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Julio non amava molto le feste di compleanno, però gli piaceva andare a cena al coppa club con Louis tutti gli anni. Il coppa club era un bellissimo ristorante sulle rive del Tamigi, ma la cosa che più preferiva era mangiare nell'igloo di plexiglass con tanto di riscaldamento, il suo compleanno si trovava pur sempre a marzo e a Londra faceva sempre freddo.

«Mi dispiace così tanto piccolino, possiamo tentare il mese prossimo, ti va bene?» Chiese Louis con i sensi di colpa, ma alla fine sapeva che sarebbe andata a finire così.

Louis, da quando è il solo a portare lo stipendio in casa, a volte gli succedeva di avere difficoltà ad arrivare a fine mese. Anche per questo mese si sentiva in dovere di tagliare su alcune cose per risparmiare e riuscire a pagare almeno delle bollette arretrare della luce.

«Mh, va bene. Non preoccuparti, papà. Alla fine compio solo quindici anni, ci rifaremo l'anno prossimo a sedici, no?» Julio tentò di sdrammatizzare per nascondere la sua tristezza. Si sollevò dal suo letto per recarsi in cucina a sistemare la spesa che suo padre aveva appena fatto. Piselli, lenticchie, un formaggio spalmabile, del pane e una scatoletta di sugo già pronto.

Non era triste perché non avrebbe passato una di quelle belle serate in compagnia di suo padre davanti ad un hamburger gigante, sì okay, un po' lo era, però era più triste per Louis. Vedeva come andavano le cose negli ultimi tempi, aveva fatto un colloquio di lavoro in un'altra scuola come secondo lavoro e in più, giusto per farsi in due mila pezzi, dava ripetizioni pomeridiane a ragazzini dell'età di Julio. Se prima dormiva poco, adesso Louis non sapeva neanche più cosa significasse la parola dormire, anche solo per due ore.

Si sentiva anche in colpa, perché alla fine era colpa sua, lui si era preso un brutto malanno un mese prima e aveva fatto spendere una barca di soldi per visite mediche e medicinali. Infatti ogni volta che aveva ingerito una pillola cercava sempre di non vomitarla, odiava i sensi di colpa. Era a conoscenza di quanto costassero le medicine.

Louis gli sorride dolcemente, ignaro dei pensieri del suo bambino, gli passò una mano sulla spalla e lo abbracciò.

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«Hey, piccoletto! Come stai?» Julio era quasi sempre sorridente, e questa era una cosa che a Harry piaceva tanto.

«Ciao papà. Sto bene, la febbre è passata da un po' di giorni, smettila di chiedermelo!» Si accomodò sul sedile in pelle dell'auto di suo padre e si mise la cinta.

«Perfetto, ora andiamo al centro commerciale, facciamo colazione e poi andiamo a comprare quel paio di scarpe che ti avevo promesso.» Harry era tranquillo, gli piaceva la compagnia di suo figlio, a volte gli sembrava di star parlando con una persona adulta, altre volte con un bambino di quattro anni, ma alla fine era pur sempre un adolescente, nel suo cervello regnava il caos.

«Come vuoi tu, papà. A me basta anche solo la tua compagnia, possiamo andare in centro a farci una passeggiata e poi tornare a casa.»

Harry, che conosceva bene suo figlio, notò il suo umore a pezzi. Mise in moto l'auto e cominciò a guidare tranquillamente nel traffico londinese.
«Qualcosa non va?» Domandò semplicemente.
«Perché me lo chiedi?» Chiese Julio di rimando.

«Sei giù di morale, Sasha ti ha mollato?» Scherzò Harry, lui sapeva che Julio avesse una cotta per Sasha, una ragazzina che vedeva tutti i giorni sul bus per andare a scuola.

«Papà, non scherzare su queste cose. Sasha è solo una conoscente.» Sbuffò il ragazzo e appoggiò la fronte contro il finestrino. Non era in vena di scherzare.

«Mh, e allora dimmi perché stai così? Solitamente ridi, scherzi, ma oggi non sembri proprio intenzionato ad avere una conversazione con il tuo vecchio.» Harry tentò anche solo di ricevere un piccolo sorriso dal suo bambino.

«Papà, ma se il mese scorso hai compiuto trentacinque anni, non sei vecchio.» Julio sbuffò e roteò gli occhi.

Harry ci rinunciò e continuò a guidare in silenzio, Julio non aveva neanche acceso la radio, eppure era una cosa che faceva tutte le volte che saliva in auto, lo faceva sin da quando era un piccolo uragano di soli quattro anni.

-

«Ti piace?» Chiese. Julio negò e posò lo sguardo altrove.
-«E questo?»

«No, papà.»
«E questa, invece?»
«Papà, è orrenda!»

Harry guardò la camicia azzurra con sopra delle biciclette e aggrottò le sopracciglia.
«Perché? Invece è molto bella.»

Julio roteò gli occhi e si allontanò da quella corsia.

Harry non sapeva più cosa fare, gli aveva comprato una di quelle ciambelle che tanto gli piacevano e aveva mangiato meno della metà, avevano girato più di quattro negozio diversi e Julio non aveva adocchiato neanche una semplice giacca.

Seguì suo figlio lungo una corsia, c'erano felpe di in sacco di band, americane, inglesi, coreane e chi ne ha più ne metta. Vide suo figlio fermarsi davanti ad una felpa in particolare, sulla manica c'era scritto "How to save a life".

«Ti piacciono i The Fray?» Domandò Harry al figlio.
«A papà sì.» Rispose. Harry sapeva benissimo che Louis adorasse quella band.

«Vuoi fargli un regalo?» Chiese poi, Julio annuì. -«Allora prendila e andiamo in cassa.» Così il figlio sorrise e si mise in cerca della taglia di suo padre.

Davanti alla cassiera battibeccarono un po' perché, Julio voleva a tutti i costi comprare lui stesso quella felpa a suo padre, Harry non glielo permise perché "Metti quei soldi da parte per qualcos'altro" e in più non gli avrebbe mai permesso di pagare.

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Quando Harry riaccompagnò Julio erano ormai le sei di sera, non aveva dato spiegazioni né niente. Non aveva neanche accennato ad un mezzo sorriso durante la loro uscita, semplicemente gli diede un bacio sulla guancia e lo salutò.

Un sorriso, però, a fine giornata lo fece. Davanti ad un Louis felice per quel regalo.

Louis era la sua ancora.

I'll teach you to love again;『l.s』Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora