Non rifletto il volto ma il cuore

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Avevano deciso di fare una passeggiata dopo pranzo. D'altronde, il sole era caldo, ma non troppo da essere fastidioso, e quel primo pomeriggio sembrava troppo invitante per trascorrerlo in ufficio. Convincere Regina a lasciar perdere le scartoffie al municipio non era stato difficile, per Emma, perché lo sceriffo era consapevole che il sindaco era in anticipo rispetto alle date di scadenza. Al contrario, Emma era terribilmente in ritardo, ma ormai era appurato che il suo capo non l'avrebbe licenziata. O, almeno, così sperava.

«Forse dovremmo ritornare al lavoro, Emma» disse Regina, con le mani affondante nelle tasche del trench nero, in tinta con le decolleté di vernice dello stesso colore. Nonostante la leggera storta del giorno prima, il sindaco non sembrava intenzionata a rinunciare ai tacchi.

«Ancora pochi minuti» fece Emma.

«Si sta rannuvolando. E nessuna delle due ha un ombrello» le fece notare Regina. «Dovremmo tornare indietro».

«Non pioverà» sentenziò Emma, con una smorfia, come se Regina avesse appena detto una grandissima sciocchezza.

*

Piovve.

All'inizio, si trattò solo di poche gocce, che permisero a Regina di osservare Emma in tralice, accusandola, di nuovo, di essere nel torto. Ma bastarono pochi secondi perché entrambe si rendessero conto che stavano per essere colpite da un acquazzone primaverile in piena regola e, prima che il sindaco potesse iniziare a dire alla signorina Swan cosa pensava di lei, Emma prese la mano di Regina con la propria, intrecciando le loro dita. E Regina rimase tanto sorpresa dal gesto che chiuse la bocca e non disse nulla, lasciandosi trascinare in avanti dalla signorina Swan.

«Il mio appartamento non è lontano!» esclamò Emma, a mo' di spiegazione.

Le gocce cadevano sempre più fitte di secondo in secondo. Regina strinse anche con la mano libera il braccio di Emma, per avere maggiore supporto mentre coprivano a passi veloci la poca strada che le separava dall'appartamento di Emma.

*

Per Emma, quella non era casa.

Casa era un'altra cosa.

Casa è il luogo dove vuoi tornare quando sei stanco, la sera, dopo una giornata di lavoro. Casa è dove ti senti al sicuro e protetto e circondato da infinito affetto. Casa è dove c'è la tua famiglia.

Perciò, quel piccolo trilocale affittato dopo la fine della sua relazione con Hook non era mai stato casa, per Emma. Era spoglio, con pochi mobili, e si riempiva di vita solo quando c'era Henry con lei. Ma, anche in questo caso, qualcosa mancava. Mancava la presenza di Regina. Perché, che Emma ne fosse consapevole o meno, casa non era il suo appartamento. Casa era il numero 108 di Mifflin Street.

«Te l'avevo detto, signorina Swan» sbottò Regina, non appena poté tirare un sospiro di sollievo una volta entrata nell'appartamento di Emma.

«Oh, andiamo! Nessuno avrebbe potuto prevederlo!»

Regina si limitò a risponderle con un verso di frustrazione, mentre si sfilava le scarpe, dalle suole ormai fradice, e il trench.

«Dammi» fece Emma, prendendo il trench dalle mani di Regina, che rabbrividì. Solo allora lo sceriffo notò che anche la camicia di Regina era bagnata.

«Dovresti spogliarti» disse perciò Emma.

«C-cosa?!» balbettò Regina.

E Emma arrossì violentemente e scosse la testa così forte che per un attimo credette di essersi rotta l'osso del collo. «Bagnati! I vestiti! I tuoi!» cercò di spiegarsi e, di fronte alla confusione di Regina, si costrinse a prendere un respiro profondo e calmarsi, per mettere in ordine le parole così che avessero un senso compiuto. «Hai i vestiti bagnati. Posso prestarti qualcosa di mio, così non prendi freddo».

Sono anni che ti aspettoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang