Il Vampiro

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John William Polidori 

Il Vampiro(The Vampire, 1819)

 Traduzione di Erberto Petoia 

Introduzione 

Il vampiro ha legato indissolubilmente il proprio nome a una forma,piuttosto che a un genere letterario, fiorita parallelamente alRomanticismo inglese, che si affermò verso la metà dell'Ottocento.Ricercandone l'origine, viene naturale pensare a un certo manierismodell'orrore che, consolidatosi in Inghilterra sul finire del Settecento, e incui confluirono un'immensa varietà di influenze culturali, a partire daShakespeare e da Ossian, aveva avuto come massimi esponenti HoraceWalpole e Ann Ward Radcliffe. Una forma che, situatasi tra gli estremiletterari dell'Aufklärung e del Romanticismo, aveva dato vita a quellacorrente nota come novelist of the terrific school. L'impostazione di questiracconti si basava su un rigido schematismo che imponeva elementi esituazioni d'obbligo. Il primo racconto che, staccandosi dalla correntedella terrific scool, si riavvicinava alle posizioni del romanzo fu senz'altroThe Vampire, di John William Polidori.Di origine italiana, nato a Londra il 7 settembre 1795, figlio di Gaetanopolidori, segretario di Vittorio Alfieri, Polidori rappresenta una coriosafigura di medico e scrittore. Laureatosi a Edimburgo all'età di vent'annicirca, fu per gran parte della sua breve vita medico e segretario personaledi Byron, al quale era legato da un rapporto ambivalente: una morbosaamicizia, cui si contrapponeva un odio non meno esasperato; sentimenti, pare, ricambiati da Byron. Polidori concluse tragicamente la suaesistenza: dopo la rottura con il poeta e un periodo di ristrettezzeeconomiche, non potendo saldare un debito d'onore, si diede la morte con«un sottile veleno di propria composizione» nell'agosto del 1821.Pur essendo autore di un lungo racconto, d alcuni saggi e poesie, la suafigura nel panorama letterario inglese viene ricordata esclusivamente perThe Vampire, composto nel 1816, che rappresenterà una pietra miliarenon solo per quanto concerne l'elaborazione letteraria della figura delvampiro, ma per il suo protagonista destinato a diventare l'archetipodell'eroe malvagio del romanzo nero. Liberato dalle incrostazionifolkloriche della credenza slava ed eliminati tutti i contenuti prosaici, ilvampiro di Polidori (e in seguito i suoi epigoni) perde tutte le connotazionirozze e popolari per diventare un raffinato aristocratico, un gentleman,alto e smunto, vestito di nero e perennemente assetato di sangue,soprattutto sangue di belle fanciulle. Il viso pallido e lo sguardo terribile epenetrante contribuiscono a conferire a questa figura dannata e solitariaun fascino nuovo e sinistro. Le caratteristiche del personaggio di Polidoridiventeranno parte integrante dell'uomo fatale, tanto in voga tra iromantici e ancor prima nei romanzi inglesi dell'orrore. Certi elementi,infatti, ricorreranno in seguito con insistenza e, uniti a quelli tipici delvampiro, ci daranno il perfetto modello del genere, che si incarnerà poi inquello che ne è considerato il capolavoro: il Dracula di Stoker.La genesi della novella, apparsa per la prima volta nel 1819 sul NewMonthly Magazine, è alquanto singolare. Nel giugno 1816 Byron,Polidori, Shelley e la sua futura moglie Mary Wollstonecraft, si trovavanoa Villa Diodati sul lago di Ginevra. Sin dai primi giorni di permanenza aVilla Diodati, le cose sembrarono non andar bene, e i rapporti furono,inoltre, esasperati dal tempo sempre freddo e piovoso. Scvrive MaryShelley, nell'introduzione del 1831 del suo Frankenstein: «Quell'estaterisultò fredda e uggiosa, piogge interminabili ci costrinsero a casa pergiorni. Trovammo per caso alcuni volumi di storie di fantasmi, tradotti daltedesco in francese». Così Byron propose che ognuno di loro scrivesse unastoria di fantasmi, e la sua proposta fu accettata. L'unica, a quantosembra, a impegnarsi seriamente fu Mary Shelley, che compose ilFrankenstein. Byron abbozzò la storia di due viaggiatori uno dei quali sirivela un vampiro, a quando muore fa all'amico una strana richiestalegandolo con un giuramento. Il racconto di Byron si ferma qui. Polidori,dopo aver fatto un tentativo con una storia che non riuscì a portare a termine, riprese ed elaborò il frammento di racconto di Byron. La trama èanaloga, e analoga è forsino la scelta geografica dove si svolge lamaggior parte del racconto: la Grecia, tanto cara e al tempo stesso fatalea Byron.Il personaggio a cui Polidori diede vita divenne l'incarnazione perfettadel «Byronic type», una parodia di Byron, con la quale l'autore sembravolersi rivalere dalle umiliazioni subite da quest'ultimo. Alla figura diquesto vampiro non erano comunque mancati dei precedenti. Polidori sirifece infatti al Byron satanico descritto nel romanzo autobiografico diLady Caroline lamb, Glenarvon, apparso nel 1816. La Lamb, delusa dalmarito, riuscì per un certo tempo ad attirare l'attenzione di Byron, ma lasua ossessiva presenza irritò il poeta, che alla fine fece di tutto per porrefine alla scomoda relazione. Per vendicarsi la Lamb rappresentò nel suoromanzo Byron nelle vesti del perfido e crudele Ruthven Glenarvon: daqui la scelta del nome di Ruthven, per il vampiro descritto da Polidori.Buona parte degli elementi della novella sono retaggi della precedentetematica gotica. Inedita è invece la misteriosa richiesta, che costituisceanche il punto debole di tutto il racconto, e non sembra sufficiente asostenere l'intera trama. Inoltre la storia ha ben poco a che vedere con ilfatto concreto di succhiare il sangue e il suo argomento pressochéesclusivo è il sesso. Sebbene il protagonista abbia abitudini spiccatamentevampiresche, tuttavia i danni che arreca sono provocati più che altro daforme più convenzionali di seduzione e disonore. Il sovvertimento cheprovoca nel tessuto sociale è solo una conseguenza indiretta del suocomportamento. Infatti, Polidori insiste nel sottolineare che tutti coloroche sono rovinati dalla sua presenza e dalle sue attenzioni sono in realtàvittime della propria debolezza e dei propri vizi. Si tratta infatti dicriminali, di giocatori, di truffatori, oppure semplicemente di personedeboli. Se Lord Ruthven diviene il sovvertitore e il trasgressore delleregole sociali, tutto ciò avviene con la collaborazione delle sue vittime; letendenze represse o latenti vengono portate alla luce prepotentementedalla sua presenza.È interessante la valenza simbolica che viene attribuita a questopersonaggio dalla lucida analisi del Punter: «Il più importante dei suoiparticolari attribuiti è che, come i vampiri della leggenda centroeuropea,si tratta di un aristocratico e sarebbe sciocco lasciarsi sfuggire l'ovviaconnessione fra questo particolare e il suo potenziale sessuale. Quello cheLord Ruthven esercita sulle sue vittime è una sorta di droit de seigneur, quella sorta di privilegio sessuale assoluto che è concomitante al potereassoluto e che è al tempo stesso un prevedibile oggetto delle fantasie dellaclasse media. Ruthven è in effetti modellato per certi versi su Byron, maquesto è meno importante, Ruthven non è la rappresentazione di unindividuo mitizzato ma di una classe mitizzata. Egli è morto e tuttavia nonlo è, così come il potere dell'aristocrazia all'inizio del XIX secolo era enon era morto; egli esige sangue perché il sangue è l'occupazionedell'aristocrazia, il sangue sparso in guerra e il sangue di famiglia»1.Nella cultura inglese, in Polidori come in Bram Stoker e altrove, ilvampiro è una figura fondamentalmente antiborghese. Elegante, benvestito, un maestro nell'arte della seduzione, un cinico, una persona al difuori dei codici sociali e morali predominanti. In questo modo vieneaffiancato ad altre forme di cattivi del «gotico» e diventa partecipe di unmito prodotto dalla classe media per spiegare i propri antecedenti e leproprie paure. Fatto rilevante, il vampiro di Polidori risulta essere allafine «vincitore». Quando giungeremo alla versione di Stoker, quasi unsecolo dopo, egli viene sconfitto dalle forze della scienza, del razionalismoe del conformismo etico. È ancora Punter ad offrirci un valido aiuto perun'interpretazione in questo senso: «Il lungo processo storico dei tentativicompiuti dalla borghesia per capire il significato del "sangue" nobilegiunge all'apoteosi in Dracula, poiché Dracula è l'ultimo aristocratico.Egli ha rarefatto i suoi bisogni, e quelli della sua casa e del suo lignaggio,al punto da non avere più alcun bisogno di un qualche sistema di scambioo di sostentamento fuorché del sangue. Tutti gli altri legami materiali conil "disonorevole" mondo borghese sono stati tagliati: l'aristocratico hapagato il tragico prezzo del soppiantamento sociale, eppure il suo destinofinisce per coinvolgere anche gli altri. [...] Ma sin qui Dracula è soltantoun'ennesima variante delle leggende sui vampiri che abbiamo già visto inThe Vampire di Polidori, un'ulteriore modifica dei timori preborghesi diviolenza tirannica immaginati nei termini della paura originale per ilsangue succhiato. [...] Di contro alla "casata" che Dracula rappresenta,Stoker pone la famiglia borghese, vista nel momento di massima unione,alla vigilia del matrimonio»2. Alla forza del vampiro viene contrapposta laforza dei rapporti coniugali e dell'amore sentimentale borghesi.Polidori riuscì ad associare l'uomo tenebroso e fatale del romanzogotico con il vampiro, ma questa felice intuizione non ebbe in Inghilterra1 D. Punter, Storia della letteratura del terrore, Roma, Editori Riuniti, 1985, p. 110.2Idem, pp. 217-218.il successo che incontrò invece nel Continente; ciò fu dovuto anche allacuriosa sorte cui andò incontro la sua novella. Alla sua pubblicazione, perun clamoroso errore, fu attribuita a Byron, nonostante le smentite diquest'ultimo. Lo stesso Byron, nei Dialoghi, in occasione della morte diPolidori, precisò: «Egli era sicuro di acquistare una fama letteraria dalsuccesso del suo Vampiro, di cui fu fatto a Parigi un melodramma, perchéla si credeva opera mia. Il fondo del racconto infatti mi apparteneva, mafui costretto a dichiarare di non aver nulla a che fare con quel lavoro, perpaura che non mi si ritenesse tanto vanitoso o tanto egoista da parlar dime in maniera così ridicola. Gli editori francesi non hanno però desistitodall'annoverare il Vampiro tra le mie opere. Il mio vero Vampiro l'ho datoalla fine del Mazeppa, all'incirca come lo raccontai a Ginevra in presenzadi Monk-Lewis, di Shelley e di sua moglie, che in quel momento stavacomponendo la storia del suo Pigmalione, Il moderno Prometeo o laCreazione dell'uomo».Non solo gli editori inglesi e francesi furono tratti in inganno dall'operadel Polidori, attribuendola a Byron, ma anche Goethe giunse ad affermareche era una delle opere migliori del Lord inglese. Il fatto che la paternitàdell'opera fosse stata attribuita a Byron rappresentò, però, in un certoqual modo un ostacolo al suo successo in patria. Gli scrittori gotici minorierano poco propensi a imitare una figura che avrebbe potuto turbarel'opinione pubblica inglese, quale quella di Lord Ruthven, che evocava lasinistra fama che Byron era andato acquistandosi proprio in quegli anni.La relazione con la sorellastra Augusta Leigh contribuì, infatti, adanneggiare ulteriormente la figura del poeta, sempre più inviso e sempremeno tollerato dai suoi connazionali.The Vampire raccolse dunque successo fuori dai confini inglesi,soprattutto in Germania e in Francia. In Germania dopo l'immediatatraduzione del libro (Lipsia 1819) gli imitatori di Polidori furononumerosi anche se assai poco originali. In Francia il suo racconto furipreso e parafrasato da Charles Nodier, che pubblicò ad alcuni anni didistanza dal suo Smarra, un altro racconto di vampiri, un'opera dal titoloLord Ruthven ou les Vampires. In esso continuò le avventure di Aubrey eLord Ruthven, ma capovolgendone le parti: mentre nella versione diPolidori, infatti, è Lord Ruthven che sconfigge e, sia pure indirettamente,uccide Aubrey, in questa nuova versione è Aubrey che, resuscitato, riescedopo vari inseguimenti a esorcizzare nel classico modo, sulla pubblica piazza di Modena, il vampiro. Non solo, ma sempre lo stesso Nodier (incollaborazione con il drammaturgo francese Pierre François AdolpheCarmouche e il marchese de Jouffroy) trasse, nel 1820, dal testo diPolidori un dramma il quale a sua volta ispirò il libretto del tedesco C.G.Haeser, musicato da Heinrich August Marschner. L'opera in quattro atti,Der Vampir, fu rappresentata per la prima volta il 28 marzo del 1828 aLipsia dove fu accolta con entusiasmo, e successivamente nei teatri di tuttele città tedesche. In seguito, comparve anche a Londra e a Liegi doveraccolse un notevole successo.Nel 1829, sfruttando la fortuna del melodramma di Marschner, JamesRobinson Planché fece del Lord Ruthven di Polidori un adattamentoteatrale dal titolo The Vampire or the Bride of Isles, presentato al Lyceumdi Londra. Altri due adattamenti erano apparsi nel 1820 e nel 1825,sempre ad opera del Planché. Oltre ad ambientare gli avvenimenti inUngheria, come il suo predecessore Marschner, egli conferì a LordRuthven il titolo di boiardo valacco, prefigurando in un certo modo ilDracula di Stoker.Nel 1831 si ebbe la prima edizione italiana a Udine, intitolata IlVampiro, novella di Lord Byron.Il racconto di Polidori divenne subito spunto per molti altri racconti delgenere. Uno dei primi a ispirarsi a Polidori fu E.T.A. Hoffmann, che, nelsuo Vampirismus, ritornando alle caratteristiche originarie, reintroducela figura della donna vampiro. Infatti nella seconda metà dell'Ottocento ilvampiro tornerà ad essere una donna, come nella ballata Braut vonKorinth di Goethe, ispirata alla figlia di Philinnion di Flegone Tralliano,in cui si narra di una ragazza ritornata dalla tomba per rivendicare ildiritto alla propria sessualità negatole da una morte precoce. Mentrenella prima parte del secolo l'amante fatale e crudele è di regola un uomo,ora è la donna che con il suo fascino lega a sé gli uomini fino a condurlialla morte. Donne che ritornano alla vita come la bella Clarimonde diGautier ne La morte amrouse, o donne reincarnate come la Carmilla diJoseph Sheridan Le Fanu. Quest'ultimo rivoluzionerà le convenzionalistorie vampiriche introducendo il tema del vampirismo lesbico.Anche in A Mystery of the Campagna, di Anne Crawford, il vampiro èuna donna, che ritorna per sedurre e condurre alla morte il giovaneMarcello. Il tema sessuale è qui solo accennato, non è esplicito come nell'opera del Gautier e di Le Fanu: tranne qualche fugace accenno, iltutto viene lasciato all'intuito e all'immaginazione del lettore. Tuttavia èchiaro che l'arma di cui si serve la bella e letale Vespertina è quella delfascino e della seduzione.Con il racconto della Crawford l'operazione di reintrodurre la figuradella donna vampiro sembra essere riuscita in pieno, e la valenzasimbolica che vi si riscontra è ancora più incisiva, avendo mantenuto ilegami con un'epoca in cui le varie figure mitologiche e non del vampiroerano essenzialmente di sesso femminile. Infatti, è una donna, sepoltaall'epoca dei Romani, che irrompe nell'epoca contemporanea,riappropriandosi di un ruolo, anche se negativo e imposto da una culturamaschilista e misogina, che le era stato tolto dalla letteratura precedente.Non si sa molto della vita di Anne Crawford; sembra, tuttavia, checonoscesse bene l'Italia e in particolar modo Roma, probabilmente peressere vissuta a lungo nel nostro paese con il padre, lo scultore ThomasCrawford, che trascorse gran parte della sua vita a Roma, tranne qualchebreve viaggio in America. Da questa permanenza in Italia, la scrittriceattinse probabilmente gran parte del materiale su cui elaborò il suoracconto.Ambientato in Italia, il racconto presenta aspetti innovativi e originalisia nella trama sia nella forma narrativa che, va sottolineato, è moltosimile a quella del diario di cui si servirà Bram Stoker per la sua opera,pur risentendo dell'atteggiamento tipico di tutti gli scrittori-viaggiatoristranieri di passaggio in Italia e ricordando molto da vicino i «quadretti digenere» a loro tanto cari. È evidente infatti il ricorso a topoi e stereotipinel dar vita ai personaggi del racconto. Tuttavia l'opera, qui tradotta initaliano per la prima volta, resta uno dei racconti di vampiri piùinteressanti pubblicati nella decade che precede il Dracula di Stoker emerita indubbiamente di essere conosciuta meglio.Erberto Petoia

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