Prologo - Lobotomia

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Cambiare il mondo.

Scuoterlo, frullarlo, farlo a pezzi e poi riassemblarlo riempendo i vuoti con quello che resta di un'umanità ormai stremata ed in preda al terrore.
Il mondo, così come concepito dagli umani, non era altro che un esperimento fallito, vomitato sul piatto caldo della loro esistenza. Non hanno fatto altro che ingerirlo a cucchiaiate, fingendo che fosse di loro gradimento, lobotomizzati e schiavi di tutto ciò che era che mai più sarà.

Fu per questo che quando tutto cominciò la madre di Carol si versò un bicchiere di gin sospirando come se avesse compiuto il più distruttivo degli sforzi, sua sorella invece iniziò ad esternare in maniera fin troppo rumorosa la sua felicità per la sospensione delle attività scolastiche, infine suo padre accese la TV sbattendo tre volte il telecomando sul bracciolo del divano inveendo contro qualsiasi forma di governo esistente.
Lobotomizzati, era così che si sentivano. Era così che erano.

La giornalista che apparve sullo schermo ad alta definizione della TV da 30 pollici scarsi, sembrava aver fatto un lungo dialogo con la morte prima di andare in onda. Le guance erano scavate e gli occhi piccoli ed infossati si facevano sempre più lucidi mentre ripeteva, in maniera assolutamente meccanica, di non preoccuparsi e restare chiusi in casa.

Niente di serio.

Niente di cui preoccuparsi.

Tutti i grandi cambiamenti però nascono dal famoso e sottovalutato niente. I vichinghi lo chiamavano Ragnarok e aspettarono per tre inverni prima di vedere il mondo sgretolarsi, I Maya lo chiamavano 2012 fissando una data precisa della fine, l'umanità ancora non ha osato dargli  un nome. Quando alle catastrofi affidi un appellativo esse diventano reali.

Cosa c'è più reale delle macerie dell'umanità?
Di resti informi, lasciati ai bordi delle strade, di ciò che erano, di quello che hanno fatto, e di quello che chiamavano "il nostro mondo"?

Carol era solita ripensarci mentre camminava tra le rovine della sua civiltà, consapevole che l' unica cosa che contava veramente in quel momento non era ciò che lei, o l'umanità in generale, erano stati ma solamente ciò che sarebbero diventati.

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