fox n wolf

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Il fatto è che non mi piacciono i tuoi corvi.

Ora uno di loro é poggiato sua tua spalla e becca docilmente dalla tua mano, tu indossi i soliti guanti neri e fischietti qualcosa, una di quelle canzoni che sembrano volermi riportare indietro nel tempo, ma non capisco bene dove, penso sia qualcosa di francese.
In ogni caso tu stai seduto sotto un melo, ma l'ombra dell albero non ti basta, quindi ti copri col tuo solito ombrello nero riccamente decorato.

Tu ami il nero, e la cosa ironica é che la malattia che abbiamo odiato ti ha regalato delle buffe macchie nere, simbolo della guarigione, non ne hai tanrissime per fortuna, quelle in volto sono poche, sono concentrate sulle tue magre braccia e la tua schiena di avorio.

-vuoi una?-

Mi distogli dai miei pensieri offrendomi una sigaretta, ero così assorta nei miei pensieri da non essermi accorta di te che facevi su, il tabacco lo tieni in una di quelle piccole scatole di hiscotti, quelle un po' retrò, in latta. l'ho sempre trovato buffo, annuisco e tu me ne porgi una, sorridendomi, sorridere é una cosa che hai imparato da poco, é piacevole pero.

Dopo essermi accesa la sigaretta butto il fiammifero morto nell'erba, faccio due lunghi tiri e mi godo la sensazione del sole sulla mia pelle, é una carezza morbida.
In ogni caso, siamo davvero una coppia strana, non in modo negativo, il fatto é che tu ti vesti da lolita e tieni il tabacco nelle scatole per biscotti, e in realtà sono cose abbastanza carine, il fatto é che io indosso una tuta da meccanico blu, qua e là sono sparse macchie di olio da motore e in generale é abbastanza malmessa, inoltre tu indossi degli stivaletti neri con lacci bianchi e fronzoli, e io al momento sono scalza.

Faccio un altro tiro e sorrido, non mi sto lamentando, ma siamo davvero una coppia biffa, tutto qua, mi sdraio per terra e lascio che l'erba mi solletico la nuca, tu sei ancora appoggiata al tuo melo e hai tirato fuori un grosso volume dalla borsa di fianco a te, hai chiuso il tuo ombrello e stai iniziando a metterti comoda per leggere.

Parliamo poco ma non mi dispiace, tuoi hai i tuoi libri e io il mio silenzio, tu hai i tuoi corvi e io il mio gatto, l'abbiamo incontrato mentre scappavamo, ci ha iniziati a seguire dopo che gli avevamo offerto un po' di tonno, con la carestia di adesso non c'è da sorprendersi che abbia iniziato a seguirci, é a macchie rosse e bianche e abbiamo deciso di chiamarlo Ermes, come il dio greco, tu vai matta per la mitologia e ho deciso di darti ascolto, in effetti il nome mi piace, Ermes ora é in casa a sonnecchiare probabilmente.

Butto il filtro della sigaretta e mi accorgo però di volerne un'altra, purtroppo non ho ancora imparato a fare su davvero in modo decente, così chiedo a te che ovviamente annuisci e apri la tua scatola di latta.

Mi accendo la seconda sigaretta rimproverandomi per il brutto vizio preso da ragazzina, e ricomincio a pensare, mi tiro su, poggio il mento sulle ginocchia e mi godo il leggero vento, quello da cui siamo scappate sembra essere lontano anni luce, e il fatto é che avevi ragione, devo ammetterlo, e infondo una parte di me lo sapeva.

Quando siamo scappate insieme eravamo due studentesse dell'università, la malattia aveva iniziato ad appestare e individui dalle sembianze nauseabonde cercavano di infettare i pochi sopravvissuti, ma tu, tu eri guarita, avresti potuto aiutare gli altri, avresti potuto scappare sola ma per qualche motivo ti eri preoccupata per me, seguivamo qualche corso insieme ed eravamo abbastanza amiche, anzi, eravamo in ottimi rapporti, ma non avrei mai pensato avresti fatto questo per me, mai.

E invece, un giorno ti sei presentata alla mia officina spogliata delle tue vesti di lolita, mi ricordo bene quel giorno, avevi dei pantaloni della tuta e un maglione largo di un triste lilla smorto, un velo ti copriva i capelli e parte del volto e i tuoi occhi erano coperti da spesse lenti da sole, ai piedi avevi degli anfibi consumati, e non sembravi tu, insieme a te c'era una moto che sapevi a malapena guidare, era chiaro confidassi in me infondo sono io quella che lavora coi motori.

Non capivo perché volevi portarmi via, io non mi ammalavo, ne ero sicura perché un branco di infetti un giorno aveva assalito il mio negozio derubandomi di viveri e acqua, e alcuni di loro mi avevano graffiata e attaccata, ho aspettato e aspettato di ammalarmi ma nulla, la gente però iniziava ad essere sospetta, a dire che ero una strega, che era strano fossi ancora in saluto, quando ti chiesi perché proprio io tu mi risposi - ho paura che ti facciano del male- poi mi lanciasti un casco e mi feci cenno di venire con te.

Non ribattei, non ribattei quando a casa tua mi diedi dei vestiti nuovi.
Non l'ho fatto neanche quando hai preso una forbice e mi tagliato la treccia ne quando col rasoio elettrico ha finito il lavoro, quella stessa sera siamo salite in moto, tu sei stata stretta a me per tutto il viaggio

Eravamo dirette a una vecchia tenuta della tua famiglia, si trovava nel bel mezzo di un bosco isolato, quando scherzando l'avevi chiamata "la casa delle streghe" mi era salita una strana angoscia addosso.

Era giorni che viaggiavamo, mancavano solo quindici chilometri alla destinazione quando ci siamo accorte che le scorte di benzina erano finite, per qualche motivo non reagimmo male, nei momenti cruciali abbiamo entrambi la tendenza a essere fredde e analitiche, quindi ci siamo caricate gli zaini con le provviste in spalla, abbiamo preso le nostre due valige a mano e abbiamo camminato, non c'era altro potessimo fare.

Quella notte facemmo i turni per dormire, eravamo già in campagna ma io volevo essere sicura che non succedesse nulla, mi ero portata un piccolo coltello a serramanico, ho passato il mio turno ad affilarne la lama, ogni tanto il mio sguardo cadeva su di te, la tua pelle diafana faceva risaltare le tue efelidi e i tuoi capelli ramati, li avevi tagliati anche tu ma non quanto i miei, ti arrivavano appena sopra le spalle, dormivi con addosso un mio maglione, per qualche motivo la cosa mi fece sorridere.

Tre ore dopo arrivammo in questa casa, una semplice villetta a due piani, eravamo sfinite ma soddisfatte, la casa era in buone condizioni, era quasi surreale come posto, un piccolo bosco la nascondeva, il giardino era di morbido muschio, la prima cosa che feci tu infatti fu toglierti le scarpe e camminare scalza, spiegandomi che quando andavi lì da piccola lo facevi spesso.

L'interno era arredato, ma tutti i mobili erano coperti da teli bianchi per evitare si impolverassero, la luce del primo mattino illuminava la stanza rendendola più confortevole, alle pareti vi era una tappezzeria a fiorellini, antica ma piacevole, io te ci lanciammo uno sguardo d'intesa, lasciammo tutti i nostri averi all'ingresso, e dopo aver tolto il telo dal divano e aver chiuso casa ci addormentammo abbracciate.

Ora la sigaretta è finita e il sole sta iniziando a tramontare, sono ormai tre settimane che siamo qui e non mi sembra vero, la nostra vita precedente sembra un incubo, un'altra vita, l'unica cosa cosa mi ricorda che è tutto vero sono le macchie nere sul tuo volto, ma va bene, ho sentito dire che potrebbero sbiadire, per ora sto bene con te, con la tua scatola di latta piena di tabacco, col tuo ombrello e i tuoi libri, e va bene cosi, sono davvero felice, anche se non sopporto i tuoi corvi.

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Ma qualcuno si caga ancora wattpad? Non penso però boh ho bisogno di buttare le mie storie da qualche parte ig

-lacie

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 05, 2020 ⏰

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