Thin Blankets

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Thin Blankets


La sua camera da letto era spoglia e il materasso duro, circondato solo dalle pareti imbiancate a calce su cui lei aveva appeso un timido acchiappasogni. Probabilmente era stato fatto a mano molti anni prima da un'amica, di certo non da un vecchio amore, e vegliava su di lei con quel suo unico occhio di perlina sospeso al centro dell'intreccio.
Un modesto tavolo di legno chiaro ed una sedia, proprio accanto alla finestra coperta da semplici tende bianche. L'unica nota di colore veniva dalla libreria, credo l'avesse costruita da sola, che comunque era sempre semivuota. Gli abiti sgargianti con cui vestiva di solito erano ben nascosti dietro le ante dell'armadio a muro.
Non era una stanza grande, "Ma c'è proprio lo spazio che serve per farci entrare la luce", scherzava sempre lei.
Se chiedete a me, però, vi dirò che non era durante il giorno che quella stanza si riempiva.
Bisognava aspettare che il sole sparisse dietro i palazzi di fronte e l'ombra della sera tingesse di azzurrino le pareti, mano a mano che i mobili perdevano i contorni, diventando poco più che ombre contro i muri bianchi. Allora lei si coricava fra le lenzuola sottilissime del letto, tanto sottili che non riuscivano a nascondere il colore della sua pelle nuda.
Immaginavo quelle lenzuola come la mano di un fantasma, o forse di un dio invisibile, che si appoggiava delicatamente sul suo corpo seguendo la forma dei seni, sfiorando il ventre o nella valle profonda del girovita -quando lei dormiva su un fianco-, fino ad abbracciarle i fianchi per poi scivolare giù lungo le gambe. Quelle sue lenzuola avevano un modo generoso di posarsi sul corpo, si infilavano fra le gambe mostrandone le forme tornite, e nelle notti in cui c'era un poco più di luce, abituati gli occhi, potevo scorgere addirittura la forma delle caviglie, i sottili sentieri formati dalle vene sul dorso del piede e la delicata forma delle dita.
Seduto per terra, accanto a letto, restavo in adorazione come davanti ad un altare.
Di tanto in tanto lei sospirava nel sonno, e la stoffa che le copriva il petto si increspava in piccole onde. Avrei voluto sfiorarle con la punta delle dita, ma non osavo per paura di svegliarla e perdere quei momenti in cui, celata sotto quelle lenzuola che la esponevano alla vista come una statua su un piedistallo, mi sembrava una dea addormentata.
Ho letto molte fiabe nel corso della mia vita, e sono piuttosto sicuro che la stoffa delle sue lenzuola fosse non tela di cotone né di seta, ma da raggi di luna filati da una principessa infelice, rinchiusa nella torre più alta del più inaccessibile castello.

Esercizi di ScritturaWhere stories live. Discover now