10. Vorresti insinuare che sono un alieno?

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Alyssa

Che stronzo!

Sto ribollendo dalla rabbia, mentre lo supero.

Prima si addormenta, fregandosene del nostro appuntamento, poi non mi rivolge nemmeno la parola e ora si prende gioco di me?

Entro in biblioteca, supero con passo veloce l'ingresso, dove alcuni studenti sono comodamente adagiati nelle poltroncine disposte attorno a una fontana rotonda, un'opera creata dagli allievi del corso d'Arte del Campus.
Saliamo le scale e prendo posto in un tavolo in legno di fronte al mio compagno di studi.

Lo osservo: è splendido come al solito, vestito con una camicia rossa a maniche corte e dei pantaloni neri strappati da cui si intravedevano i tatuaggi.
I suoi occhi sono sempre scuri e insondabili, ma qualcosa nella sua postura è diverso dal solito: se ne sta rigido sulla sedia e mi dà l'impressione che sia molto a disagio e desideri fuggire. Me lo conferma il suo sguardo che vaga ovunque nella stanza, tranne che sul mio viso.

Estraggo la penna e il quaderno e sospiro, a disagio.
Il silenzio che aleggia nella stanza diviene insopportabile, così cerco di rompere il ghiaccio. «Allora, Adriel... non so quanto tempo impiegheremo per svolgere questa ricerca. A che ora devi essere a casa?»

Lui si irrigidisce e mi guarda con un'espressione indecifrabile. Sembra distrutto. Si passa una mano sul ciuffo ribelle, sospira, poi scrolla il capo, come per allontanare un pensiero fastidioso. «Non ho un orario preciso in cui devo rientrare, basta che faccia una telefonata e mi verranno a prendere subito.»

Non ha orari? I suoi genitori devono essere persone molto permissive, beato lui!

Presa dalla curiosità di scoprire qualcosa di più sul suo conto, chiedo senza riflettere: «Sei fortunato. I tuoi non si preoccupano se non ti vedono rientrare per cena?»

Lui mi rivolge uno sguardo affranto, incurva le spalle e fissa un punto indefinito nella stanza. «I miei genitori sono morti» mormora con occhi vitrei e serra i pugni per il nervosismo.

Alle sue parole sussulto e mi sento mortificata. Abbasso lo sguardo e mi vergogno per la mia sciocca domanda.
Passo le dita tra i miei lunghi capelli neri e li sistemo, in modo che mi celino alla sua vista.
Rimango in silenzio e mi maledico per la mia stupida curiosità.

Avanti, di' qualcosa!

«Perdonami, sono un'idiota. Non ne dico mai una giusta» mi giustifico a disagio, poi intrappolo il labbro inferiore tra i denti, come faccio sempre quando sono nervosa, e inizio a mordicchiarlo.

Restiamo muti, entrambi immersi nei nostri pensieri. «Smettila di torturarti quel labbro, sta sanguinando!» esclama lui all'improvviso, facendomi sobbalzare sulla sedia. «Non preoccuparti, Alyssa, davvero, non devi sentirti in colpa. I miei genitori se ne sono andati da un pezzo. Scusami se ti sono sembrato brusco, ma non amo parlare di loro né di quello che è successo quel giorno.»

Fisso le sue iridi scure come pezzi di carbone, per vedere se è sincero, e il dolore che vi leggo dentro mi colpisce come un pugno allo stomaco.
Mi sembra di sentirlo crescere dentro di me, mi travolge e mi spezza il fiato. Sono triste per lui, ora: Adriel è così giovane, eppure ha già rinunciato a molto... Anch'io sento la mancanza di mio padre, ma è diverso, lui abita a tre ore d'auto da casa mia. Non riesco proprio a immaginare cosa si provi a perdere per sempre le persone a cui si vuole bene, a dover contare solo su se stessi.
In questo momento mi sento una sciocca ragazzina.

«Quindi vivi da solo» affermo, ancora un po' in imbarazzo.

Lui divaga con lo sguardo nella stanza. «Non esattamente. Ho... Ho diversi coinquilini. Ci mettiamo a studiare ora?»

Alpha - the escapeOnde histórias criam vida. Descubra agora