Un colpo solo a volte non basta.

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Non la smette, non vuole saperne.

Vincenzone continua a tempestare la porta di colpi. L'avrebbe già buttata giù se fosse riuscito a mettersi in piedi. Di questo sono più che sicura. La porta del bagno l'ha fatta volare spalancata in meno di cinque minuti.

Ho un punto a mio favore, di sicuro: non si regge in piedi e non può essere rapido e veloce come me. Ha un punto a favore: pesa centoventi chili ed è dietro l'anta di una porta che si apre verso l'interno. Sognarmi di riuscire a spalancarla e centrarlo in testa è una pia illusione.

Provo a vedere cosa succede se gli parlo.

"Vincenzone... oh Vincenzone..."

La voce sovrasta i suoi colpi. Si ferma un attimo, reagisce allo stimolo sonoro. Lo sento ansimare e grugnire dietro l'acciaio e le resine. Ha smesso di colpire. Ed è già qualcosa. Mi metto in piedi, di fronte al vetro e se guardo giù riesco a vedere la sua schiena, il sedere sguaiatamente per metà fuori dai pantaloni.

In terra c'è sangue, tanto sangue. Una scia di spruzzi e goccioloni che parte dal bagno e arriva fin lì, per spandersi. Parte del liquido rosso è schizzata sui vetri; deve aver provato a issarsi facendo presa sulle cornici degli oblò.

Continuo a parlargli per distrarlo mentre lentamente provo a far scattare la serratura. Mi dico che se ha abbassato le difese e la tensione, se smette di aderire contro la porta colpendo e colpendo, forse riesco ad aprirla quel tanto che basta a fare qualche passo indietro, lasciarlo uscire e sparare.

E' la soluzione più opportuna.

Voi che dite?

So già che tutti avete un metodo migliore, c'è qualcuno di voi che sta gridando all'idiota che come al solito non sa cosa fare. Vi giuro, ve lo giuro davvero. Vorrei essere al vostro posto, ora.

Vi dico di più, ma non me ne vogliate: se quel che sta succedendo qui, come credo, sta accadendo in ogni angolo di questo pianeta del cazzo, sono sicura che, con buona approssimazione, non siete in condizioni molto diverse dalle mie.

Ci sentiamo stasera per la conta e vediamo, davvero, quanti saranno i sopravvissuti, i campioni, i geni!

La serratura scatta, una, due, tre volte. Nel mentre, continuo a ripetere il nome della bestia che dall'altra parte, per tutta risposta, a grugniti, non la smette di farmi capire quanta fame abbia, quanta voglia abbia di infilare quei denti dentro di me.

Tiro giù la maniglia.

Quell'omaccione morribondo e affamato non se ne accorge neppure. Spingo, dopo qualche millimetro il suo corpo blocca il movimento. Serro la mano attorno al calcio della pistola fino a farmi diventare le nocche e le dita bianche.

Dito lontano dal grilletto, sicura disinserita.

Ripeto l'operazione, un passo più indietro. Niente.

Tengo giù la maniglia, sferro una pedata al battente destro. La porta va indietro sensibilmente, forse perché Vincenzone si era fatto solo un attimo più indietro.

Il metallo lo colpisce, lui grugnisce più forte.

Intravede la distanza vuota tra un battente e l'altro, ci infila le dita, si suona la porta sulla testa o sulla spalla, non so. Dal lato della destra, infilata nella fessura, gronda sangue; si deve essere spaccato le mani a furia di colpire e colpire e colpire senza provare dolore.

Do un altro calcio e tengo sempre la pistola puntata all'altezza di dove posso pensare di intuire ci sia la testa di quell'affare schifoso. La porta si muove di nuovo indietro e lui ci infila meglio la mano, la serra con sicurezza, forte. Sembra la mia, stretta attorno al calcio della pistola. La tira indietro. Si colpisce una, due, tre volte.

Dopo di noi - Volume 1Where stories live. Discover now