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Ai lettori abituali, attenti, ci sono scene un po' più forti del solito.
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Si erano incontrati sull'autobus Lucca-Treviso nell'afa di luglio. Vicini di posto d'un viaggio a lunga percorrenza: facile attaccar bottone, specialmente se lei, bionda, ha un petto da paura e lui è un rude Casanova rustico.
"Ha freddo? Posso offrirle il mio gilet?"
Aveva sfoderato il pretesto più consunto, accennando a togliersi il relitto di pelle borchiata che indossava. Dopo averlo ripetuto, lo aveva detto ancora, accompagnando la frase con un un leggero tocco del dito sulla spalla di lei, prima, poi con una pressione decisa e infine con uno scossone. La giovane, assorta, si era spaventata, ma poi gli aveva sorriso.
"Freddo? Con questo sole? Sto arrostendo come sullo spiedo!"
Aveva anche riso. La scusa del gilet era pessima, visto il meteo.
"Hai la pelle d'oca. E'... sexy" , aveva chiarito lui.
"Questa" aveva spiegato lei, indicando le cuffiette "mi dà i brividi".
"Animo sensibile! Che ascolti?"
"Living After Midnight."
"Dei Judas Priest?"
"Li conosci?"
"Eccome! Amo Rob Halford. Hai anche Painkiller?"
"Sicuro!" Lei aveva condiviso con lui gli auricolari e da quel momento, o da poco dopo, l'amore per l'heavy metal li aveva uniti.
Lei si chiamava Rosita, ma lui la chiamava Lamia. "Perchè sei LA MIA pollastra", ripeteva.
Lei amava quel suo carattere da burbero metallaro, ma a volte i suoi complimenti la spiazzavano. "Che belle coscette di pollo", le diceva. "Amo il tuo dolce starnazzare", le tubava.
"Togliti gli occhi", le aveva detto una volta. Lei lo aveva guardato con curiosità, forse allarme, inclinando il capo. Lui l'aveva fissata, come a cercare un'espressione in particolare, poi aveva proseguito: "Togliteli, o le stelle che hai al loro posto mi abbaglieranno".Una sera lui affittò un antico mulino nella campagna lucchese, interamente per loro. Tolse da una scatola un sontuoso tessuto ricoperto di magnifiche piume cangianti.
"E' per te", disse. "Togliti tutto, indossa solo questo".
Lei, chiocciando, eseguì e si avvicinò alla mola, col petto e le spalle scoperte, le lunghe gambe completamente foderate di piume.
"Tutto. Ho detto tutto. Togliti tutto."
"Ho tolto tutto!"
"Gli occhi! Togliti gli occhi!"
"Cosa stai dicendo?" Lui la fissava, lo sguardo di un esaltato: un pazzo, un pazzo delirante.
"Gli occhi, toglili! Come se non sapessi che puoi farlo, Lamia!"
"Ti prego, Antonio", cercò di calmarlo lei, ma invano: agguantato un cucchiaino da caffè, lui le si era scagliato contro, e cercava di conficcaglielo nell'orbita oculare. Nonostante la combattiva resistenza della giovane, uno dei colpi andò a segno, e dopo aver fatto leva, il bulbo rotolò fuori, lasciando il nervo ottico inutilmente penzolante sulla guancia di Rosita, che ormai urlava in modo disumano.
"Sei un pazzo! Guarda cosa hai fatto! Non si tolgono così gli occhi a una signora!"
Strillava, affondandogli nel petto le zampe enormi, scavando con gli artigli, beccandogli la faccia ancora e ancora finché il suo sorriso soddisfatto fu irriconoscibile. Nonostante questo lui seguitava a ripetere: "Lo sapevo! Lo sapevo!"."Lo so che lo sapevi", disse lei, ricomponendosi e recuperando il suo occhio, mentre lui agonizzava. "Ma ti credevo abbastanza intelligente da far finta di niente. E poi sarei io quella col cervello di una gallina".
