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"Sei in ritardo" notò Daniel. Nella sua voce non c'era alcuna traccia di disperazione, anzi. Jimin notò che aveva approfittato della sua assenza per iniziare un complicato cruciverba il cui obiettivo finale era ottenere, in verticale, il nome JENNIFER LAWRENCE

"Mi dispiace" disse Jimin, trafelato. Dire che aveva corso era un eufemismo. Se l'era cavata egregiamente, in ogni caso, forse doveva cominciare a considerare l'idea di partecipare alla maratona di New York. "Non ha suonato la sveglia".

"Ah-ah" Daniel infilò il tappo sulla punta della penna e poi lo squadrò da testa a piedi. "Hai due succhiotti sul collo e l'aria di uno che ha dormito sì e no quattro ore. Immagino che il problema sia proprio stato la sveglia, eh?".

Cose da fare nella vita: andare da un dottore bravo che gli insegnasse a controllare i vasi sanguigni sul suo viso (o qualsiasi cosa causasse I CONTINUI ED IMBARAZZANTI ROSSORI CHE LO SMASCHERAVANO PIU DI QUALSIASI CONFESSIONE). Si sedette alla postazione e accese il computer (ossia, premette l'indice contro un enorme tasto con scritto sopra power. Quello sapeva farlo, visto che faceva progressi?).

"Pensi di poterti concentrare davvero, oggi?".

"Sì" Jimin si sentiva decisamente alleggerito. Yoongi era terapeutico, ed era assurdo, perché era cura e malattia allo stesso tempo. "Voglio imparare davvero a fare questo lavoro" gli disse, poi digitò la password che gli avevano assegnato e riuscì a fare login nel sistema. Daniel lo osservava con un sorrisetto sulle labbra. Chissà che pensava di lui. Qualcosa come "è il peggior stagista mi sia mai capitato", immaginava.

Daniel era un bravo insegnante e Jimin capiva perché gli avessero affidato il compito di affiancare gli stagisti. Il modo in cui parlava e spiegava pazientemente i passaggi, anche quando questi gli venivano chiesti e richiesti, era sempre calmo ed esaustivo. Jimin al suo posto avrebbe sbroccato quasi subito. Se fosse rimasto all'azienda e avesse fatto carriera, sicuramente non gli avrebbero affidato lo stesso compito.

"Quindi devo TABbare finché da rosso non passa a giallo" osservò Jimin, che stava iniziando a far suo quel gergo assurdo con cui Daniel gli parlava costantemente. "Esatto, poi dobbiamo aspettare la risposta dal cliente, e se la risposta è positiva, da giallo diventa verde".

"E se la risposta è negativa?" chiese Jimin.

"Il nostro compito è far in modo che la risposta sia sempre positiva". 

Quattro ore passarono in fretta. Questa volta in pausa pranzo Jimin mangiò il proprio tramezzino al tacchino da solo - Jungkook aveva in programma da giorni una gita a Ellis Island con Taehyung, quindi nonostante fosse curioso da morire riguardo ciò che si erano detti Yoongi e Jimin, era stato costretto ad aspettare un momento più propizio per essere aggiornato. A Jimin mancava da morire. Bevve un po' del suo Arizona Tea e contemplò il posto vuoto davanti al suo finché questo non si riempì. Era una ragazza dai capelli corvini, un paio di occhi verdi e una camicia da boscaiola.

"Ciao, è libero?" aveva chiesto dopo essersi seduta e aver già posato il vassoio sul tavolo. Non aspettò una risposta e iniziò a scartare un hamburger grondante di formaggio fuso - lo stesso che Jungkook aveva preso alla mensa qualche giorno prima. Un ammasso informe di calorie e grassi saturi pronti a depositarsi sui fianchi e nell'interno coscia. 

"Sì" rispose Jimin, scrutandola. La ragazza allungò una mano verso di lui, tenendo il braccio teso.

"Sono Amalia, ma puoi chiamarmi Amy".

"Ciao, Amy" Jimin strinse la mano un po' titubante. "Io sono Jimin".

"Lo so" la ragazza gli fece l'occhiolino. A Jimin non piaceva che lo sapesse. Aveva già una nomea all'interno dell'azienda? Le persone parlavano di lui? E cosa dicevano? Una leggera ansia gli strinse il petto. "Anche io sono gay". Ah. Quindi era questo che dicevano di lui, meraviglioso.

one | prince to kiss ; yoonminWhere stories live. Discover now