsi deboli ai nemici. Hildr si legò i capelli in una treccia frettolosa e disordinata, si allacciò la cintura delle armi in vita e si infilò la giacca di cuoio.
“Perché sei qui se ormai lo sai che mi vesto da sola?”
“Ivar vuole vederti, dice che è urgente.”
“Per lui è tutto urgente.” Sbottò Hildr facendo ridere Isobel, dopodiché si incamminarono verso il quartiere generale, ossia la chiesa della città distrutta e adatta a sala udienza.
Ivar l’accolse con le braccia spalancate e un sorriso allegro sulle labbra, era particolarmente contento.
“Amica mia, che piacere vederti!”
Hildr sbirciò i volti dei vichinghi seduti qua e là mentre camminava verso di lui, la mano sull’ascia nel caso uno degli uomini avesse tentato qualche mossa azzardata. In fondo era una donna e doveva difendersi dal perverso interesse maschile.
“Qual è l’urgenza?”
“Le truppe di Aethelwulf accerchiano la città e, come ben sai, ci stanno affamando e assetando nella speranza di renderci vulnerabili.” Incominciò Ivar facendole cenno di accomodarsi al suo fianco. Hildr, però, rimase in piedi davanti a lui, salda nella sua posizione.
“E scommetto che tu hai deciso di stare al loro gioco.”
“Esattamente! Tu mi conosci davvero bene!” esclamò Ivar battendo le mani per l’eccitazione. Era cambiato nel giro di due anni, portava i capelli più lunghi acconciati in trecce elaborate, aveva il petto ricoperto di tatuaggi e si era allenato per aumentare la massa muscolare delle braccia; era diventato un uomo. Inoltre, si era fatto fabbricare delle armature rigide per le gambe che, insieme alla biga costruita da Floki, gli permettevano di essere al pari dei suoi fratelli.
Anche Hildr si era trasformata in una donna, era più alta, più formosa, ma era anche più forte ed esperta nell’uso dell’arco e dell’ascia. Era il migliore arciere dell’intero Grande Esercito, la sua mira era infallibile e letale, nessuno sfuggiva al suo tiro.
“Sì, mio malgrado ti conosco bene. – scherzò lei – Ebbene, come intendi procedere?”
Ivar si agitò sulla sedia essendo fuori di sé dalla gioia.
“Questa è una domanda intelligente, Hildr! Davvero intelligente! Fingeremo di bruciare i morti in modo da fare credere ai sassoni che siamo a corto di guerrieri. Nel frattempo sfrutteremo le fogne sotto la città per nasconderci e assaltare l’esercito sassone quando avrà varcato le porte con l’illusione di aver vinto.”
Hildr rimase colpita dall’ingegno dell’amico che ogni volta si faceva valere per la sua spiccata intelligenza.
“E’ un piano che può funzionare. L’urgenza era comunicarmi la tua idea?”
“No. Ti volevo qui per proclamarti alla guida dell’organizzazione dell’Esercito.”
Ivar sorrise all’espressione sconvolta della ragazza, era divertente sorprenderla.
“Sei impazzito?! Non posso! Ci sono guerrieri più anziani di me che hanno più esperienza! E poi credi davvero che tutti quegli uomini si lascerebbero guidare da una ragazzina?!”
Hildr indietreggiò quando Ivar zoppicò verso di lei, era confusa e arrabbiata. Ivar le afferrò il polso e l’avvicinò per guardarla negli occhi.
“Puoi farcela, io mi fido di te. Sarà difficile, certo, ma nessun uomo può ostacolare una come te. Sei la mia valchiria, ricordi? E una valchiria non si tira mai indietro.”
Sebbene lei odiasse andare in guerra e ammazzare tutte quelle persone, era una vichinga e per farsi valere come donna guerriero doveva scendere a compromessi.
“D’accordo. Raduna gli uomini.”

Hvitserk era scettico quando Hildr si pose al centro della stanza gremita di uomini e di donne che componevano il Grande Esercito. Ubbe era offeso da quella scelta, un figlio di Ragnar scavalcato da una ragazzetta non era il massimo per la sua reputazione. Ivar, seduto alle sue spalle, la ammirava con aria soddisfatta. Quando Hildr parlò, la sua voce risultò sicura, benché fosse tesa.
“Lo so che nessuno voi è contento di farsi guidare in battaglia da una ragazza di soli diciotto anni con scarsa esperienza bellica, ma purtroppo mi è stato affidato questo onere e mancano poche ore all’attacco per pensare ad un’altra strategia. Ivar ha ideato un piano che ci permetterà di sorprendere i nemici: mentre alcuni di voi bruceranno la legna fingendo che siano cadaveri, sette truppe da duecento uomini si nasconderanno nelle fogne per poi salire dai tombini e attaccare. Ho nominato sette comandanti che condurranno i guerrieri al loro posto. Uscirete allo scoperto solo e soltanto quando io darò il segnale, perciò farete bene a tenere gli occhi ben aperti.”
“Ci farai ammazzare tutti quanti, ragazzina!” tuonò la voce di un danese dal fondo della stanza. Un centinaio di voci si unì in coro per protestare e inveire contro di lei. Hildr, stanca di quella situazione, prese l’ascia e la scagliò contro una lastra di bronzo per far tacere tutti. Il rumore, infatti, placò le prediche.
“Neanche io sono felice di questo incarico! Non avrei mai voluto che le vostre vite fossero affidate alle mie mani inesperte, ma la decisione è stata presa e verrà portata avanti. Dopo questa battaglia lascerò la guida a qualcun altro, ma per ora dovrete ubbidirmi. Muovetevi e andate alle vostre postazioni!”
La sua risolutezza riuscì a mettere tutti d’accordo più o meno e rapidamente i guerrieri lasciarono la stanza. Quasi tutti la fulminarono con lo sguardo prima di uscire, solo Hvitserk le fece un mezzo sorriso. Ivar si accorse del respiro accelerato di Hildr e le mise una mano sulla spalla per incoraggiarla.
“Sei pronta a mietere vittime, valchiria.”

Quando Hildr scoccò una freccia infuocata nel cielo, i vichinghi balzarono fuori dalle fogne e si abbatterono come animali feroci sui sassoni. Fu lieta di aver messo in sicurezza tutti i civili tra servi, prigionieri, e bambini indifesi. Scese dal tetto della chiesa per immergersi nel pieno della battaglia. Raggiunse Ivar e Hvitserk e imbracciò l’arco.
“Sei stata fenomenale!” si complimentò Hvitserk, esterrefatto dalle doti belliche della ragazza.
“Ringraziatemi quando sarà tutto finito.”
Uno spruzzo di sangue le imbrattò la faccia e lei fu costretta a trattenere un conato di vomito, non era ancora abituata a quella violenza. Ivar le cinse il collo con la mano e poggiò la fronte contro la sua, erano pari, erano uniti.
“Resta vivo oppure, giuro su Odino, che ti resuscito solo per ammazzarti con le mie mani.” Mormorò Hildr piantando gli occhi in quelli azzurri di lui.
“Che gli dèi ti proteggano, valchiria. Ora vai!”
Ivar sentì una morsa avvolgersi intorno allo stomaco quando la vide correre verso il centro dello scontro. Hvitserk si chiese se fossero consapevoli dei loro sentimenti, poi una spada lo colpì e lui si dedicò alla battaglia.
Hildr tranciò la mano di un sassone e ricadde a terra con il fiatone, era la sua decima vittima e non ne poteva già più. Intorno a lei cozzavano spade, asce e scudi procurando feriti e morti. Fu sbalzata in avanti quando un vichingo alto e massiccio come pochi le passò accanto brandendo un martello enorme. Uccise in pochi minuti numerosi sassoni spaccando ossa, teste, e sbudellando le loro interiora. La ragazza strabuzzò gli occhi quando riconobbe il principe Alfred lottare contro quel bestione. Il ragazzo era esile e cadde per terra mentre il suo scudo colpo dopo colpo si sfaldava. Non vedendo Ivar nei paraggi, Hildr scoccò una freccia contro il vichingo massiccio, ma quello non si mosse e continuò a percuotere Alfred. Il ragazzo fu salvato in tempo da Aethelwulf che con la spada faticava ad attaccare il bestione. Fu allora che Hildr prese la sua ascia e ne estrasse una seconda dal cranio di un soldato per abbattere il vichingo. Gli piantò le due asce nella schiena, poi velocemente raccolse da terra la spada di Alfred e la conficcò nel cuore dell’uomo che morì tra dolori lancinanti.
“Hildr!” disse Alfred con un sorriso luminoso. La ragazza gli allungò la mano sporca di sangue per aiutarlo a rimettersi in piedi.
“Principe Alfred, è stato un onore salvarvi il regale sedere!”
Quando Aethelwulf mosse un passo verso di lei, Hildr si ritrasse e gli puntò la spada alla gola.
“Tranquilla, non voglio farti del male, non dopo che hai salvato me e mio figlio. Ti voglio ringraziare.” Le disse il Re, gentile e dolce.
“Adesso vi conviene scappare. Andate!” gridò Hildr, dopodiché sgattaiolò per andare a vedere che fine avessero fatto gli altri. 
Lungo il tragitto scoccò altre frecce per ripararsi, scansò un fendente, si macchiò di altro sangue che schizzava da tutte le parti. Ritrovatasi nella piazza della città, scorse i guerrieri in cerchio attorno ad un Ivar dal volto insanguinato che strisciava per sedersi. Hildr si sentì strattonare da Hvitserk e insieme si fermarono ad osservare la prossima mossa del ragazzo. Intanto la pioggia scrosciava su di loro lavando via il sangue e rinfrescando i corpi accaldati dalla battaglia. A pochi metri da Ivar giacevano quattro corpi senza vita, ferite multiple da ascia li deturpavano. Tutti i guerrieri, vichinghi e sassoni, si erano arrestati e fissavano Ivar agitare l’ascia con un sorriso diabolico che spiccava sul viso rosso di sangue.
Ved du ikke hvem jeg er? Du kan ikke dræbe mig! Ved du ikke hvem jeg er? Jeg er Ivar den Boneless!*” Tuonò la voce profonda di Ivar riecheggiando in tutta la piazza di York. Dall’altra Ubbe si scambiò un’occhiata con Hvitserk, entrambi capirono che il fratello non si sarebbe fermato mai più. Di colpo i vichinghi si mossero contro i sassoni e il conflitto riprese in gran carriera. Hildr fu sbattuta a terra dallo scudo di un sassone e sputò il sangue che le riempiva la bocca, poi si rialzò e affondò l’ascia nella spalla del nemico. Stava per colpire un altro soldato quando udì le urla di Isobel: un sassone le spingeva la lama della spada contro il petto da cui sgorgava qualche stilla di sangue. Hildr appese l’ascia alla cintura, prese l’arco e mirò al sassone. La freccia trafisse l’uomo al ginocchio facendolo ruzzolare, così Hildr ebbe la possibilità di dargli il colpo mortale con l’ascia.
“Isobel, stai bene?”
La ragazza l’abbracciò in lacrime, ricordandole come piangeva lei la notte della morte dei suoi genitori.
“Grazie per avermi salvato la vita. Grazie! Grazie!”
“Non c’è tempo per i ringraziamenti. Nasconditi nella chiesa, barricati in una stanza e aspettami. Corri!” le ordinò Hildr spingendola verso la chiesa. Invece che uccidere, Hildr stava risparmiando troppi sassoni, Aethelwulf, Alfred, Isobel, e tutti quelli messi in sicurezza. Hvitserk la tirò via per sottrarla alla furia di un sassone a cavallo, la cui spada aveva ammazzato i vichinghi con estrema facilità.
“E quello chi è?”
“Non lo so, ma Ivar gli ha dato il suo cavallo per continuare a battersi. Scommetto che la sua mente malata abbia escogitato un altro piano.” Replicò Hvitserk, lercio di sangue e con un profondo taglio lungo la guancia. Il cavaliere, però, fu sopraffatto e l’esercito sassone si ritirò immediatamente. Ivar non aveva smesso di sorridere tronfio, un altro tassello della sua gloria era stato apposto.

Hildr respirava a fondo mentre Isobel le sciacquava le ferite con l’acqua tiepida. Era pallida e sudata, ma una notte di riposo l’avrebbe di certo ristorata. Tutti si stavano divertendo in giro per la città in occasione della vittoria, però molti erano i feriti e i morti sparsi sotto il tendone che fungeva da base medica.
“I segni scuri sul polso che cosa sono?” chiese Isobel, gli occhi verdi che vagavano sulle linee nere che ornavano il polso di Hildr. Erano due nodi intrecciati che spiccavano sulla sua pelle nivea.
“Sono tatuaggi. Io e Ivar ce li siamo fatti dopo aver occupato la città.”
Isobel aguzzò la vista sulla pelle della ragazza e sfiorò i tatuaggi con curiosità, non aveva mai visto una cosa simile.
“Perché due nodi?”
“Rappresentano il legame tra me e Ivar. I nodi dei marinai sono difficili da sciogliere, e così la nostra amicizia è difficile da spezzare. Lui ha lo stesso tatuaggio sul petto.”
“Tu e Ivar siete innamorati?”
Hildr rise e quasi si strozzò, la domanda di Isobel era esilarante.
“Come?! Io e Ivar innamorati? Nah, noi siamo come fratello e sorella. Quello che abbiamo io e lui va oltre l’amicizia e l’amore, non si può spiegare.”
“Tu non se come lui, Hildr. Tu sei buona.” Disse Isobel intingendo la pezza nell’acqua.
“Nessuno è veramente buono a questo mondo. Tutti abbiamo un lato oscuro che ci avvolge e ci consuma.”
“E’ vero, ma almeno possiamo provare a compiere buone azioni.”
“E’ questo che suggerisce il tuo dio? Compiere buone azioni ci rende di conseguenza brave persone? No, Isobel, non è così semplice. Per quante azioni buone tu possa compiere, ce ne saranno altrettante brutte che commetterai.”
Isobel fece cadere lo straccio nella scodella con un guizzo per concentrarsi sul viso dell’altra.
“Allora tu come sei?”
“Io sono solo Hildr, altro non posso essere.”


Hildr aveva da poco salutato Isobel e Hvitserk, che doveva farsi curare lo zigomo ferito, e si diresse verso la chiesa dove stava Ivar. Avevano catturato il cavaliere cristiano, era un vescovo e il suo nome era Heahmund. Era stato imprigionato in una delle stanze dell’edificio di culto e nessuno aveva il permesso di vederlo. Il portone della chiesa cigolò quando lo sospinse e l’attimo dopo anche il cuore di Hildr cigolò.
“Per tutti gli dèi! Scusate l’interruzione! Non ho visto niente!” disse, serrando gli occhi e voltandosi di spalle. Avrebbe voluto cavarseli, gli occhi, dopo aver visto una ragazza nuda in braccio ad Ivar. La risata del ragazzo rimbombò nell’aula e fece tremare anche la povera Hildr.
“Nessuno problema, amica mia. Puoi girarti.” 
Quando si girò, la sconosciuta si era rivestita e si stava dirigendo fuori dalla chiesa in fretta. Rimasti soli, Hildr simulò un sorriso per mascherare il disappunto.
“Mi dispiace avervi disturbati. Ero venuta per sapere come stavi, e direi che stavi benissimo!”
“Lei è splendida, non credi? Si chiama Freydis, era una schiava, ma l’ho resa una donna libera. Probabilmente trascorreremo altro tempo insieme nei prossimi giorni. Potrei piacerle! Tu che ne pensi?”
Hildr si morsicò l’interno della guancia, non poteva sbattergli in faccia che tutte le donne si sentivano in obbligo a dimostrarsi interessate a lui pur di entrare nelle sue grazie e non morire. Il sorriso felice dell’amico, però, inibì ogni sua intenzione.
“Penso che potresti piacerle, sì. Come potresti non farlo?”
“Sono uno storpio, le donne non si interessano a quelli come me. Però Freydis sembra diversa, e mi ha anche detto delle cose su cui rifletterò seriamente. E tu, invece, come stai? Noto con piacere che le tue ferite sono migliorate.”
“Sì, Isobel è davvero brava. A proposito, puoi rendere libera anche lei? Lo so che è una sassone, che è una schiava, ma se lo merita.”
Ivar posò i gomiti sui braccioli della sedia e studiò con cura la sua amica, i suoi abiti erano sporchi di sangue e terra, i suoi capelli erano disordinati, e il suo corpo era disseminato di bende, eppure il suo sguardo determinato non cambiava mai.
“Oggi sei stata superba sul campo. Ti sei destreggiata bene, hai disposto bene i nostri uomini, e hai anche salvato la tua amichetta. Sono fiero di te. Detto ciò, libero con effetto immediato Isobel e vorrei che tu lo accettassi come un mio regalo per te.”
Hildr gli saltò addosso per abbracciarlo e stampargli un bacio sonoro sulla guancia.
“Grazie, Ivar.”
Si ritrovarono di nuovo a pochi centimetri di distanza, le bocche pericolosamente vicine, come sulla barca di ritorno dal Wessex. Ivar fece scivolare gli occhi sulle labbra screpolate della ragazza per poi concentrarsi sui suoi occhi. Tossì e si allontanò per non cadere in tentazione, era sua sorella e non poteva baciarla.
“Prego. E’ meglio che tu vada a dormire, è stata una giornata faticosa.”
“Sì, hai ragione. Buonanotte.”
“Buonanotte a te, valchiria.”


Hildr fu grata quando la sua schiena toccò il materasso, finalmente poteva dormire e scacciare la stanchezza. Spalancò gli occhi quando una voce imprecò in un sussurro. Nel buio della stanza era impossibile capire che ci fosse, così afferrò l’ascia dalla cintura abbandonata sul pavimento e gattonò sul letto per aprire la finestra. I raggi lunari rischiararono Hvitserk intento a sgattaiolare via.
“Hvitserk, dove stai andando?”
“Ehi, Hildr! Sto andando ad incontrare una ragazza.”
Il ragazzo stava palesemente mentendo, era nervoso e gli tremava la voce.
“E tu incontri le ragazze portando con te la spada? Perché indossi la pelliccia se devi spostarti in città?”
“Sei sospettosa come Ivar.” Sbuffò Hvitserk, colto in flagrante.
“Evito di farvi uccidere. Che state combinando tu e Ubbe? Vi ho visto parlottare per tutta la sera, e immagino sia a discapito di vostro fratello.”
“Stiamo cercando di risolvere questa assurda faccenda dei sassoni. Tu odi uccidere, perché non ti unisci a noi?”
Era vero che Hildr odiava uccidere chi, in realtà, non le aveva fatto del male. Lei voleva imparare a combattere non per guidare un esercito ma difendere se stessa in quanto donna e vittima prediletta degli uomini.
“Non posso venire con voi, lo sai. Non posso tradire Ivar in questo modo.”
“Perderai la testa per colpa di Ivar!” disse Hvitserk, poi uscì nell’oscurità e si diresse con Ubbe verso il campo sassone.
Hvitserk aveva ragione, lei sarebbe addirittura morta per Ivar. Aveva promesso ad Aslaug, a Ragnar e a Floki di proteggerlo e di rimanere al suo fianco anche nei momenti più bui. E se per stare con lui doveva uccidere e scendere in battaglia, allora avrebbe fatto a pezzi orde di uomini e di donne senza il minimo scrupolo.

“Svegliati, dormigliona! Odino non sorride a chi poltrisce tutto il giorno!” esclamò la voce di Ivar mentre picchiettava la spalla di Hildr affinché si svegliasse. La ragazza si rigirò nel letto e affondò la guancia nel cuscino, ignorandolo del tutto.
“Hildr, dovresti svegliarti per davvero. Ho delle novità che ti faranno ridere.”
“Sei una vera seccatura, Ivar.” Disse lei con voce assonnata. Si puntellò sui gomiti e sbadigliò, era ancora sfiancata dalla battaglia. Ivar indossava un mantello nero che gli copriva anche la testa, i suoi occhi erano venati di sangue e un graffio si stava rimarginando sulla fronte.
“Oh, lo so, ma meno male che ci sono io! Comunque, vuoi sapere le novità che ti porto?”
“Me le diresti lo stesso. Parla.” Lo intimò Hildr facendo ricadere la testa sul cuscino.
“La scorsa notte Ubbe e Hvitserk sono andati da Aethelwulf per patteggiare, ma sono stati tratti in inganno e assaliti. Sono tornati ovviamente con la coda fra le gambe. Ubbe stamani ha fatto ritorno a Kattegat e Hvitserk, dopo qualche ripensamento, ha deciso di restare qui. Non trovi tutto ciò esilarante? Insomma, i miei fratelli che mi tradiscono proprio come mi aspettavo! Che dici, sarò un veggente anche io?”
Hildr emise una risatina nervosa, maledicendo Ubbe e Hvitserk per il loro errore. Ivar, sebbene apparisse divertito, era rimasto ferito dal tradimento dei fratelli e lei era sicura che quell’azione avrebbe avuto serie ripercussioni.
“E qual è la prossima mossa?”
“La prossima mossa è stringere un’alleanza con Re Harald per conquistare Kattegat uccidendo Lagertha.”
“Harald ha sempre avuto intenzione di diventare re anche di Kattegat, perciò potrebbe tradirti non appena ne ha l’occasione. Non puoi fidarti.” Disse Hildr, ora completamente rinsavita dal sonno. Ivar appoggiò il mento sulle mani incrociate sulla stampella e fece spallucce.
“Stringere un’alleanza con lui non implica che io mi fidi. La tua osservazione è corretta, potrebbe eliminarmi una volta presa Kattegat, ma gli proporrò di diventare re dopo la mia morte.”
“Scherzi? Ivar, hai solo venti anni! Potresti vivere ancora per molto tempo, mentre Harald ha già una certa età.”
Ivar sorrise e allungò la mano per accarezzarle la spalla in uno dei suoi rari momenti di dolcezza.
“Ti preoccupi sempre troppo per me, amica mia.”
“Mi preoccupo perché non posso perderti. Non voglio perderti.” Sussurrò Hildr afferrandolo per il mantello.
“Non mi perderai. Ho tutto sotto controllo. Ti fidi di me?”
Hildr ripensò alle parole del Veggente secondo cui lei e Ivar non sarebbero stati insieme per sempre e ogni giorno temeva che fosse il loro ultimo insieme.
“Non mi fido di chi sta intorno.”
“Andrà tutto bene, Hildr.” La rassicurò lui stringendola la mano in una presa salda.
“D’accordo. Beh, quando partiamo?”
“Ecco, così mi piaci! Mi piace la versione determinata di te! Partiremo tra una settimana, ho già iniziato a predisporre tutto quanto. Puoi portare con te la tua nuova amica, se vuoi.”
Hildr lesse nel suo sguardo qualcosa di bizzarro, c’era dell’altro che non le aveva detto.
“Oh, ma certo. Io porto Isobel e tu porti la tua amichetta, giusto?”
“Intendi Freydis? Non ci avevo pensato, ma mi hai appena dato un ottimo consiglio.”
La ragazza si diede della stupida da sola, aveva spinto Ivar tra le braccia di Freydis e adesso le toccava pagarne le conseguenze.
“Sei molto preso da lei. Deve essere sensazionale quello che ti mormorava all’orecchio ieri sera.”
Ivar ghignò e inarcò il sopracciglio, la sua tipica espressione maliziosa.
“Mi ha detto, in modo estremamente sensuale, che la mia deformità è un dono che gli dèi mi hanno concesso perché io sono speciale. Capisci, Hildr? E’ l’unica donna in vita che non mi ha deriso per essere uno storpio!”
“Beh, anche io sono una donna e non ti ho mai deriso.” Sottolineò irritata Hildr.
“Tu non sei mica una donna! Suvvia, tu sei ... sei …”
“Io sono solo Hildr.” Concluse Hildr per lui, amareggiata ancora una volta dalla scarsa considerazione dell’amico nei suoi confronti.
“Esatto! Dai, vestiti, c’è molto lavoro da fare.”


Salve a tutti!
Beh, Hildr ha colto Ivar in compagnia di una figura che le darà filo da torcere.
Chissà cosa succederà.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.

*(trad.) Don't you know who I am? You can't kill me! Don't you know who I am? I am Ivar the Boneless!
Non sono riuscita a trovare una fonte sicura su quello che Ivar dice in nordico antico, questa é la traduzione più fedele che ho preso da un sito.

La Valchiria del Re || Ivar The Boneless Where stories live. Discover now