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Sfiorò con le dita le lettere disegnate sulla pelle candida e una traccia azzurrina d'inchiostro gli rimase impressa sui polpastrelli. Era così che funzionava, allora.
"Certo che devi aver fatto proprio una brutta caduta"
Quindi era quella la grafia della sua anima gemella. Semplice ed ordinata, niente di vistoso o particolare. Chissà che tipo di persona era, se il carattere ne rispecchiava la scrittura.
Il battito del suo cuore rimbombava forte nelle orecchie, si portò una mano sul petto e prese un respiro profondo.
Stava accadendo, oddio, stava accadendo.
Per quanto tempo aveva atteso? Non lo ricordava più, il grande cambiamento era giunto, lì e ora.
Senza pensarci due volte si lanciò verso la scrivania, rovesciando a terra libri e quaderni nel tentativo di afferrare una penna. Si gettò nuovamente sul materasso -i pantaloni della tuta che avrebbe dovuto indossare ed erano stati dimenticati sul bordo del letto scivolarono a terra senza che se ne accorgesse.
Strinse la penna con dita tremanti. Come avrebbe dovuto rispondere?
Di sicuro non raccontando di essere inciampato su un coniglio, era troppo imbarazzante. Si appuntò mentalmente di assicurarsi che Atsuya e Nae -ed anche sua madre, pensandoci bene- non ne facessero parola con nessuno.
"È una lunga storia. Non volevo farti male, scusa" riuscì a scrivere infine, nonostante la sua mano tremasse visibilmente "Mi chiamo Fubuki Shirou, comunque. È un piacere conoscerti" aggiunse subito dopo.
Solo quando poggiò la penna si rese conto di quanto i suoi muscoli fossero tesi. Si impose di respirare e calmarsi: oramai era fatta, si era presentato, non restava che aspettare e stare a vedere cosa il futuro gli avrebbe riservato.
In quel preciso momento la porta della sua stanza venne spalancata con un calcio.
Atsuya fece il suo ingresso nella camera del fratello a passo di marcia. Sembrava di pessimo umore e pronto a fare a botte con qualcuno, ma la sua credibilità era messa a rischio dal tenero Ouji tra le sue braccia.
«Shirou, sono cinque cazzo di minuti che ti chiamo!» il rosato diede una rapida occhiata alla stanza «Come mai tutto 'sto casino? E... perché sei in mutande?»
Poi, Atsuya notò le scritte.
«Non dirmi che è la tua anima gemella!» esclamò, precipitandosi sul letto di fianco a lui e leggendo il breve scambio di battute. «Beh? Quando ti risponde?»
Il maggiore tentò di trattanere una risata osservando il fratello. L'espressione di Atsuya era mutata completamente: ora i suoi occhi brillavano -curiosi e meravigliati- come quelli di un bambino davanti alla magia di un prestigiatore, e il coniglio che gli leccava le dita mentre lui quasi non ci faceva caso era la ciliegina sulla torta.
«Non saprei» disse, ma subito un formicolio freddo e umido lo portò a spostare l'attenzione sul braccio destro. Lì sulla pelle pallida, davanti agli occhi increduli dei due fratelli, una penna invisibile tracciava linee di inchiostro blu.
"Tranquillo, Fubuki-kun, ormai per me è un'abitudine. Anzi, mi scuso in anticipo per tutti i lividi che ti ritroverai dopo gli allenamenti di calcio :)"
«Ha disegnato uno smile» Atsuya ridacchiò «Che aspetti? Rispondi!»
Shirou prese nuovamente in mano la penna e il fratello si sporse verso di lui.
"Chiamami pure Shirou, anche io gioco a calcio" si interruppe.
«Cos'altro dovrei dire?»
«Scrivi qualcosa tipo: mi piacciono le ragazze che fanno sport, e poi disegna anche tu una faccina»
Shirou eseguì con un sorriso dipinto sulle labbra. Alzò lo sguardo, incontrando le iridi grigie del fratello e il sorriso si trasformò in una risata. Improvvisamente l'agitazione era scomparsa; con Atsuya accanto a lui, tutto assumeva le fattezze di un gioco e diventava più semplice.
«Sta scrivendo!» esclamò il rosato, richiamando l'attenzione sul braccio.
"Shirou-kun, premettendo che non c'è niente di strano o sbagliato"
"Io sono un ragazzo"
Shirou percepì il sorriso appena nato congelarsi sul suo volto. Ebbe l'impressione di essere appena caduto nell'acqua gelida, il freddo pungente lo aveva risvegliato da un sonno in cui era stato prigioniero per lungo tempo.
Il silenzio che seguì -difficile stabilire per quanto fosse durato, se fossero stati pochi secondi o interi minuti- fu rotto dalla voce spensierata del padre che, dal piano di sotto, li esortava a scendere in cucina per la cena.
Shirou lanciò uno sguardo intimorito ad Atsuya. Il rosato aveva un'espressione corrucciata sul viso; accarezzava distrattamente il pelo di Ouji, perso nei suoi pensieri. Brividi di terrore percorsero ogni cellula del suo corpo. Che cosa pensava? Forse non voleva davvero saperlo.
Con la mente offuscata, osservò il proprio corpo muoversi da solo. Terminò di vestirsi e scese lentamente le scale, ma prima che potesse varcare la porta della cucina Atsuya lo afferrò per un polso e lo trascinò in soggiorno.
Gli afferrò le spalle, stringendo talmente forte da fargli male, e lo scrollò in maniera poco delicata.
«Aniki, stai bene?»
Shirou sentì la gola bruciare e gli occhi riempirsi di lacrime.
«Non lo so» si passò una mano sul viso e poi tra i capelli argentei «Solo... per favore, non dire niente di tutto ciò a mamma e papà» supplicò a voce bassa «Non dire niente a nessuno»
Gli occhi grigi del fratello lo scrutarono, indagatori. Prima ancora che se ne rendesse conto, Shirou si ritrovò imprigionato in un abbraccio soffocante.
«D'accordo, è una tua decisione. Ma, come ha detto lui, ricorda che non c'è niente di sbagliato in tutto questo. Sei mio fratello e lo sarai sempre e comunque»
Le lacrime iniziarono a scorrere con prepotenza lungo le guance. Ricambiò l'abbraccio, poggiando la fronte sulla spalla di Atsuya.
«Ascolta bene, perché lo ripeterò una volta sola» gli sussurrò «Ti voglio bene, Shirou»

La cena trascorse rapida e in silenzio. Shirou non osava alzare gli occhi dal piatto e Atsuya lanciava significative occhiate ai genitori ogni volta che uno dei due provava ad aprir bocca.
Dopo aver giocato per diversi minuti con la propria porzione di verdura, Shirou si alzò, annunciando che andava a fare un bagno. Ignorò i richiami della madre sul fatto che non avesse mangiato quasi niente e tornò al piano superiore, chiudendo a chiave la porta.
Aprì il rubinetto della vasca e tolse la maglietta. Si chiese se del sapone ed una spugna sarebbero bastati per lavare via tutto quell'inchiostro dalla pelle, prima che qualcun'altro si accorgesse delle scritte.
Entrò in acqua e solo allora notò l'ultimo messaggio lasciato dalla sua anima gemella.
"Ti ho trovato su instagram. Se hai voglia di parlare ancora, scrivimi"
Allungò una mano verso il telefono poggiato a bordo vasca, incuriosito. Sul display lampeggiava un'unica notifica
"Gouenji.Shuuya.10 ha chiesto di seguirti"
«GOUENJI SHUUYA?!»

ink 『goufubu』Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora