Straccio di una storia

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Un altro battito di ciglia oltre il vetro appannato dal tepore che il camino acceso, all'angolo del grande soggiorno,  emana. Fuori, invece, è freddo, e perfino i colori appaiono gelidi. 

Un ciuffo di capelli le scivola giù, sul viso. Sospira e li riporta dietro il fermaglio in opali, proveniente dal suo ultimo viaggio in India. è cosi lontana l'india ora. è cosi lontano il suo sguardo.

Oltre il vetro: alberi spogli, fango misto a neve, nuvole grigie.

L'iride azzurro si riveste, ora, di ..lacrime. 

E nel silenzio, Amelia piange.

Il fuoco nel camino scoppietta, e brucia e consuma la legna , creando uno scenario ipnotico. Ma Amelia è lontana anche da quello. Nessun calore può scaldarla ormai. Un re del gelo si è impossessato del suo cuore e lo ha nascosto in una caverna oscura e segreta, in una landa desolata, dove nessuna luce può raggiungerlo. Questa almeno è la storia che ha raccontato ai suoi nipotini, quando il più piccolo, Mattia, dopo aver provato a convincerla a giocare con loro, fu respinto in malo modo e lui per tutta risposta sbottò dicendo:"Sei proprio diventata piatta come una suola di scarpe sai?!". 

Ma neanche quello riuscì a sconvolgerla. Amelia non c'era. Non era lì e non era da nessuna parte se non nei suoi ricordi.

"Festeggeremo al mio ritorno" gli aveva detto lei. Sarebbero dovuti restare insieme ma il lavoro non aspettava e così lei per un reportage in India, lui per un workshop a Milano, si sarebbero rivisti il 2 marzo alle 12 in punto, per il loro quinto anno di matrimonio. Lui l'avrebbe aspettata in aeroporto per portarla in un "posticino romantico", avendola prima allietata con un suo solito numero di magia, che in queste occasioni, prevedeva la comparsa di un mazzo di fiori, dal nulla. Peonie, per la precisione, perchè erano le sue preferite.

Una volta le tirò fuori i fiori da una bottiglia di acqua minerale, lei non seppe mai come, ma si divertì un sacco quando vide nella faccia di lui l'eccitazione di un bambino alle prese con isuoi primi giochi di prestigio.

Era per certi versi ancora un ragazzino e questo le piaceva, un burlone: prendeva in giro e si prendeva in giro, ma mai in un modo che fosse squallido, anzi, sembrava più un Totò dei tempi moderni.

Dentro una giacca di velluto verde sgualcita e chiazzata di schizzi di vernice, l'aveva conosciuto,  mentre  cercava a terra il suo naso rosso. Era così goffo e buffo. Le era apparso così mentre lei dal lato opposto del marciapiede, sforzandosi di non incrociare lo sguardo di nessuno, schiacciò qualcosa simile a una pallina di gomma. Era il suo naso da pagliaccio; lavorava come volontario nell'ospedale dei bambini.

"Cerchi qualcosa?" gli disse lei, porgendogli il nasone. Lui sollevando lo sguardo da sotto il parruccone  di riccioli blu, sembrò catturarla nei suoi occhi bruni e scuri fin dentro l'anima.  Amelia ricorda come si sentì avvampare a quell'incontro di sguardi e come subito le balzò in mente un semplice e coinciso pensiero: come può avere questi occhi?

Non se l'aspettava, nessuno se lo sarebbe aspettato, a vederlo, che un tizio ripiegato all'ingiù a cercare quasi gattonando tra le foglie sul marciapiede , con quella strana parrucca in testa e conciato a quel modo, avesse degli occhi come i suoi. Degli occhi  come due pozzi neri. Degli occhi dentro cui si può rischiare di sprofondare e non uscir via mai più.

" Ti ammazzo se ti becco a guardare un'altra" gli ripeteva sempre, perchè sapeva quanto pericolosamente  fatali, erano stati quegli occhi per lei.

Gli bastava uno sguardo per capirsi e per dirsi anche le cose più sconce, ma anche quelle più romantiche. Si amavano come due amanti senza futuro, si cercavano come magneti. Erano: magnetici.






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