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Il mal di testa con cui mi svegliai non aveva paragoni. L'ultimo ricordo che avevo della sera prima era il primario dell'ospedale e il suo abito nero, fuorimoda da un bel po' di anni, che concludeva il suo discorso dicendoci che il bar era aperto. Mi alzai da un letto che non era il mio con difficoltà, guardandomi intorno spaesata.

"Buongiorno, collega' una voce tranquilla mi fece sobbalzare, mentre in mutande raccoglievo il mio vestito dal pavimento. Mi girai lentamente.

"Buongiorno" dissi soltanto. Scrutai quello sconosciuto, che mi guardava divertito.

Il ragazzo che mi stava di fronte era un moro niente male, barbetta curata, occhi chiari e, per quanto mostrava, un fisico abbastanza scolpito.
Lui capí che non mi ricordavo minimamente di lui e di cosa ci facessi lí.

"Michael" si presentò, tendendomi la mano.

"Ela. Presumo fossi anche tu alla festa di benvenuto per il personale di ieri sera.." gli strinsi la mano e lasciai la frase così, sperando che lui mi desse qualche delucidazione.

Lui invece sorrise, schernendomi. "E presumo che tu non ti ricordi proprio nulla al riguardo!"

Io alzai le braccia, in segno di resa. "Beccata!"

"Beh, niente, eravamo un po' brilli, però ci siamo divertiti" indicò il preservativo che giaceva sul pavimento e che non avevo notato fino a quel momento "e ci siamo anche protetti, quindi puoi stare tranquilla."

Mi infilai il vestito rapidamente. Salii sui tacchi con altrettanta velocità, anche se avrei preferito camminare a piedi nudi per tutta la città, e lui mi indicò una sedia dove erano poggiati il mio cappotto e la mia borsa. Mi sentivo davvero in imbarazzo, ma finsi tutta la tranquillità del mondo mentre mi infilavo il cappotto e mi sistemavo. C'era così tanto silenzio che mi si sentiva respirare. Dovevo uscire di lì.

"Ci vediamo in ospedale, allora" sorrisi cortesemente, appena ebbi raggiunto la porta. Lui non sembrava per niente teso, a differenza mia, quasi divertito dalla mia faccia.

Lui mi sorrise di rimando. "Ci vediamo."

Uscendo dall'appartamento di quel Michael notai che viveva con un altro paio di ragazzi. Uno stetoscopio giocattolo era appeso all'altra camera da letto, chiusa, e pensai probabilmente avrei incontrato anche loro qualche ora più tardi sul mio posto di lavoro. Non mi andava di andava di cominciare col piede sbagliato, visto che mi ero fatta il culo nei sei lunghissimi anni e mezzo della scuola di medicina, e speravo che nessuno mi avesse vista andare via con lui la sera prima. Insomma, andare a letto con un collega non era proprio il massimo, specie se lo conosci da meno di 24h.

Scossi la testa, discostandomi da quei pensieri, e presi il cellulare dalla borsa. Luke mi aveva chiamato 10 volte e sicuramente adesso mi stava maledicendo in tutte le lingue del mondo. Gli scrissi un brevissimo "sto tornando" su Whatsapp e appena misi piede fuori dal grande palazzo mi resi conto che mi trovavo nella stessa zona di Sidney in cui abitavo io.

Ci misi infatti pochissimi minuti a varcare il portone di casa e salii di fretta fino al 4 piano.
Il mio adiratissimo coinquilino mi aspettava in cucina. Il biondo aveva le braccia incrociate.

"Ma che fine hai fatto? Mi hai piantato in asso nel bel mezzo della festa!" mi gridó, seguendomi fino alla mia stanza.

Buttai la borsa sulla scrivania e presi il necessario per fare una doccia. Io e il biondo ci conoscevamo dal primo anno di università, grazie a degli amici in comune, e avevamo formato un bel gruppo. Eravamo in dieci, all'inizio. E alla fine del sesto anno eravamo rimasti soltanto noi due.

"Sono single da troppo tempo. E poi sembrava che te la cavassi bene.." lasciai la frase a metà, facendogli un'occhiata complice. Lui però scosse la testa.

"Ehi, sembrava proprio che quella mora ci stesse!" mi fermai sull'uscio della porta del bagno, guardandolo con curiosità . Lui fece spallucce.

"Anche io pensavo la stessa cosa, ma poi ha cominciato con la storia del 'siamo colleghi', 'non è appropriato' e bla bla bla.." mi rispose, cercando di imitare una voce femminile con scarso successo. Io ridacchiai. Stava per riaprire la bocca, per raccontarmi delle sue disavventure amorose come faceva sempre, ma ero davvero troppo in ritardo per fargli da psicologa.

"Mi dispiace, Lu, ma io devo andare a fare la doccia. Non voglio fare tardi il primo giorno di lavoro" tagliai corto, chiudendo la porta senza dargli possibilità di rispondermi. La testa mi faceva ancora male e pensai che avrei dovuto prendere un'aspirina, prima di lavarmi.

Poi pensai che finalmente il mio sogno si avverava, solo poche ore e sarei stata un medico, per davvero. Capogiro.



Hii there!

Si, sono tornata, dopo un bel po' di tempo, con una nuova storia che spero piacerà a voi quanto sta piacendo a me :) Questo è solo l'inizio, ovviamente, ma spero di avervi almeno incuriosito un pochino! Mi piacerebbe leggere i vostri commenti.

Un bacio, Ela. 

Not in the same way. ∼  𝓶𝓰𝓬Where stories live. Discover now