The Case of Lake

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"Guardami come sono: non posso essere tua moglie."
"Ma io ho la forza di diventare un altro."
"Forse, quando non avrai più la tua bambola."
-Casa di Bambola, Henrik Ibsen

«Signorino, era solo un sogno.»
«Non era solo-» una donna si voltò a fissarmi, e io abbassai la voce.«Non era solo un sogno, Poirot. Lui lo sa.»
«Sa cosa?»
Gli raccontai del vestito verde mentre attraversavo. Un tassista mi seguì con gli occhi, confuso, e io mi poggiai il telefono all'orecchio.
Vi giuro che a volte la mia vita diventa davvero snervante.
Notai lo sguardo di Poirot scurirsi, ma quando parlò parve tranquillo, o quasi.
«E mi perdoni, signorino, lei sa come evitare tutto questo?»
«No che non lo so. E adesso non m'interessa.»
«Come mai?» domandò, iniziando a salire le scale del dipartimento. Si fermò di scatto e mi dedicò un'occhiata.«Torno subito.»
«Cosa? E adesso dove...» ma si era già allontanato.
Tra Poirot che ti mente...
Scossi velocemente la testa e posai il telefono, scrollando Sull per una spalla.«Ehi, ciao. Hai visto Grace?»
«Non l'hai beccata per cinque minuti.» indicò con il mento verso l'interno.«Sembrava stanca. Quel cadavere le avrà dato filo da torcere. E tu, invece? L'appuntamento come è andato? Lei com'era?»
«Il caffè era buono. Scendiamo per le scale? Credo si faccia prima.»
Mi fermò per un gomito, stringendo gli occhi grigi.«Il caffè era buono? Oh Gesù. Allora è andata proprio male.»
«Non così tanto male.» mi arresi, sottraendomi alla presa.«Più o meno. Forse devo solo prenderci la mano.»
«O forse devi lasciar perdere.» mi sbuffò dietro Sull, seguendomi sui gradini.«Sapevo che sarebbe finita così, comunque.»
«Così come?»
Lui non rispose, ma inarcò le sopracciglia, come se lo sapessimo entrambi.

Quando entrai, Coulson alzò la mano.«Buongiorno, ragazzi, come-»
Lo sorpassai e andai verso la porta che collegava all'obitorio, con addosso gli occhi di Kan.
Sentii Sull dire «Non ci pensare, stamattina è un po' schizzato.»
Mi chiusi la porta alle spalle, probabilmente troppo forte, tanto che Grace sobbalzò e posò il bisturi. Si aprì in un sorriso:«Qui qualcuno ha da raccontarmi una serata di fuoc-»
L'afferrai per le spalle e lei si zittì, fissandomi. La studiai e sospirai:«Grazie a Dio stai bene.»
«In che senso? Io non-»
«Niente di cui preoccuparsi» le spostai una ciocca dietro l'orecchio e mi scostai subito, tossicchiando. Guardai il viso della donna, anche se non fu esattamente la migliore delle idee.
«E quindi lei è Greta.»
«A quanto pare», rispose, senza guardarla. Guardava me. Pessimo segno.«Cosa è successo ieri sera?»
Infatti.
«Non è successo niente. La serata è andata... bene.»
«Bene.» ripetè. Io annuii. Inarcò un sopracciglio «Ti ha baciato? Per questo sembri, tipo, una dodicenne snervata?»
Era la scusa perfetta per tirarsi fuori dai guai, ma il criminologo che è in me la pensava diversamente. Alzai gli occhi al cielo «Che relazione c'è fra la mia preoccupazione per il tuo benessere fisico e un mio ipotetico ma inesistente momento con Emma? Insomma, accendi il cervello.»
«... Hai ragione.»
Merda, dovrei imparare a stare zitto.
«Mal, qualcuno mi ha minacciato?»
«È quello che volevo sapere.»
«Scusami? Io sto bene!»
«Sicura? Non è che ti hanno seguita, oppure hai visto qualcosa di...»
Una bussata alla porta, leggera ma abbastanza inaspettata da farci saltare come due molle. Quebert, dall'altro lato del vetro, ci dedicò un'occhiata divertita prima di entrare.
«Non ho potuto fare a meno di interrompere, scusatemi.»
Io rimasi in silenzio, Grace invece si poggiò al tavolo e tirò fuori il suo sorriso migliore, da sfilata ai gala.(per chi non lo sapesse, Grace è figlia di un senatore. Brutto tasto.)
«Non interrompe assolutamente niente, Quebert. Vero, agente Parker?»
«Vero», e feci un sorriso.
Il nostro capo indicò alle sue spalle «Allora credo ci sia un referto ad aspettarci.»

Quando rientrai, Ben era poggiato alla porta a vetri. I suoi occhi scuri incontrarono i miei e sorrise sulla barba leggera.
«Ragazzi, il detective Garcia è qui per darci una mano col caso.» Quebert alzò la mano verso di lui, Ben salutò senza togliere le mani dalla tasca.«Ciao, sono...»
«Il caso di Lake!» Kanan sgranò gli occhi.«Il caso di quindici o sedici fa. Io ero piccola, ma mia mamma se lo ricorda, se lo ricorda eccome. Una grande investigazione, complimenti.»
«Mi è rimasto proprio appiccicato, quindi. Ti ringrazio.» rise appena, ma i suoi occhi si fermarono su di me. Il caso di Lake fu l'ultimo insieme a mio padre, prima della sua scomparsa. Non piace a nessuno dei due.«Dopo Lake, sono passato all'insegnamento. E devo dire che sono stato soddisfatto.»
Una mano si posò sulla mia spalla, l'altra su quella di Grace. Lilith sgranò gli occhi:«Sono suoi alunni?»
«Il detective Garcia è il mio tutore.» specificai, guardando Grace. Lei fissava i suoi risultati, con i capelli davanti al viso, finché Quebert non le domandò di iniziare. Lì si alzò, facendo scivolare via la mano di Ben.
«La nostra vittima è morta attorno alle ventitré dell'undici marzo, e viene ritrovata la mattina del tredici, ossia ieri. Possiamo notare...» un immagine sfarfallò sullo schermo.«Delle punture, in tutta la zona interna del braccio destro. Secondo l'esame, la vittima ha ingerito solo morfina e... biscotti, negli ultimi giorni. Probabilmente, il nostro assassino l'ha tenuta sedata e in vita, fino a qualche giorno fa, l'undici, in cui la dose diventa mortale. In base alle quantità, Greta non si sarà nemmeno resa conto di quello che stava succedendo.»
«Quindi è morta indolore?» Sull si aggiustò sulla sedia, insicuro.
«Più o meno. La morfina è un medicinale dato ai malati terminali per alleviare il dolore. Cadi in uno stato sonnacchioso, ti rendi conto di poche cose.» si rigirò la penna fra le mani, e Quebert inarcò le sopracciglia.«È tutto qui?»
«Oh, no. Non ci sono segni di colluttazione o residui organici sotto le unghie, quindi probabilmente conosceva l'aggressore. Il giorno del dodici, ossia il buco che abbiamo fra la morte e il ritrovamento, è stato usato per... preparare la bambola.»
«Non mi piace questa frase.» mormorò Kanan.
«Non piace dirla nemmeno a me. A quanto pare, le ha fatto le unghie di mani e piedi, poi l'ha ricoperta di cipria e cera d'api e l'ha truccata. Il vestito, secondo gli esami, è cucito a mano. Dovremmo chiedere chi ha comprato questo tessuto negli ultimi giorni.»
«Le ha cucito il vestito?» domandò Coulson.
«Non solo il vestito. Anche i capelli, o meglio la parrucca, è cucita al cuoio capelluto. Eppure, prelevando un campione, i capelli della vittima risultano perfettamente sani, quindi non trovo il motivo del suo gesto.»
«Le conosceva.» interruppe Ben «È per forza così. Immaginate: perché darsi tanta pena per cucire dei capelli se puoi scegliere una vittima adatta a te?»
«Perché voleva che fossero loro.» mormorò Poirot al mio fianco, e io sobbalzai. Non l'avevo visto rientrare.
Gli dedicai un'occhiataccia, prima di sistemarmi sulla sedia.«Lei voleva che Greta fosse la "sua" bambola, e contemporaneamente non rispecchiava un suo desiderio fisico.»
«O un suo modello.» propose Kanan, pianissimo.«Come se... stesse imitando le bambole della collezione, ecco.»
«Magari delle bambole che non può più avere. Così, ha cercato dei sostituti in altre persone, all'inizio passando sopra l'aspetto...» Lilith guardò Grace, che si mordicchiò il labbro e concluse con:
«... e quando non ha potuto avere nemmeno quelle, le ha prese e le ha rese ciò che lei vedeva, come voleva lei. Bambole.»
Ci voltammo tutti verso la foto di Greta, che ci sorrideva truccata e adagiata sulla panchina, con i boccoli biondi lungo le spalle.
Parve quasi ricambiare.

Cronache Gialle: Casa di Bambola Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora