Capitolo 11 - Il Carro

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Nei Tarocchi, la carta del Carro rappresenta i trionfi, il progresso, l’evoluzione. La vittoria proviene dalla fermezza dei propositi, dalla coerenza, dall’equilibrio. La capacità di governare sé stesso e gli eventi richiede discernimento e armonia. La riuscita nelle cose dipende da potenzialità personali, dalla capacità di rovesciare il negativo in positivo, da talento.
Al negativo, però, esiste incapacità di vincere le situazioni, mancano la diplomazia e la capacità di ricercare un ambito equilibrio.

            «La mia unica opzione è di offrirmi personalmente in ostaggio a Riario. Dovrò pregare, rimettendomi solo alla sua misericordia, che lei rinunci a depredare Firenze. Dovrò pregare, affinché garantisca a Clarice e alle nostre figlie una scorta per l’esilio. E dovrò pregare affinché ogni traccia del mio nome e della mia eredità… non venga cancellato per sempre».

            «E se Riario vuole voi… che vi abbia pure».

Erano state quelle le ultime parole pronunciate dal Magnifico, prima di uscire dalla bottega dell’artista.

Per un istante, per un solo breve istante, Leonardo aveva assecondato quel pensiero, e nella sua mente aveva immaginato il futuro descritto da Lorenzo.

Si vide sul campo di battaglia, mentre ascoltava gli accordi presi tra il potente de’ Medici e la fredda contessa Riario.

Si vide circondato dalle guardie svizzere, dagli scagnozzi agli ordini del gioiello più prezioso del Vaticano.

Si vide portato dall’altro lato della guerra, al servizio del papa, e rinchiuso a Castel Sant’Angelo.

E per un istante, ancora più breve, vide che non era il solo prigioniero in quella gabbia dorata.

Un attimo dopo, era tornato con i piedi per terra.

Gemma arrivò con un discreto anticipo. Da sola, in prima linea e con il suo esercito alle sue spalle, si concesse un breve momento di pace per pregustare l’imminente vittoria di Roma su Firenze.

Sul prato verde e rigoglioso stava cadendo una debole pioggia, e il cielo era del tutto celato dietro a candide nubi. Con le affusolate dita coperte dalla pelle corvina dei guanti, strinse il tessuto del cappuccio del mantello tra pollice e indice, e si coprì il capo.

Il freddo era pungente e in poco tempo le si sarebbe insinuato nelle ossa, ma la giovane scacciò via qualsiasi pensiero che non fosse tornare a Roma con il più succulente dei bottini.

Eppure, nel suo cuore, aleggiava una strana sensazione, un brutto presentimento che le agitava l’animo. Si sforzò di ignorarlo, ma più ci provava e più quel sapore amaro tornava, sempre più forte. Tentò quindi di pensare ad altro e, per ingannare il tempo, estrasse dalla giacca un elegante orologio d’oro, e iniziò a giocherellarci in attesa dell’arrivo del Magnifico e di Leonardo.

Tutto sommato, sarebbe stato divertente guardarlo di nuovo negli occhi dopo quello che era accaduto la notte scorsa nel vicolo. Tuttavia, ripensandoci, sentì ancora i brividi sulla pelle del collo, sotto la sciarpa di seta.

Il galoppo dei cavalli la risvegliò; riposto l’orologio, sollevò lo sguardo davanti a sé e indossò, per l’ennesima volta negli ultimi giorni, la sua impenetrabile maschera. Sorrise, quando vide i suoi interlocutori fermarsi di fronte a lei.

            «Nico», esclamò Gemma, vedendo il giovane apprendista di Leonardo nella piccola folla di accompagnatori. «È una gioia vedervi di nuovo. Spero che la vostra mano sia guarita», aggiunse, e forse solo una persona tra tutte loro poteva concedersi il lusso di credere che la sua preoccupazione fosse sincera.

Il Gioiello del VaticanoWhere stories live. Discover now