<Hai visto che non dovevamo uscire? Ti sei beccata anche la febbre ora.> sospirò, osservando ancora una volta il termometro.
<Non è un problema, sta' tranquillo.> sorrisi.
<Si che lo è. Starai male e salterai anche i tuoi primi giorni a scuola. Dovevo impormi per rimanere a casa..> si alzò, e mi prese una medicina da diluire con l'acqua.
<Ma va.. sono io che ho insistito, perché mi stavo annoiando. Non preoccuparti, davvero..> bevvi fino all'ultimo sorso quella schifezza insapore.
<Almeno sei riuscita a mangiare un po' di pasta.> sorrise.
<Grazie per esserti preso cura di me, Ale. Mia madre tornerà tra qualche ora, aveva un colloquio di lavoro.> lo abbracciai.
<Figurati, è un piacere per me. Che lavoro fa?> mi chiese con un pizzico di curiosità nella voce.
<È dottoressa.> sorrisi.
<Oh, mia madre è infermiera, come ti ho detto prima. Papà e uno chef.> annuì, fiero di entrambi.
Mio padre invece lavorava in un'officina di manutenzione per le automobili, ma non mi andava di parlare di lui o di qualsiasi cosa o persona si trovasse a Firenze.
<Mi piacerebbe incontrare tuo fratello, qualche volta. Non so perché.. ma mi ha chiesto l'amicizia su Facebook.> ridacchiò.
<Stefano? A te? Tu hai Facebook?> non sapevo più cosa chiedergli.
<Sono innocente!> rise. <Si, Stefano. Me ne son accorto dal cognome, e poi siete identici. Si, ho Facebook. Ma con un nome strano. Non so come ha fatto a trovarmi, ma ho accettato e abbiamo parlato in chat.>
Ero sbalordita. Stefano che chiedeva di essere amico ad un tale che nemmeno conosceva e ci parlava anche? Perché?
<Cos'avete detto?> domandai, senza esitare.
<Ah, chi lo sa.> fece la parte dell'indifferente.
<Sono malata.> incrociai le braccia.
<E allora?>
<Dovresti assecondarmi e servirmi.> lo rimproverai.
<Appunto, sei malata. Non pazza e vecchia.> rise.
<Uff.> sospirai.
<Dai, vieni qui.> rise e mi abbracciò.
Stavo bene fra le sue braccia. Non pensavo a nulla, era inevitabile farlo se quel profumo avvolgente ti inebriava completamente. Ero inoffensiva e vulnerabile, lì.
<Mi mancano.> sospirai, stringendo la sua felpa con una mano. <Mi mancano tanto.>
<Hey.. quand'è che dovrai vederli?>
<Tra una settimana sarà un mese dalla sentenza.. quindi credo in quei giorni..> sospirai.
Era stato bruttissimo assistere ad una sentenza in tribunale, soprattutto perché si sarebbero decise le sorti di quella che prima era la nostra famiglia. Come si fa a separare due fratelli così, solo per darne uno ad ogni genitore? Non è giusto. Ma sono stata lì, a guardare, in silenzio. La verità è che non vedevo l'ora di diventare maggiorenne, così avrei potuto fare quello che mi pare e magari sarei anche tornata a Firenze, in una casa mia e mi sarei trovata un lavoro.
<Mi dispiace tanto..> sussurrò.
Non risposi, ma chiusi gli occhi. Le sue braccia non cessavano di stringermi e per me era un bene; non mi sarei mossa mai più da quella posizione.