Memories

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One Shot seconda classificata al "Miraculous new heroes - Contest" de Miraculous_Contest, a cui vanno i crediti delle copertine del capitolo e della storia.

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Una donna cullava un'infante in fasce, cantando una ninna nanna.
La neonata sembrava rapita da ciò che stava ascoltando - nonostante fosse troppo piccola per poter comprendere le parole pronunciate dalla madre - tanto da non emettere alcun rumore e da tenere i suoi occhietti vivaci fissi in quelli della genitrice.
Non sapeva ancora che quella canzone avrebbe guidato la sua vita.

"Chiudi gli occhi e sogna che
io sia qui, qui vicino a te."

Clio si risvegliò di soprassalto.
Lasciare il mondo dei sogni per lei era sempre stato difficile, tanto quanto era facile entrarvi, e il risveglio improvviso sembrava l'unica cosa in grado di riportarla nel mondo reale con un'effettiva efficacia.
«Buongiorno, Clio. Stai meglio?» le chiese la sua Kwami, Peep, riferendosi al terribile mal di testa con cui era andata a letto.
«Decisamente, nonostante abbia ancora un po' la mente appannata.»
«Hai bisogno di aiuto? Posso fare qualcosa?» le domandò l'esserino magico, con estrema premura e fare materno.
La vera madre di Clio era venuta a mancare quando lei aveva dieci anni e le aveva lasciato in eredità la Kwami e il Miraculous, un ciondolo argentato a forma di elefante, come accadeva nella sua famiglia dalla notte dei tempi.
Calliope, la madre di Clio, aveva continuato a vegliare sulla figlia e spesso le appariva in sogno, guidandola nel suo compito: proteggere la Memoria.
Solitamente i Portatori avevano incarichi che comportavano azioni i cui risultati erano tangibili, come era accaduto qualche decennio prima a Parigi, ma nel suo caso e in quello dei suoi antenati i risultati tangibili non esistevano, né tantomeno era possibile una lotta contro un nemico concreto, essendo esso il Tempo.
Anche l'azione umana volta a cancellare la memoria di alcuni eventi per infangare verità scomode o per altri motivi, più o meno futili, era qualcosa da combattere, ma spesso era decisamente più difficile del previsto.
«No, grazie. Sto bene. Ho solo bisogno di una tazza di caffè e mi riprenderò.» rispose.
Peep annuì.
La piccola esserina dalle sembianze vagamente simili a quelle di un elefante, di cui riproponeva le zampe tozze, le grandi orecchie e la proboscide, accompagnate agli straordinari occhi dorati, volò in cucina, aspettando che la sua Portatrice la raggiungesse.
Clio si alzò con calma e, indossate le ciabatte e ancora in pigiama, andò in cucina, dove trovò il tavolo apparecchiato con una tazza di tè fumante e dei biscotti al cioccolato appena sfornati.
Si sedette e fece colazione, parlando con la Kwami nel mentre.
«Sai dov'è papà? Ha lasciato la colazione qui e se n'è andato prima che lo salutassi?» domandò.
«Il signor Nedo è nel suo studio, ha detto che deve finire un lavoro e che non poteva attendere oltre.»
Clio sbuffò. Suo padre poteva essere anche l'uomo più premuroso e disponibile del mondo, ma quasi niente poteva mettersi tra lui e il suo lavoro, lei inclusa.
Forse era dovuto al fatto che lei assomigliasse prevalentemente alla madre, con i capelli lisci e neri come la pece e gli occhi verdi, come un prato in primavera, anche la forma del viso e delle labbra le aveva prese dalla donna, mentre il naso all'insù era l'unico tratto facciale che aveva ereditato dal padre. All'inizio del loro lutto, il genitore si era rinchiuso spesso nel suo studio, lavorando giorno e notte e lasciandolo solo per nutrire la figlia, accompagnarla e riportarla da scuola e andare in ufficio. In quel periodo l'unica compagnia di Clio era Peep, che cercava di tirarla su e di aiutarla il più possibile. All'epoca la bambina non ci aveva fatto caso, ma tempo dopo si convinse che il comportamento del genitore fosse dovuto al fatto di rivedere la moglie prematuramente perduta nella figlia, che doveva crescere ormai solo e che aveva un compito da svolgere, più grande di entrambi.
Nonostante fossero passati quasi otto anni da quei tempi, alle volte Nedo si richiudeva ancora nel suo posto sicuro, dove Clio non osava entrare e lui poteva fare ciò che desiderava.
«Cambiando discorso... Stanotte ho sognato mia madre. Stava cullandomi e cantando quella strana ninna nanna che tanto mi piaceva quand'ero piccola. Credo sia un ricordo, ma non capisco a cosa serva...»
«Devi imparare a conoscerti, prima di poter utilizzare il tuo potere: per questo non ti ho ancora rivelato la formula per la trasformazione e non ti posso parlare del tuo potere speciale, perché non potrai proteggere la Memoria di tutti, se prima non proteggi la tua.»

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