Caccia selvaggia

2.6K 88 11
                                    

6. CACCIA SELVAGGIA

The hole in my chest, it twists like a knife
Taking over my body, taking over my life.
I can’t thinking of nothing, no one else gonna do
I’m haunted by the living, yeah.”
(The Longing, Imelda May)

Il giorno dopo
Finn non si capacitava del numero spropositato di libri presenti nella camera di Diana. Lui aveva letto alcuni di quei volumi, altri non li aveva mai visti, altri ancora erano nuovi. La sera prima lui e Michael avevano accompagnato Diana e Jalia a Londra per allontanarle dalla furia di Bobby Kimber, e lui era rimasto a dormire sul divano per precauzione. Al suo risveglio la signora Miles gli aveva offerto biscotti e the, lui aveva spazzolato tutto e poi si era messo a girovagare per casa.
“Finn!” esclamò Diana uscendo dal bagno già vestita di tutto punto.
Le lunghe trecce castane erano legate da sottili nastri azzurri.
“Io … ehm … volevo prendere un libro.”
Diana stava per replicare quando dalla porta fece capolino la testa di Milos.
“Buongiorno, principessina. Ti sono mancato?”
“E tu che cazzo ci fai qua?” chiese Finn, irritato dalla presenza dell’altro ragazzo.
Milos lo ignorò, lo superò e andò da Diana per lasciarle un bacio a stampo sulla bocca. La ragazza arrossì e si toccò le labbra con le dita.
“Qualcuno vuole una tazza di the? Latte? Biscotti?”
Diana si precipitò in cucina con i due ragazzi al seguito, desiderava essere risucchiata da una voragine nel pavimento piuttosto che sopportare quel supplizio. Jalia quasi sputò il the quando vide il trio entrare nella stanza.
“Milos, perché sei qui?”
Milos si sedette sul tavolo, incurante degli stivali che disseminavano fango sulle sedie, e rubò una mela dalla cesta.
“Perchè così mi ha ordinato Johnny Dogs. E anche perché voglio proteggere la mia Diana.”
Il the che Finn stava bevendo si era fatto di colpo amaro, perciò abbandonò la tazza nel lavandino.
“La tua Diana? Passate parecchio tempo insieme voi due.”
“Sì. – disse Milos – Abbiamo passato una bellissima giornata al museo. Tu sai cos’è un museo, Finn Shelby?”
Diana si infilò in bocca due biscotti per non parlare, in fondo parlare con il boccone era un gesto di maleducazione.
“E’ il posto dove stanno le cose … antiche.” Disse Finn.
Milos scoppiò a ridere.
“Sei proprio ignorante.”
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Finn colpì Milos con un cazzotto facendo cadere  a terra la cesta di frutta.
“Mettitelo in quella fottuta testa: Diana non è la tua principessa!”

Tommy cercava ad ogni costo di non muoversi per non svegliare Amabel che dormiva fra le sue braccia. Il letto era piccolo ed erano costretti a stare attaccati, non che gli dispiacesse, però lui non ce la faceva più a starsene con le mani in mano. Sospirò.
“Brontoli già alle prime luci del mattino?”
Senza aprire gli occhi, Amabel si voltò e poggiò la testa sul petto del marito. Con i polpastrelli segnava il contorno dei tatuaggi.
“Ben svegliata.”
“A cosa pensi, Thomas?”
Tommy sospirò ancora, una sua cattiva abitudine. Fissava il soffitto mentre con la mano accarezzava il braccio di Amabel.
“Stavo pensando che dovremmo lasciare Birmingham per un po’. Restare a Small Heath è un fottuto errore. Bobby potrebbe mandare i suoi tirapiedi e distruggere il quartiere.”
Amabel si mise seduta e si passò le mani fra i capelli, era ancora assonnata a causa di una notte trascorsa nel dormiveglia.
“Hai ragione. Dove potremmo andare? Exmouth e Bakewell sono da escludere perché Evelyn sa che in passato ci siamo nascosti lì.”
“Dammi il tempo di pensare ad un posto. Nel frattempo dobbiamo vestirci perché gli altri arriveranno tra poco per una riunione di famiglia.”
Tommy aprì la finestra e ispezionò il vicolo nel caso vi fosse qualcuno appostato. Bel andò in bagno e si sciacquò la faccia con l’acqua fredda per scacciare il sonno, ma non sembrava funzionare. Riempì la vasca, si sfilò la camicia da notte e si immerse nell’acqua calda.
“Ti posso fare compagnia?” chiese Tommy, appostato contro lo stipite della porta.
“Certo, mio caro.”
Tommy si sedette sul bordo della vasca e con la mano sfiorò la superficie dell’acqua che emanava vapore bollente.
“Cosa ho fatto per meritare una moglie così bella?”
Amabel sorrise ad occhi chiusi e toccò la mano di lui che giocava sull’acqua.
“Beh, hai fatto numerosi sacrifici di sangue e gli dèi hanno risposto alla tua richiesta.”
Tommy ghignò, quella era davvero un’ottima osservazione.
“Ringraziamo gli dèi.”
“Certo.”
Amabel si morse le labbra quando Tommy fece scivolare l’indice dal collo verso l’incavo dei seni per poi arrivare alla pancia.
“Peccato che non abbiamo tempo, avrei un paio di idee per intrattenere la mia bellissima moglie.”
“Puoi sempre conservare quelle idee per tempi più tranquilli. Tua moglie non vede l’ora di essere intrattenuta.”
Tommy fece una breve risata, dopodiché si chinò per baciarla e Amabel gli circondò il collo con le mani facendo scorrere l’acqua calda lungo le sue spalle.
“Basta. – mormorò Tommy – Altrimenti non riesco a fermarmi, Bel.”
“Può bastare per ora. Solo per ora.” Disse Amabel con un sorriso malizioso.
Tommy le diede un bacio sulla fronte e scese in cucina per versarsi un bicchiere di whiskey. L’alcol era sempre un buon modo per iniziare la giornata.

Red right hand 3 || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora