Capitolo 4

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LYDIA'S POV.

Quella notte non ero riuscita a dormire. Il dolore straziante all' addome non mi aveva fatto chiudere occhio. La mattina una volta sveglia, iniziai a prepararmi, anche se non avevo voglia di tornare in quella mandria di pazzi.
<<Julie, svegliati. >> cercai di svegliare la mia migliore amica, ma lei non ne volle sapere.
<< JULIE, SVEGLIATI.>> urlai nel suo orecchio facendola sobbalzare.
<< Ma che fai Lydia >> rispose piagnucolando.
<< Se non alzi il culo, ti porto di peso e in pigiama a scuola. >> dissi fulminandola con lo sguardo. Lei alzò le mani in segno di resa e poi iniziò a prepararsi. Feci una doccia veloce e asciugai capelli: dopo poco, scelsi i vestiti da indossare. Presi una tuta nera dell'adidas ed un maglioncino grigio, con uno scollo a V, dopo di che indossai le converse bianche. Feci una coda alta, e misi un pó di mascara per delineare lo sguardo.
Lanciai uno sguardo a Julie e notai un espressione che non le apparteneva minimamente.
<< Tutto okay, Juls? >> dissi sedendomi accanto a lei.
<< Ieri non ho potuto fare niente per evitare che tu venissi ferita. >> rispose. Aveva uno sguardo triste. Mi si strinse il cuore a vederla in quel modo. Era la mia migliore amica, avrei sempre scelto di salvare lei piuttosto che me stessa.
<< Non potevamo fare niente Julie, è tutto apposto. Stai tranquilla. >> dissi facendole un sorriso dolce, che lei ricambiò immediatamente dandomi un bacino dolce nella guancia.
<< Ti voglio bene, fagiolina. >> mi disse con un sorriso da trentadue denti.
<< Non chiamarmi in quel modo. >> la spinsi dolcemente e lei rise. In quel momento realizzai davvero che lei era la mia casa. Il mio posto. Il tragitto orfanotrofio - scuola, era una sorta di valvola di sfogo, prima di entrare in quel carcere. Non ero mai stata una cima nello studio, ma nemmeno uno schifo, diciamo che me la cavavo. Le strade di New York erano affollate. C'erano persone di ogni tipo. Dopo una buona mezz'ora passata a camminare e parlare nel tragitto verso scuola, arrivammo stremate al cancello dell'entrata. Una volta varcato, ci trovammo nel cortile della East High School.
<< Non sono pronta per questo giorno di lezioni. >> disse Julie. Lei non aveva particolari problemi a scuola, anzi era una delle migliori.
<< Andrà bene Juls, tranquilla. >> dissi facendole un sorriso che sperai la tranquillizzasse. Il sole era alto e non c'era neanche una sola nuvola. Amavo New York anche per questo. Nel bel mezzo di una discussione tra me e Julie, qualcuno inciampò nel bel mezzo del cortile. Tutti si fermano e poi scoppiarono a ridere.
La ragazza era decisamente in imbarazzo ed io odiavo quando la gente era in imbarazzo. Scesi dal muretto e decisi di intervenire. Iniziai a camminare a passo spedito sotto l'occhio attento di tutti. Ero certa di avere lo sguardo di tutti gli studenti puntato addosso, ma, onestamente? Non mi importava.
<< Tutto okay? >> domandai avvicinandomi alla ragazza che era inciampata. Lei divenne rossa dalla vergogna e poi mi sorrise
<< Si, grazie mille. >> disse in un sussurro.
<< CHE VI GUARDATE? ANDATE A STUDIARE BRANCO DI IDIOTI. >> urlai alzando lo sguardo. Avevo i pugni stretti ed un bel coraggio a parlare in mezzo al cortile con almeno cinquecento ragazzi a fissarmi sbalorditi.
<< Non ci fare caso, passerà. >> cercai di confortarla. Non ero proprio brava a confortare la gente; io sapevo confortare me stessa, quello sicuramente, ma gli altri...
<< Grazie mille. Io sono Stephie, piacere. >> rispose porgendomi la sua mano. Sephie era una ragazza dai capelli neri e gli occhi blu, profondi come il mare, inoltre era davvero carina.
<< Figurati. Io mi chiamo Lydia. Non darmi soprannomi ti prego, li odio. >> dissi sorridendo leggermente. Lei annuì e subito dopo, lanciai un'occhiata a tutti gli studenti, che ripresero a chiacchierare tranquillamente tra di loro.
La presentai a Julie, e rimasi stupita per la quantità di cose che avevano in comune.

***

La giornata si prospettava buona, almeno fin quando all'ultima ora di lezione, dalla porta dell'aula sbucò Daniel Parker. Non mi guardò e non mi rivolse la parola. Non che io lo volessi, ma almeno un ''ciao'' poteva dirlo, anche solo per educazione. Ma infondo cosa mi aspettavo da Daniel Parker?
<< Ti aspettavi che ti salutasse? >>
Una vocina stridula arrivò alle mie orecchie e mi fece raggelare. Miranda.
<< Non mi aspetto niente dalle persone, tantomeno persone come voi. >> dissi facendo uno sguardo schifato. Lei alzò un sopracciglio.
<< Questo dovremmo dirlo noi. Stupida orfanella. >> I suoi occhi erano pura malvagità. Non riuscii a resistere, così mi alzai e le tirai i capelli indietro, avvicinandomi pericolosamente al suo volto.
<< Chiamami di nuovo in quel modo e ti ritroverai senza capelli. >> dissi lasciando leggermente la presa. I suoi occhi si fecero immediatamente lucidi ed io sorrisi.
<< Signorina Lydia. Vada subito in presidenza. >> la voce rauca del professore di matematica, mi diede i brividi, ma feci finta di niente. In fondo me l'ero pur cercata.
<< Tranquilla >> mimai a Julie, mentre mi guardava sconvolta.
<< Con piacere.>> mi rivolsi al professore.
Percorsi l'aula sotto lo sguardo stupito di tutti. E prima di chiudere la porta alle mie spalle, non potei fare a meno di notare lo sguardo di Parker. Vidi un'emozione percorrere il suo volto, era ammirazione ed orgoglio. Durò fin troppo poco, prima di tornare il solito Daniel Parker, con lo sguardo freddo. Non c'era più nessuna emozione, aveva lo sguardo freddo, sembrava essersi immerso nuovamente nella sua bolla di indifferenza personale. Non provava niente, e quei suoi occhi neri, talmente simili ai miei, mi terrorizzarono. Sapevo che la sua vita non fosse rose e fiori, io sapevo che, anche se non lo voleva ammettere, provava dolore e sapevo anche che tipo di dolore stesse provando; perché era lo stesso che provavo io.

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Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo vi piaccia.
Al prossimo, vi amo.

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