prologo

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Le foglie, una dopo l'altra, cadono ondeggiando nell'aria e creando un'armoniosa danza tra i caldi colori dell'autunno.

La neve, fiocco dopo fiocco, cade andando a ricoprire con il suo dolce manto bianco alberi, case, colline e, alle volte, anche cuori per renderli gelidi, segno dell'arrivo dell'inverno.

I fiori, petalo dopo petalo, si aprono, sbocciano, rinascono dopo un periodo di ghiaccio e brina, lasciano nell'aria un delicato profumo di primavera.

Il sole, raggio dopo raggio, scioglie la brina, scalda, illumina, porta con sè una brillante luce che illumina a sua volta gli animi rendendoli più caldi e angelici come l'estate che prospetta.

Così le stagioni si susseguono, si fanno da parte, affievoliscono per dare spazio a ció che viene dopo, eppure accettano il fatto di alternarsi per causa di una forza maggiore, il tempo.

Eppure non sono prepotenti, egoiste, non pretendono di rimanere, lo accettano.

E così facciamo noi, esseri mutevoli.

Sappiamo di non poter pretendere di rimanere sempre gli stessi, accettiamo il fatto di essere soggetti al divenire, accettiamo di dover cambiare, di doverci in un certo senso trasformare.

Vi svelo però un segreto, per quanto le stagioni siano sempre le stesse, non è mai capitato di vedere in un autunno le foglie cadere sempre allo stesso modo, oppure in una primavera i fiori sbocciare sempre uguali nel preciso punto in cui lo avevano fatto in precedenza.

No.

Noi siamo stagioni, sempre diverse, eppure sempre uguali.

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