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15/07/2019 ~(dalle due alle quattro del mattino circa. che genia eh?)

Ormai questa storia o libro o raccolta, non si neanche come chiamarla, é diventata una specie di Diario per me, un luogo dove sfogarmi.

Bene, oggi, o meglio questa notte, la utilizzerò come tale ma parlando chiaramente, in modo diretto.

Forse qualcuno ha letto la mia storia oneshot "Blue side" e il suo sequel oneshot "Back to blue side", ecco c'è un motivo oltre alla storia stessa per cui io ci tengo davvero tanto.

Entrambe le parti sono state concepite in una notte, in non so quante ore, il 15 marzo di questo anno.

Per me quei giorni e in particolare quella notte sono state non solo importanti e di crescita personale ma soprattutto di sofferenza.
Mi sentivo completamente sperduta, senza una meta o una partenza.

Vi spiego meglio la situazione, io l'anno scorso ho perso un'anno di scuola perché semplicemente a scuola non ci andavo, al suo posto andavo da una psicologa.

A cosa mi é servito? a nulla.

Ho passato un'anno intero a piangermi addosso. Passavo ore di sedute in silenzio e solo occasionalmente dicevo qualche parola.

La cosa ridicola? Ho sempre bisogno di esprimermi, di dire ciò che penso perché le persone non badano a me, ma quando c'è una persona li per me che vuole soltanto sentire cosa sto passando per aiutarmi, io non riesco a parlare.

Le parole, la voce mi moriva in gola e io rimanevo lì, come pietrificata.

Guardavo il pavimento o il vaso di fiori finti sul tavolino, guardavo ovunque tranne la mia psicologa. Nel frattempo sfogavo la mia frustrazione, sul bordo della maglia o sulla cerniera della felpa.

Ho fatto anche una seduta con mia madre presente. É stata la peggiore.

Sono stata in silenzio, a piangere.

Un giorno la mia psicologa mi ha detto questo, magari non con le stesse parole ma il succo é questo.

«Questi incontri in silenzio non sono stati inutili, soprattutto quello con tua madre. Sono serviti perché ho compreso che il tuo silenzio e le tue lacrime sono colme di rabbia.»

Dal canto mio mi sono chiesta come é possibile, poi mi sono finalmente aperta.

Non so come, a dire la verita, non so come ho fatto a parlare. Mi sembrava fin di star mentento quando in realtà stavo raccontando la mia vita, punto.

Le raccontai di mia madre e mio padre che mi hanno concepita da neanche un'anno che si frequentavano, di come volevano abortirmi.

Le ho raccontato del mio unico ricordo di quando ero piccola, un litigio dei miei, di quando ancora abitavo a Milano.

Le ho raccontato dei sei anni di bullissmo subiti una volta trasferita nella città dove abito ora, delle botte e dell'isolamento che ho subito. Anche se non mi piace la parola forse é il termine giusto. Ciò che ho subito e dal quale sono riuscita a scappare solo alle medie.

Beh non che sia andata tanto meglio, dopotutto sono sempre stata incapace nei rapporti umani.

L'unica persona con cui abbia legato davvero in modo profondo, anche senza parlare di certe cose é la mia migliore amica.

Ogni volta che la nominavo o anche solo pensavo a lei io scoppiavo a piangere e mi sentivo morire nel petto.

Delle emozioni così forti che mi riesce difficile anche ricordarle o immaginare com'erano.

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