E quindi...

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E quindi, direi, niente.

Sono Sonia Carelli, ho ventisette anni, laureata in scienze infermieristiche col massimo dei voti e un brillante tirocinio nella residenza-per-disabilità-psichiche "Dopo di noi – Casa Villa Sole".

Il mio lavoro, che poi sarebbe fare l'infermiera, mi piace.

A Villa Sole ci sono rimasta anche dopo il tirocinio, con un foglio di carta del cazzo: un contratto a tempo indeterminato. Non fraintendetemi: posto fisso, soldi tanti... una miracolata.

Teoricamente, una miracolata.

In questo momento, però, ho una curiosa domanda in testa: le parole tempo e indeterminato suonano inquietanti solo per me?

Evidentemente è colpa della notte in bianco che mi ritrovo buttata sulle spalle.

Oddio... forse anche del brusco risveglio dopo la solita, fantastica scopata delle due e mezzo con Marco - ventinove anni, guardia giurata, assunto due mesi fa per proteggere la struttura da ladri e tossicodipendenti in crisi di astinenza.

Più di tutto, però, credo sia anche merito della mazza da baseball che ho in mano e del sangue che macchia i miei occhiali di sicurezza, dipingendo il mondo in un'inquietante livrea tigrata sui toni del rosso.

Oh, sì, anche colpa del cadavere di Linda Buozzi: supino, ai miei piedi, il vestito buono irrimediabilmente macchiato di rosso bruno, collant scuri smagliati, tacco destro - basso - scollato.

Linda Buozzi ha la testa sfasciata; il sangue le cola via, fuori, distratto. Piove sul pavimento, coprendo le piastrelle come un lago che ha esondato.

Linda Buozzi: settantadue anni, pensionata, vedova e senza parenti prossimi. Linda Buozzi, la signora della suite quattro. Sulla cartella clinica, una diagnosi validata di Alzheimer precoce, complicata da uno stato depressivo parecchio pronunciato e dall'inesauribile voglia di farla finita che la sconvolgeva, a ondate, ogni volta che la lucidità prendeva il sopravvento. Un caso tosto, non c'è che dire!

Linda Buozzi non s'è ammazzata, però.

A essere sinceri, Linda Buozzi non l'ho nemmeno uccisa io. Tecnicamente, almeno. Giuro!

La signora è rimasta vittima di quello che è sembrato un infarto fulminante solo ieri pomeriggio. Parola di perizia del medico che ha provato a rianimarla per trenta minuti, col defibrillatore che ripeteva la solita litania metallica digitale: "Polso assente, circolazione assente, procedere a nuova scarica".

Dai video delle telecamere di sicurezza tutto torna, pur restituito nella gelida forma delle immagini spuntinate. Io, con la morte della Buozzi, non c'entro nulla. Sia chiaro!

Guardiamole, queste immagini, no? Vedete? La signora percorre il corridoio della zona notte verso le scale con una delle psicologhe tirocinanti, Anna Marino. Sì, quella accano a lei, in camice bianco, è una psicologa tirocinante della struttura: Anna Marino.

La signora, sempre lei, la Buozzi, si ferma un attimo. Vedete? Porta una mano al petto, come a grattarsi un fastidio sotto il reggiseno. Dice qualcosa alla ragazza.

La signora, poi, riprende a camminare, un po' più incerta, verso le scale. Si ferma di nuovo un attimo, rivolge ancora qualche parola alla Marino e inforca la rampa, cominciando a scendere al piano terra, verso gli ambienti comuni.

Si ferma di nuovo, quasi alla fine della scala. Corre con entrambe le mani allo sterno, china la testa, piega leggermente le ginocchia. Ecco! Visto? La ragazza di fianco si avvicina, la avvolge in un abbraccio. Pochi attimi dopo la vede afflosciarsi tra le sue braccia.

Dopo di noi - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora