Parte 2

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Era una mattina splendida, intrisa di sole, un Natale quasi primaverile.

«Coraggio, Paoletto, scatta! Devi ricordarti di questo Natale», ripeteva nonna Marisa, «una fotografia è proprio quello che ci vuole! Lui, Giannino, è il tuo primo paziente e questo è un giorno memorabile!» diceva con un sorriso radioso e lo sguardo che sprizzava amore per il nipote, e orgoglio per ciò che era diventato quel bambino; il bel carattere di Paoletto era motivo di vanto per lei, era fiera di aver cresciuto un bimbo tanto generoso che, da grande, diceva di voler fare il medico. Marisa tesseva le lodi di Paoletto con chiunque si trovasse a parlare, dal canto suo, il nipote, quando ne aveva l'opportunità, aiutava chiunque si trovasse in difficoltà e incrociasse la sua strada. Quel giorno era toccato a Giannino, una brutta caduta dalla bici gli aveva sbucciato il ginocchio e Paoletto l'aveva portato in casa e medicato con cura. Giannino apparteneva a una famiglia poverissima ed era di due anni più piccolo di Paoletto; da quel Natale, Marisa, puntualmente, passò a Giannino i vestiti che non stavano più al suo adorato nipote.

La nonna a un certo punto pizzicò la guancia di Paoletto. «E poi curerai la tua nonnina...» disse orgogliosa, quindi, rivolgendosi a Giannino, aggiunse: «Morirò vecchissima, grazie a mio nipote; tutta Cestaricca parlerà di lui e dei suoi pazienti ultracentenari!» Ammiccò e offrì ai bambini un biscotto della fortuna.

Paoletto sorrise, gli piaceva tanto quando la nonna lo lusingava; Marisa gli faceva da madre e da padre, aveva perso i genitori in un incidente d'auto e li aveva conosciuti attraverso le foto che conservava la nonna. Paolino adorava la fotografia. E sua nonna lo sapeva bene, con piacere aveva cucito molti vestiti, e passato molte notti con l'ago in mano affinché suo nipote avesse la sua Polaroid.

«E tu, nonna, a cento anni, mi cucinerai ancora i tuoi squisiti peperoni imbottiti?» replicò Paoletto.

Lo sguardo della nonna lo sfiorò con dolcezza, fu come sentire la brezza fresca sul viso. Ma il suo sorriso, da radioso, sbiadì lentamente, avvolto da una nebbia densa, e triste.

Una lacrima rigò la guancia di Paolo. Sapeva bene che quei momenti appartenevano al passato e ormai erano andati perduti per sempre: la nonnina, che l'adorava tanto, ormai non c'era più, era morta povera e sola. Lui non aveva saputo esserci quando lei aveva avuto bisogno, non aveva saputo restituirle anche solo in parte l'affetto e le cure che da lei aveva ricevuto in sovrabbondanza. Anche la generosità di Paoletto era andata perduta. Si era distratto, o si era lasciato distrarre, dai suoi propositi e da ciò che gli aveva insegnato la nonna. Non aveva frequentato medicina. Dopo il diploma aveva abbracciato la politica, trascinato dagli amici, e aveva fatto strada, senza dubbio ne aveva fatta, ma non sempre per vie lecite. La nonna non sapeva proprio tutto, per filo e per segno, Paolo le raccontava i suoi progressi per sommi capi nelle rare volte in cui le faceva visita. E le "rare visite" diventavano sempre più rade poiché Paolo detestava raccontarle bugie, non le avrebbe mai detto che suo nipote non era esattamente uno stinco di santo, non le avrebbe mai dato un dolore così grande. Ma la nonna immancabilmente riusciva a carpire oltre le parole che lui le propinava, ogni volta che si salutavano lo squadrava con gli occhi lucidi e, come se conoscesse ogni parola non detta, gli ripeteva: «». E lui annuiva, ogni volta annuiva, ma quando varcava la soglia della modesta casetta dimenticava la promessa, dimenticava chi era davvero... gli toccava dimenticarlo anche ogni volta che accettava un compromesso, o quando per quieto vivere doveva chiudere un occhio, o ancora quando doveva coprire qualcuno o qualcosa, oppure quando intascava denaro per il partito o per i favori che elargiva.

Il flash della Polaroid, accecante come un sole, lo portò un poco più in là, un po' più avanti.

L'ultima volta che Paolo vide la nonna quasi non riuscì a parlarle, ormai le raccontava pochissimo della sua vita, rispondeva solo alle sue domande, ed erano risposte stringate poiché ogni volta temeva di dire più del necessario. Fu scostante, distaccato come non avrebbe mai voluto essere con lei. E, dopo la fatidica frase: "Paoletto, non dimenticare mai com'eri da bambino", la salutò e si ripromise di non tornare a trovarla mai più.

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