Capitolo III - I Primi Passi?

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<<Figure sfocate e sfuggenti si manifestano nei miei sogni, appaiono e scompaiono, mi chiamano e mi invitano ad unirmi a loro. Non so chi sono o cosa vogliono, so soltanto che dovrei avvicinarmi. Cammino nell'oscurità che mi circonda e che nasconde le figure intente a girarmi attorno, veloci e fugiasche come mosche, ma grandi come colpi di pennello spesso su una piccola tela. Davanti a me si materializza un tavolo abbastanza primitivo, con strani simboli tribali intagliati nel legno, che sembrano richiamare qualche rituale, con un oggetto che sembra ricordare un silo al centro, accerchiato dalle presunte creature fugiasche che mi giravano intorno fino a pochi istanti fa. Prendo posto al tavolo e mi guardo attorno: solo tenebre. Proprio mentre sto per alzarmi, davanti a me si materializza, esattamente com'è successo per il tavolo, un ragazzo magro, con i capelli corti. Il volto è indescrivibile: al posto dei tratti somatici sono presenti chiazze nerastre, tendenti verso il basso, sembravano sciolte, come la cera di una candela nera sotto al sole. Il ragazzo rimane immobile, col suo volto puntato verso il mio, come se mi stesse fissando utilizzando quelle due chiazze circolari al posto degli occhi. Ricambio con uno sguardo attento, mentre la creatura si avvicina, senza muovere minimamente le gambe, come se si stesse muovendo fluttuando. Ormai è a pochi centimetri di distanza da me. Alza la mano, anch'essa sembrava sciolta, la avvicina al mio viso e, nel momento esatto in cui tocca la mia pelle, emette un urlo stridulo che gradualmente si fa sempre più forte, fino alla mia esasperazione.>>

Scrissi ciò sul mio diario dei sogni quella mattina, Venerdì 13 Gennaio 2023. Nonostante avessi preso l'abitudine di scrivere i miei sogni al risveglio da ormai tre anni, usavo il diario di rado, visto che mi capitava altrettanto raramente di ricordarmi i sogni della notte appena passata.

Mi alzai dal letto, ancora scosso dal sogno e, barcollando, mi avviai verso il bagno, uscendo dalla mia stanza e attraversando il corridoio dalle pareti spoglie di casa mia. Entrato nel bagno accesi la luce, era fioca e si rifletteva debole sulle piastrelle bianco latte. Dopo essermi chinato per sciacquarmi il viso, mi rialzai, guardando la mia immagine riflessa nello specchio che, stranamente, quella mattina non mi sembrava poi così inguardabile, come invece mi appariva quasi sempre per via della mia pessima autostima.

Era tutto a suo posto: i capelli castani, spettinati e ondeggianti, arrivavano ad accarezzarmi le spalle, con un ciuffo che mi scendeva sul viso fino a circondare l'occhio destro, arrossato per mancanza di sonno assieme all'altro.
Mi lavai, misi le lenti a contatto con attenzione e uscii dal bagno. Dopo essermi vestito con la mia solita felpa nera di mezza taglia più larga, abbinata con i jeans, presi lo zaino, indossai le scarpe e varcai la porta rinforzata di casa mia, che si chiuse con un fragore assordante che rimbombò per tutta la scala condominiale.

Mentre mi dirigevo a scuola, chiamai Giovanni per parlargli del mio sogno, senza tralasciare alcun dettaglio, e la sua risposta fu entusiasta. A quanto pare, ebbe lo stesso sogno quella notte, con l'unica differenza che il ragazzo che mi urlò contro non lo fece nella sua versione. Quella conversazione mi distrasse da un mio vizio che si manifestava ogni mattina: disprezzare le masse di ragazzi ostinati a seguire le mode, facenti parte di un pensiero comune e rasentando la morte dell'individualismo, di cui tanto mi ero fatto portavoce ma che, da lì a poco, avrei abbandonato anch'io per via del mio retaggio.

Durante le tipiche sei ore scolastiche, Giovanni non proferì parola su qualunque cosa potesse riguardare le sue visioni, i casi paranormali di cui parlavano i file che mi aveva inviato e nè tantomeno sulla sua richiesta di indagare a proposito di essi. Ci limitammo a parlare del più e del meno per sfuggire al pesante senso di noia che le lezioni del professor Taikutsu lasciavano agli studenti.

Al suono squillante della campanella dell'ultima ora però, Giovanni si girò verso di me e, con uno sguardo intenso, mi disse sottovoce:"Tra mezz'ora incontriamoci da Wok Two, sai, il fast food cinese in Via Nuova.", provai a replicare ma mi interruppe subito:
"Non fare domande, ti basta soltanto sapere che è per le indagini!" e si alzò, scomparendo nuovamente tra la folla. Entrai anch'io nell'ammasso informe di studenti, uscendo poco dopo, come una cellula figlia nella fase di scissione con la cellula madre.

Society's Paranormals [In Riscrittura] Where stories live. Discover now