23. Il passato

715 96 118
                                    

La osservai digitare rapidamente qualcosa sul cellulare, tanto presa da dimenticarsi di tutto il resto.

– Scusami, eh. – bofonchiò dopo qualche minuto, messa in allerta dal mio improvviso mutismo – Sto risolvendo una faccenda con Paolo. Sono giorni che litighiamo per questo maledetto trasloco.

– Tranquilla – sussurrai, sapendo che non avrebbe ascoltato neanche quello.

Mi portai il bicchiere della centrifuga alle labbra e lanciai un'occhiata ai paraggi circostanti, godendomi il brusio delle persone attorno a noi. Non era il mio bar preferito, ma quello più vicino al mio ufficio e sicuramente il più rapido per una pausa pranzo sempre troppo breve.

– Eccomi, scusa. – ripeté, posando finalmente il cellulare sul tavolo.

Indiscreta, allungai la mano e mi premurai di voltarle lo schermo verso il basso, per impedirle di distrarsi ancora.

– È importante, Silvia, dammi retta un attimo.

Sollevò leggermente le braccia in segno di resa.

– Hai ragione. Ora sono tutta tua. – addentò il suo croissant salato – Mi stavi dicendo di questo ragazzo. Filippo, giusto?

Annuii, masticando una foglia di insalata iceberg, succosa e insapore, proprio come piaceva a me.

– È stato assunto qualche settimana fa e la sua scrivania è proprio accanto alla mia.

Mi interruppe: – Oh, che carini. Come due liceali!

Risi, coprendomi la bocca con il tovagliolo: – Quanto sei scema.

Incastrò una mano sotto il suo mento e mi sorrise. I suoi occhi verdi si contrassero, stretti tra le ciglia chiare che li incorniciavano.

– Ed è simpatico?

– Non saprei. Sono stata troppo concentrata a guardare altro, lo ammetto – per poco non sputai i chicchi di mais che stavo cercando di masticare, sconvolta dalla mia stessa affermazione.

Spalancò le labbra e mi colpì con il suo tovagliolo di stoffa: – Ma falla finita! Il culo sarà stata l'ultima cosa che hai notato.

Aveva ragione, ma non volevo darle la soddisfazione, quindi mi limitai a farle una smorfia, tornando al pranzo.

– Mi ha invitata a mangiare fuori, domani – rosicchiai una carota.

Stizzita, rimise il suo croissant sul piattino di coccio: – Ma domani iniziano i saldi. Avevi detto che saremmo andate insieme!

– Dai, non potevo dirgli di no. Mi piace.

– Quindi gli hai già detto di sì!

– Non avrei dovuto? – sollevai un sopracciglio e la indicai con la forchetta unta di olio di oliva – Tu non ci avresti pensato due volte.

Mi sorrise complice, compiacendosi di se stessa: – Effettivamente.

Continuammo a mangiare in uno stato di semi silenzio, mentre lei riprendeva a controllare il cellulare e io riprendevo lentamente coscienza di me stessa, la vera me stessa.

Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di mettere a fuoco la faccia di quella stronza.

Non riuscivo ancora a credere che mi avesse mentito e tradita, lei, che era stata la mia migliore amica. Avrei voluto dirglielo, consapevole di trovarmi semplicemente in un sogno e in una proiezione della mia mente, consapevole che quella Silvia non fosse altro che un ricordo: ma avrei voluto almeno quella soddisfazione. Nella vita reale, purtroppo, dubitavo avrei avuto una chance simile.

La Maledizione di chi Rimpiange [Completa]Where stories live. Discover now