18- Mi perdo

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Imbarazzata fino alla punta delle orecchie, guardo il mio piatto pieno di frutta fresca e crêpes al cioccolato.
Questa notte non solo ho dormito a casa del mio capo, ma ho riposato come non mai negli ultimi anni.
Questa mattina la governante mi ha bussato alla porta, portandomi le scarpe col tacco rimaste in giardino ieri sera, e qualche capo d'abbigliamento acquistato appositamente per me da parte di Artur.

Quest'ultimo mi è seduto difronte, occhi fissi sul vestito che ha scelto questa mattina, quando è uscito per fare shopping.

«Ti piace il vestito, Clarissa?»
E spezza il silenzio con questa domanda, ed io quasi mi affogo dalla sorpresa.
Alzo i miei occhi e subito incontro i suoi, chiari e azzurri come un cielo sereno privo di nuvole.

Annuisco mentre deglutisco un boccone, poi, punto alla caraffa che contiene una fresca spremuta d'arancia.
Il mio capo però mi precede; afferra il recipiente per poi versare il liquido nel mio bicchiere.
«Bevi, Clarissa»
E giuro su Dio che se non si toglie questo vizio di comandarmi, un giorno, lo manderò letteralmente a quel paese.
Arrogante.
Anche se, comprarmi una montagna di vestiti è stato un gesto dolce e gentile.

«Volevo ringraziarti, non c'era bisogna che mi comprassi tutti quei vestiti»
Gli faccio notare, e nel mentre tiro giù un sorso di succo.
«Non c'è di che, dato che dobbiamo uscire non avevi modo di andare a casa a prepararti».

Posa la tazzina di caffè sul tavolo, ed io mi perdo a guardare ogni dettaglio di quest'uomo.
È seduto con una compostezza disarmante, la camicia bianca che aderisce perfettamente al suo torace scolpito,le spalle possenti e muscolose.
Le maniche della camicia sono arrotolate negli avambracci, tesi e sollevati per sfogliare il giornale a cui sta dedicando le sue attenzioni.
Le labbra rosee, leggermente dischiuse, e quegli occhi favolosi... quelle iridi che si muovono a destra e sinistra mentre leggono chissà cosa.

Mi perdo, ogniqualvolta lo guardo, io... mi perdo.

Mi perdo mentre penso a cosa mi nasconde, mi perdo mentre penso a cosa io significhi per lui.

Mi perdo in lui, per lui.

Mi perdo senza sapere se in realtà sto andando avanti, oppure è solo una semplice illusione.

«Hai finito di farmi le lastre, Clarissa?»
E mi affogo ufficialmente, mentre Artur si alza di scatto per poi battermi una mano sulla schiena.

Mi versa velocemente un bicchiere d'acqua, il quale afferro per poi berne grandi sorsi.

«Non-»
Prendo fiato
«Non ti stavo facendo le lastre, dannazione»
Brontolo mentre riprendo aria per colpa della forte tosse.
Il mio capo, in tutta risposta, si siede un po' troppo vicino a me.
Non mi volto, so di averlo a un palmo dal naso e non sono psicologicamente pronta ad averlo così vicino.

Non dopo avergli dato un bacio, del tutto accidentale, su l'angolo della bocca.

Dunque, guardo il mio vestito mentre sento il suo sguardo rovente su di me.
E avvampo appena noto il reggiseno di pizzo rosa uscire dalla scollatura dell'abito.

Di riflesso porto una mano sul petto, poi spalanco gli occhi e alzo il viso verso di lui.

E dannazione, non dovevo proprio farlo!

Il mio capo è lì, a due centimetri da me.
Occhi fissi nei miei, un'onda azzurra si schianta contro le coste delle mie iridi, mozzandomi il fiato al centro del petto.
Dove i polmoni si contraggono per colpa del cuore che minaccia di uscire dal mio corpo.

E ogni strato della mia pelle vibra e urla a gran voce di saltargli addosso quando il suo fiato mi solletica le labbra, facendomi capire che siamo veramente troppo vicini.

OMG! #NONNAPINAONLINEOù les histoires vivent. Découvrez maintenant