III

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«Non capisco perché ti interessi tanto la mia opinione. Qualsiasi cosa io dica, il sigillo dovrà tornare al proprio posto. Oppure vuoi il permesso per marchiarmi di nuovo?»
L'enfasi ironica della domanda venne accentuata dal modo in cui il Tanuki scomparve sotto l'asciugamano, sfregandolo sulle orecchie e i capelli ancora bagnati. Yoongi, dalla sua postazione sulla poltrona, avrebbe voluto urlare di frustrazione.
«Non ho la forza di discutere con te adesso. Volevo solo sapere se conoscessi un modo più efficiente... e magari meno doloroso di un'incisione.»
«La verità è che non vorresti di nuovo coinvolgere il mago in questa storia.»
Jimin sputò la sua sentenza col volto ancora coperto e Yoongi dovette dominare l'impulso di soffocarlo con quel dannato asciugamano.
Contro ogni più rosea previsione del padrone di casa, che si era augurato di trovarsi a letto già da un pezzo, i due coinquilini del 52 di Halville, dopo il bagno, erano tornati dritti in salotto. Yoongi aveva lanciato la coperta gialla su un Jimin ancora fradicio, gettandolo come un fagotto sul tappeto, mentre lo assicurava al termosifone e poi si prendeva un lungo, devastante minuto di solitudine in cucina, per poter impazzire senza essere giudicato dagli occhi verdi del demone. Si era accorto che anche lì, ai piedi del tavolo e alla base del frigorifero, piccoli spruzzi di spore dorate coloravano la moquette come lividi; erano quelle cadute dai suoi vestiti, nei giorni precedenti. Averle addosso non gli era mai sembrato problematico: si cambiava sempre prima di uscire, per non portarsi dietro l'odore, e ritrovarle di tanto in tanto sotto le suole era più che normale, considerato che l'incantesimo di Jin non aveva forza permeante assoluta.
Non aveva mai ritenuto possibile che l'eccesso di spore per casa fosse da collegarsi alla lenta sparizione del sigillo e, quindi, ad un indebolimento dell'incantesimo stesso.
"E non ti eri neanche mai dato la pena di controllare che tutto fosse a posto, eh?"
Sì invece, aveva controllato! Teneva gli occhi fissi sulla pentola come un cocainomane che osserva la sua polverina adagiarsi lenta ed ordinata sul tavolo, spaventato ma anche eccitato dalla sua lucentezza. Negli ultimi giorni, poi, la piccola duna di sabbia dorata era cresciuta più in fretta, stimolata dall'aumento delle ore d'aria del Tanuki, dalla buona carne servitagli, o semplicemente perché il picco del calore si andava avvicinando. La trionfante consegna dei cinquecento grammi previsti, avvenuta qualche giorno prima, aveva distolto Yoongi dalla sua preoccupazione principale: il tempo.
E adesso si ritrovava a pagare il prezzo della sua negligenza. Scolata una birra, fumata una sigaretta e mandato un messaggio a Jin, era tornato nel salotto per fronteggiare il suo prigioniero, desiderando che si trasformasse, per quella sera, in un suo alleato. Ma Jimin si stava divertendo troppo per lasciarsi contagiare dall'ansia del suo sfruttatore: il rallentamento dei suoi piani non era cosa che lo riguardasse. Il massimo che poteva fare era godersi lo spettacolo offerto da un karma schieratosi col proprio desiderio di vendetta.
«In realtà, dovrebbe interessare anche te che il sigillo funzioni» Yoongi parlò con il tono indisponente della stanchezza, sfregandosi le tempie. «Prima finiamo di raccogliere le spore, prima potrai andare via.»
«Ah che padrone magnanimo.»
«Come hai fatto a non accorgerti che la cicatrice stava sparendo?»
«Qui in giro non ci sono specchi. E io non ho ancora gli occhi dietro la testa.»
«Ah ah. Questo brillante senso dell'umorismo dev'essere tipico di voi demoni, vero?»
Finalmente Jimin riemerse dal quadrato di spugna bianca; era ancora a torso nudo, seduto sul tappeto, con la coperta legata ai fianchi a fargli da gonna, come una bizzarra divinità olimpica catapultata per sbaglio nella squallida banalità del mondo umano. L'assalto dell'altro gli fece inclinare la testa e stringere le labbra, cosa che succedeva quando non era pronto a ribattere.
«Non so come siano gli altri demoni, né tanto meno i Tanuki. Ma penso dipenda dal numero di volte in cui si è stati inseguiti, catturati o torturati. O anche evocati nei pentacoli e agli incroci. Ogni situazione richiede delle competenze speciali. E se non ce le hai, o perlomeno non fingi di averle, bè...»
La sua voce si spense. Yoongi si alzò dalla poltrona, sentendo già la rabbia colare via.
«Ti era già successo, vero?»
«Di essere catturato?» Jimin stiracchiò le dita del piede destro, agganciato alla catena. «Diciamo di sì. Mi dispiace se credevi di essere stato il primo.»
«Pensavo solo che non fosse così semplice incrociare un Tanuki. Gli ultimi avvistamenti risalivano a decenni fa.»
«Gli ultimi avvistamenti registrati» lo corresse il demone. «Non mi pare che tu sia andato a denunciare la mia presenza a qualcuno, o a fare richiesta ufficiale per avermi come famiglio. È così che ragiona anche la maggior parte dei cacciatori. Attirare l'attenzione su una preda tanto ghiotta potrebbe essere pericoloso, tu dovresti saperlo.»
L'intoccabile evitò il suo sguardo, iniziando a misurare a lunghi passi i cinque metri quadrati del salone.
«Io non sono un cacciatore» ribatté, perentorio. «Sei stato tu a venirmi praticamente addosso.»
«In effetti, ammetto di averti sottovalutato. Insomma, essere inseguito da un intoccabile...»
Jimin ridacchiò con impertinenza, figlia del senso di superiorità che l'essere prigioniero non aveva piegato. Ma Yoongi riuscì a scorgere anche qualcos'altro sul suo viso: uno sputo di vergogna, forse, l'ombra di un senso di colpa; qualcosa che, affrontando i suoi nemici esperti e incalliti, negli anni precedenti, non aveva mai provato. A loro, insieme all'odio, riservava il rispetto. A Yoongi, che era riuscito ad avere la meglio per caso, cosa sarebbe toccato?
«Che ne è stato degli altri cacciatori? Come hai fatto a sopravvivere?»
Jimin aggrottò la fronte. Sentiva che la domanda nasceva da una curiosità sincera e la cosa risvegliò in lui uno stupore sospettoso.
«Come ho fatto?» ripeté quindi, accarezzandosi il mento. «Non di certo grazie alla gentilezza dei miei carcerieri. Ma forse grazie alla loro stupidità, sì.»
Yoongi sogghignò. Non si era aspettato niente di diverso da lui: una risposta come una carta da gioco bianca, inutile tra il nero delle picche e il rosso dei cuori, ma con margini abbastanza affilati da tagliare chiunque avesse voluto afferrarla.
«È il tuo modo per dirmi che riuscirai a scappare perché sono troppo gentile o perché sono troppo stupido?»
«Mmm l'una non esclude l'altra.»
«Perché non l'hai ancora fatto, allora?»
«Tu perché non mi hai ancora tagliato la coda?» il quesito di Jimin arrivò a tradimento, amaro come il tono che aveva usato per lanciarlo. «Vedi? Ci sono domande a cui non è facile trovare risposta.»
Yoongi sbuffò. Odiava parlare con quell'essere: ogni loro conversazione, per quando blanda e superficiale, finiva per lasciarlo spossato, con le spalle al muro. Era colpa della proverbiale astuzia dei demoni, di cui tutti parlavano? Con Hope non l'aveva mai sperimentata.
Il ragazzo decise di difendersi con il silenzio, lanciando un'occhiata nervosa all'orologio, senza smettere di camminare, come un robot aspirapolvere che pulisce sempre lo stesso angolo di pavimento, cozzando continuamente contro le pareti della stessa stanza. Perché non aveva tagliato quella dannata coda, come probabilmente avevano fatto tutti gli esperti cacciatori che erano riusciti miracolosamente a mettere le mani su un Tanuki? Quante delle scarne informazioni sui Tanuki, rinchiuse in libri ammuffiti, pergamene sigillate e tavolette crepate erano state riversate lì da maghi che li avevano effettivamente posseduti, torturati, privati della loro fonte vitale?
Yoongi lanciò un'occhiata a Jimin: la coda fluttuava sulla sua testa, appariscente e maestosa, resa vaporosa dal sapone e dall'acqua. Magnifica. Forse era stato questo ad attirare gli umani verso di essa: non la curiosità o la sete di potere, ma l'amore per la bellezza, lo stesso sentimento che porta a recidere un fiore dai colori brillanti, pur sapendo che questo ne causerà la morte. Lo strano desiderio di possesso che anche Yoongi adesso provava, osservandola: avrebbe voluto toccarla.
Fu Jimin a farlo, invece, portandosela sulle gambe per pettinarla: si leccò le dita e poi le immerse nella massa di peli con un sussulto. Anche la mente di Yoongi allora sussultò, come una porta che viene aperta da un colpo improvviso.
«Sei stato tu» sussurrò, interrompendo finalmente la sua camminata nevrotica. «Hai leccato la ferita, per questo è guarita così in fretta.»
Il Tanuki distolse l'attenzione dalla sua toelettatura, per puntarla su di lui.
«Allora qualche libro l'hai letto, in questi giorni.»
Yoongi imprecò tra i denti, incassando il colpo stizzito. Non poteva dargli torto; per essere un intoccabile che si era ritrovato tra le mani una specie quasi estinta, non si era dato la pena di fare le dovute ricerche. Dopo la stipula del contratto con la donna-serpente, però, aveva rispolverato qualche vecchio manuale scolastico e visitato qualche biblioteca, per capire se avrebbe potuto velocizzare la produzione delle spore. I Tanuki erano rari da trovare anche nelle pagine dei libri e, quando finalmente apparivano, i loro contorni erano sfumati, incerti come le ipotesi fatte sulla loro esistenza o sui loro poteri. Solo in uno dei testi consultati da Yoongi il loro nome era stato inserito nell'elenco dei demoni con capacità curative, una scelta che l'autore si era premurato di definire "non completamente fondata". Forse ora l'intoccabile aveva l'opportunità di confermare la teoria di quel vecchio studioso.
«Allora è vero?» chiese, esaltato. «La vostra saliva ha proprietà curative?»
Le labbra di Jimin si incurvarono in un ghigno mellifluo.
«Anche se fosse, perché avrei dovuto usarla contro il sigillo? Prima finiamo di raccogliere le spore, prima mi lascerai libero. Sei stato tu a dirlo.»
«Beh sarebbe naturale se tu non ti fidassi di me!»
«Già, come tu non ti fidi di me. Anche se io non ti tengo legato ad un termosifone.»
Jimin si strinse nelle spalle e riprese a pettinarsi, abbandonando di nuovo Yoongi in un vicolo cieco: il suo modo di ingarbugliare i discorsi, senza mostrare mai una cima da tirare per poterli sciogliere, era qualcosa di decisamente demoniaco.
Ma di cosa avrebbe potuto fidarsi Yoongi? Dell'infantile viso da bambino, maschera di anni di soprusi? O delle parole ambigue, sempre contraddette dal tono con cui venivano pronunciate, come una canzone d'amore suonata sulle note di una messa da requiem? E, in effetti, quale fiducia avrebbe potuto pretendere lui? Aver risparmiato la vita di quell'essere, concedendogli di tenere ciò che già era suo di diritto, non lo rendeva granché affidabile. Ma neppure totalmente detestabile.
«Potresti fidarti del fatto che non voglia ucciderti» sospirò quindi l'intoccabile, perché la sua clemenza disinteressata esigeva un minimo di riconoscimento.
Per l'ennesima volta, il Tanuki lo guardò, ma adesso nei suoi occhi non c'era traccia d'ironia.
«A volte le circostanze ci impediscono di fare ciò che vogliamo, anzi, capita più spesso che ci costringano a fare esattamente l'opposto. Perciò non posso fidarmi di un tuo desiderio o di una tua promessa, intoccabile. E tu non puoi fidarti della mia parola. Fa ciò che devi con me, e io farò ciò che posso per contrastarlo. Sei stato tu a creare questo gioco, adesso rispettane le regole.»
Il demone non aveva mai parlato così tanto e così seriamente. Forse avrebbe anche potuto continuare, lasciando specchiare Yoongi nelle sue parole, rivelandogli quanto incerta ed ipocrita fosse la sua tattica. Sì, avrebbe potuto, perché Yoongi aveva bisogno di sentirselo dire, di guardarsi da fuori per capire come diavolo gestire il caos all'interno, e quindi l'avrebbe lasciato parlare, l'avrebbe ascoltato.
Invece, il Tanuki serrò le labbra e drizzò le orecchie, inspirando a fondo un odore che l'altro non poteva percepire.
Il colpo alla porta arrivò poco dopo.
Yoongi trasecolò. Non aspettava nessuno e l'orario tardo non lasciava presagire niente di buono. Invece di accostarsi allo spioncino, si diresse verso Jimin.
«Vieni, ti riporto di là.»
Ai pugni iniziali si aggiunse uno scampanellio.
«Di là? Perché? Non vuoi farmi parlare con i tuoi amici?»
«Non fare l'idiota, potrebbe essere pericoloso.»
«Oh, quindi adesso ti preoccupi per me?»
«Yoongi!»
Il sussurro oltre la porta bloccò la mano dell'intoccabile, a metà strada tra l'aprire il lucchetto della catena e assestare una sberla al Tanuki.
«Yoongi, lo sappiamo che sei lì. Apri!»
Il ragazzo imprecò, fiondandosi nell'ingresso con la carica datagli dalla sorpresa.
«Kim Seokjin, tu sei un completo idiota!»
Accolse così lo stregone che si infilò nel suo appartamento, me dovette trattenersi dall'insultarlo ancora, perché dietro di lui comparve anche Hope.
«Sono stato io ad insistere per venire.» L'ibrido lupo lo disse con parsimoniosa freddezza, mentre si chiudeva la porta alle spalle e lanciava uno sguardo inorridito al centro del salotto. «Che significa questo?»
«Perché sono nudo, intendi?» rispose Jimin, un sorriso amabile sul volto e le orecchie basse in segno di sottomissione. «Oh il tuo intoccabile mi ha fatto fare il bagnetto, da bravo padroncino. Mi tratta molto bene, vedi, come un cagnolino addomesticato. Esattamente ciò che gli avevi chiesto di fare, non è vero? Dev'essere questa la massima aspirazione nella vita di voi famigli: fare da animali domestici.»
Hope non rispose alla provocazione, ma i suoi occhi si incupirono, mentre scopriva i denti.
«Andiamo di là.» Jin lo afferrò dalle spalle, impegnandosi a fondo per non guardare il Tanuki. «Yoongi, ho detto andiamo!»
L'intoccabile sospinse i suoi ospiti in cucina come un cane pastore che tenta di proteggere due pecore dall'attacco di un branco di lupi. Per fortuna, il Tanuki era solo uno, e chiudere la porta della cucina bastò a dare a quel gregge striminzito una parvenza di sicurezza, o comunque a raggiungere un livello tale di intimità da permettere al cane di abbaiare contro gli ovini rintontiti che aveva di fronte.
«Cosa cazzo ci fate qui? Jin, ti avevo espressamente vietato di mettere ancora piede in questa casa prima che la storia del Tanuki fosse finita!»
«Ma il tuo messaggio...»
«Il mio messaggio un cazzo! Ti ho solo chiesto quali potessero essere le cause della sparizione di un sigillo. Non potevi rispondere e poi tornare a bere champagne con tua madre?»
«Credi che la casa sia sorvegliata?»
La domanda di Hope pose fine alla sfuriata. Yoongi lo fissò con gli occhi fuori dalle orbite e il petto tremante. «Perché me lo chiedi? Hai notato qualcosa?»
«Sto notando adesso la tua reazione da pazzo. Questi incantesimi ti stanno facendo perdere la testa.» Il famiglio sedette al tavolo con calma stizzita. «Nel caso qualcuno ti stesse spiando, non potresti fare nulla per tenerci fuori da questa merda ormai, avresti dovuto capirlo già settimane fa. Adesso, dato che ci siamo sbattuti per venire fin qui, nonostante le nostre divergenze d'opinione sulla questione, tu ci spiegherai che cazzo succede, accetterai il nostro aiuto e ci ringrazierai per averti salvato il culo.»
Lo sfogo di Hope era stato di gran lunga più eloquente e accorato dell'aggressione di Yoongi e fu seguito da un fischio d'approvazione, proveniente dal salotto.
Jimin poteva sentirli.
«Dovremmo... insonorizzare di nuovo la stanza, che dite?» Jin si fece avanti timidamente, come un bambino che assiste, suo malgrado, ad una litigata violenta tra i genitori. Gli altri due non risposero, ma lui procedette comunque, appoggiando le mani sulla porta e chiudendo gli occhi, mentre il suo famiglio incalzava di nuovo: «Allora, qual è il problema stavolta?»
Yoongi si stravaccò sulla sedia più vicina. Raccontò di come il marchio sulla schiena di Jimin fosse ormai quasi del tutto scomparso, del fatto di essersene accorto per caso, senza interpretare l'eccesso di polvere in giro per casa come un campanello d'allarme, e di come non potesse permettersi una diminuzione del ritmo di raccolta a due giorni dalla terza consegna.
«Sei davvero senza speranza.» Lo sguardo di Hope grondava biasimo quanto le sue parole. «Rischi la pelle mettendoti in affari col più grosso contrabbandiere dell'area est, metti in pericolo la vita di un altro essere, trattandolo come un animale d'allevamento, e non ti dai neanche la pena di controllare che stia filando tutto liscio?»
«Di solito non mi piace ordinare alle persone di spogliarsi per guardargli il fondoschiena...»
«Oh quindi adesso è colpa della tua fobia umana per la nudità e non della tua immane idiozia?»
«Non importa.» Seokjin, da figlio intraprendente, si intromise nella disputa genitoriale. «Non è neanche un problema così grave, immaginavo sarebbe successo, quindi mi sono preparato.»
Si mise la mano in tasca e ne rovesciò il contenuto sul tavolo: un anello di ferro, grande quanto il palmo di una mano, ricadde sul legno. All'interno del cerchio principale, altre lingue di metallo più sottili si univano in forme aguzze e taglienti: erano rune.
«Un sigillo?» Yoongi sfiorò l'oggetto, strabiliato. Era perfetto: la dimensione, la distanza tra le rune, ogni singola connessione e giuntura, un'opera scolpita minuziosamente da mani ferme ed abili. O da incantesimi infinitamente complessi. «L'hai fatto tu?»
Jin gli rivolse un sorriso imbronciato. «So che non mi ritieni molto capace, ma non potevo coinvolgere qualcun altro in questa storia, giusto?»
Era più che giusto.
Yoongi si afflosciò sulla sedia, schiacciato dalla vergogna. Lui li aveva coinvolti, sottovalutando l'entità di ciò che si era messo in testa di fare. Lui li aveva sfruttati, abbonandosi alla filosofia del minimo indispensabile, preoccupandosi quel tanto che bastava per arrivare a fine giornata, mentre Jin prevedeva le difficoltà al posto suo, lavorava in segreto per lui, rischiava la reputazione e la vita per presentarsi a casa sua e aiutarlo.
L'intoccabile lasciò cadere il sigillo di ferro sul tavolo.
«Non me lo merito proprio.»
Jin annuì. «Lo penso anche io, ma decideremo dopo come potrai farti perdonare. Ora ci serve solo un sonnifero e del Fuoco Bianco. Le proprietà eterne della fiamma saranno veicolate dal metallo alla pelle del Tanuki. Un marchio del genere non può essere intaccato da capacità rigenerative naturali, che risiedano nella pelle, nella saliva o in altre ghiandole che l'inibitore non riesce a sedare.»
«Stai iniziando ad esprimerti come Kookie.» Hope sospirò pesantemente. «Quel ragazzino ti ha fottuto il cervello.»
Yoongi invece si alzò, riprendendo in mano il sigillo. «Farà male?» volle sapere.
«Parliamo di un marchio sempiterno. Non sarà una passeggiata.»
«Allora ci serve qualcosa di più di un sonnifero» l'intoccabile strinse le labbra. «Voglio un filtro di desensibilizzazione.»


Shine on me (completa)Where stories live. Discover now