La prigione

63 7 9
                                    

Ero al buio, affondato in un cuscino soffice. Sarei stato bene, non fosse stato per quella barriera posta a bloccarmi, a non permettermi alcun movimento. L'odore del legno era pungente ma familiare, mi parlava di casa: l'avevo sempre avvertito, da quando n'avessi memoria!

Nel silenzio assoluto, sentii sballottare la mia alcova, per poi piombare in un caos assordante di rumori e voci. Sembrava una follia, un delirio onirico: le voci erano esaltate e talmente tante, talmente tante da darmi il panico.

Fu in quel momento che decisi di fuggire! Sì, avrei colto la prima occasione utile e non mi sarei fatto riprendere, avrei messo il vento nelle ali, me lo promisi.

Non mancò molto.

Il boato della folla si era esaurito, era calato un silenzio ancora più allarmante. Sentivo l'agitazione salire, nell'attesa dell'evoluzione; la stasi fu rotta da una voce rimbombante: non aveva un timbro normale, doveva essere l'effetto di qualche trucco ma non dovevo farmi impressionare, altrimenti avrei perso ogni coraggio! La voce iniziò quello che pareva un discorso esaltante, a giudicare dalle risposte, urlate. Come in una setta, come in un rito primitivo, la voce chiamava e la folla rispondeva, in un crescendo di euforia.

Mi sentivo formicolare ogni minuscola parte del corpo. Accanto a me, nelle loro celle – ne percepivo chiaramente la mole, nonostante il buio - due grossi energumeni scalpitanti; forse avrei potuto approfittare della loro forza impetuosa per distrarre chiunque mi avesse preso prigioniero e così fuggire! Sì, la libertà era l'unico pensiero, nella mia mente, un sapore talmente lontano da essere stato dimenticato: non avrei saputo dire da quanto tempo ero chiuso lì, per giudicare "casa" quel verde odore legnoso.

Un cigolio accompagnò la luce nella mia prigione, assieme alla grossa testa sudata di un uomo di mezza età. I muscoli della mascella erano tesi, quasi si aspettasse da noi prigionieri qualunque cosa. Sentii lo sferragliare di una chiave e vidi i miei robusti vicini di cella: schizzarono fuori come se avessero avuto il diavolo alle calcagna. Vidi alcuni grossi uomini seguirli con gli occhi, armati di pesanti bastoni. No, non avrei voluto certamente essere nei loro panni! E poi venne il mio momento: una mano leggermente tremante aprì la barriera che mi imprigionava. Il mio corpo, teso allo spasimo, scattò, lesto. Feci uno scarto a destra, poi a sinistra e infine mi allontanai, muovendomi così veloce che io stesso stentavo a credere di potermi mai fermare!

Un fischio possente seguì la nostra fuga e capii che non potevo illudermi. Nessuno ci avrebbe reso la vita facile! Ci attorniavano in tanti: quattro inseguitori avevano anche i grossi bastoni che avevo già visto, ma sembravano, fortunatamente, aver preso di mira i miei compagni di fuga, quelli grossi. Mi accorsi di un altro fuggiasco, un rosso più grosso di me, ma non così pesante e corpulento quanto i due che avevo scorto subito. L'avevano preso e lo sballottavano, da una parte all'altra, in un gioco crudele, come se non fosse stato altro che un loro passatempo. Mi resi conto che su di me c'era l'attenzione di solo due inseguitori; potevo farcela, ci credevo.

Ci credetti a lungo, ma uno dei due... diavolo! Sgusciava, si voltava, sembrava prevedere ogni mia mossa e seguirmi come se ne fosse dipesa la sua vita!

Ero preso dal panico, ero stato così veloce da ingannare persino la vista e invece... quel diavolo con la maglia rossa come il fuoco dell'inferno da cui sembrava uscito non mi dava tregua. Cambiai direzione così tante volte che persi completamente l'orientamento poi intravidi una via d'uscita, una scappatoia: avrei potuto ingannarlo e fuggire verso gli alberi, dove sarebbe stato più difficile scorgermi. Feci un altro scarto, tentando di ingannarlo e, accecato dalla luce del sole, scattai verso la libertà, sentendone già il sapore salato.

Fu allora che una grossa, forte mano si chiuse a trattenermi. La folla esultò in un orgiastico urlo liberatorio: non attendevano altro, ero io la vittima, ero io dunque il fulcro del loro rito primitivo?

L'uomo che aveva aperto la mia gabbia afferrò il mio assalitore, con gioia animalesca, alzandogli il braccio verso il cielo. Esultarono, urlando ancora e ancora.

La mia libertà era durata poco. Mi sentivo stordito.

Un ultimo urlo mi accompagnò, mentre mi riportavano alla mia prigione: avrei passato i giorni successivi ad arrovellarmi sul significato di ciò che avevo visto e sentito:

- L'Irlanda vince la Coppa del Mondo di Quidditch!

Nargilli e Tappi di Burrobirra - e altre piccole storieDonde viven las historias. Descúbrelo ahora