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Due giorni dopo la nascita dei piccoli Ethan e Lucy, Chris saltò in auto assieme a Jason e Jonathan e andarono al primo centro commerciale che gli venne in mente. Era esaltato all'idea di andare a vivere in una casa da solo con Georgie e i suoi figli, anche se la casa non era ancora del tutto completa, ma non si erano preparati all'eventualità di avere non uno ma due bambini, quindi era tutto più complicato. Come facevano con una sola culla e un solo passeggino? Si passò una mano fra i capelli esasperato e andò a parcheggiare. Scese dalla macchina e sbatté lo sportello, i suoi due amici lo guardavano preoccupati.
«Non può essere che ancora oggi, nel 2018, nelle stupide ecografie non si vedono due bambini.»
«È di tua figlia la colpa, che si è nascosta dietro il fratello.» disse Jonathan dandogli una pacca sulla spalla.
«Mia zia ha avuto due gemelli e lo sapevano da subito.» aggiunse poi, anche se forse non gli era stato molto d'aiuto.
«Va bene. Dai entriamo e non perdiamo più tempo.»
«Agli ordini, papà.» disse Jason facendo il segno militare, poi iniziò a camminare accanto agli altri due.
Chris dovette lottare molto contro il sé stesso che desiderava tanto entrare in uno dei tanti negozi maschili, doveva pensare ai piccoli, poi, se rimaneva qualcosa, si dedicava... no, meglio che smetteva di farsi illusioni. Anche se fosse rimasta qualcosa, doveva mettere da parte.
Entrarono quindi in un negozio per bambini, probabilmente l'unico reparto che aveva sempre evitato, e non credeva che ci avrebbe mai messo piede. Fece un lungo sospiro e si avvicinò ad uno scaffale. Ne prese una magliettina cossa con delle strane decorazioni sopra, lo fece vedere ai suoi amici che scossero la testa con una smorfia di disgusto -la stessa che aveva anche lui-, quindi sbuffò e la rimise al suo posto. La partenza già era andata male.
«Non possiamo farlo da soli, abbiamo bisogno dell'aiuto di una ragazza.» disse.

Elia raggiunse Chris all'entrata del centro commerciale. Si girò per salutare con la mano il padre che lo aveva accompagnato fin lì,  quando l'uomo se ne andò Elia guardò Chris.
«Ho interrotto qualcosa di importante?» chiese il maggiore. Elia scosse la testa.
«Stavo fissando il muro.» rispose. Chris rise credendo che stesse scherzando, ma vedendo lo sguardo serio di Elia smise subito.
«È successo qualcosa con mio fratello?»
«No. È solo che sembra non voglia più fare... niente. Se capisci cosa voglio dire.»
Jason da dentro chiamò Chris, lui si girò e fece segno di aspettare un poco. Poi gli urlò di andare avanti e cominciare a cercare. Jason annuì e poi scomparve dalla loro visuale.
«Ce la stavamo facendo, il giorno in cui sono nati i bambini, poi tu ci hai chiamati e abbiamo interrotto. Ieri sera ci ho riprovato, e ha fatto la stessa cosa dei giorni precedenti: si è allontanato, mi ha chiesto scusa e si è girato.» alzò le spalle.
«Dagli tempo. Ma non lasciarlo, Elia, ti prego. So che può sembrarti egoistico da parte mia, e lo è veramente... ma ti prego, non lasciarlo.»
Elia credeva che da un momento all'altro si sarebbe inginocchiato e pregato, ma non lo fece, il suo sguardo però lo stava implorando.
«Non gli permetterò di liberarsi facilmente di me.» sorrise e lo abbracciò.
«Adesso basta. Entriamo e pensiamo ai bambini. C'è molta spesa da fare.»

Quando i quattro ragazzi arrivarono nella nuova casa di Chris e Georgie, il salotto era già pieno di amici e parenti venuti per conoscere i bambini. Aveva sperato di arrivare prima di loro, ma il traffico non era stato dalla loro parte e neanche i semafori rossi. Si scusarono, per loro fortuna furono abbastanza comprensivi.
Elia andò a sedersi accanto a Damien sul divano, sopra il bracciolo. Gli accarezzòa testa ma lui si spostò quando vide una signora che non conosceva fissarli. Si alzò dal divano preferendo andarsi a sedere accanto Lydia, lontano da Elia.
Chris li guardò da lontano e disse ad Elia di non preoccuparsi, senza però parlare ad alta voce. Mandò giù un groppo e alzò gli occhi al cielo per respingere le lacrime. Stavano festeggiando la nascita di Ethan e Lucy, doveva pensare in  un altro momento i problemi di coppia. Anche se doveva ammettere che faceva schifo sentirsi rifiutati a quel modo. Probabilmente tutte quelle persone lo avevano messo a disagio.
Accanto a lui si sedette Jonathan,  che gli diede un colpetto sulla gamba per salutarlo.
«Hey!» disse Elia. Voleva guardare Jonathan, sapeva che era buona educazione guardare in faccia le persone mentre si parlava, intanto lui continuava a guardare oltre Jonathan. Damien annuiva alle parole di un uomo, era distratto e pensò che sicuramente non stava ascoltando neppure quello che aveva da dirgli.
«Stai bene, Elia?» gli chiese Jonathan.
«Io... si, grazie, sto bene. Non è niente.»
Aveva soltanto voglia di piangere.
Non capiva cosa stava succedendo. Fino a due giorni prima stava bene, lo aveva visto sorridere e stavano pure per fare l'amore, adesso lo evitava e non voleva neanche guardarlo negli occhi.
Jonathan lo guardò preoccupato.
«So che non siamo grandi amici, anzi, credo che più stai alla larga da me meglio stai, però...»
Aveva ragione. Elia non lo riteneva un suo amico, non sapeva niente di lui e viceversa, ma in quel momento non gli importava niente. Scivolò in quel poco di spazio che rimaneva e si lasciò abbracciare da Jonathan, piangendo in silenzio. Aveva legato le sue braccia al collo del ragazzo e nascosto la testa. Era difficile fingere di stare bene per non fare crollare l'altro, ma se i suoi sforzi non avevano alcun effetto positivo, che senso aveva trattenersi? Continuava a fallire con Damien. Gli aveva promesso una roccia solida su cui aggrapparsi quando ne aveva bisogno... ora capiva quanto fosse complicato promettere qualcosa a cui non credeva neppure lui stesso.
Jonathan non gli stava dicendo niente, non conoscendo la fonte del suo dolore non voleva parlare a sproposito, ma non gli faceva mancare le carezze e il contatto fisico. Infondo, si era affezionato a quel ragazzino già da molto tempo. Il suo costante sorriso e gli occhi allegri erano irresistibili a chiunque. Quel giorno però non aveva né sorriso sulle labbra né occhi allegri, e l'aveva notato subito appena lo aveva visto al centro commerciale. Era stata una sorpresa... non sempre le sorprese sono piacevoli, però.
Elia si spostò lentamente dal corpo di Jonathan. Si asciugò le guance con le mani e tirò su con il naso, ringraziandolo per l'appoggio e scusandosi per avergli bagnato la maglietta. Lui alzò le spalle per dire che non c'era problema per nessuna delle due cose. Nessuno stava guardando nella loro direzione, erano impegnati a giocare con i bambini. Eccetto Damien, che aveva visto tutta la scena, li aveva fissati senza provare gelosia per quell'abbraccio, solo odio profondo verso se stesso, perché se Elia stava piangendo era soltanto colpa sua, e lo sapeva benissimo.
Il castano abbassò lo sguardo. Jonathan si alzò dopo un po',  il suo posto lo riprese Damien, che fece scivolare la sua mano sul braccio di Elia, per poi arrivare alla mano, dove le loro dita si incrociarono fra loro. Non parlarono. Non si guardarono. Quasi smisero di respirare. Elia temeva il giorno in cui Damien gli avrebbe chiesto di lasciarlo andare per il suo bene, lo temeva perché sapeva che lo avrebbe assecondato, per vederlo felice. Ma non era pronto a dirgli addio, e non era pronto per rimanerci soltanto amico. Poi Chris si abbassò davanti Elia, fra le braccia aveva la piccola Lucy. Gliela mise sulle gambe con delicatezza. Sorrise al cognato di fronte alla sua espressione sbalordita, fino a quel giorno non aveva voluto prendere in braccio i bimbi per paura di farli cascare a terra, ma da seduto non ci sarebbe stato il rischio. Dall'altro lato, Georgie aveva fatto la stessa cosa con Damien, posando il piccolo Ethan sulle sue gambe. Gli occhi di Elia furono ancora una volta ricoperti dalle lacrime, non sapeva se fossero più per la felicità di tenere in braccio la nipotina per la prima volta, o se fosse la tristezza causata dalla distanza che aveva preso Damien.
Fu in quel momento, guardando i bambini, una sulle sue gambe e uno su quelle del fidanzato, che gli auguró mentalmente una vita migliore della loro. E pianse, silenziosamente.

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LONELY 2Where stories live. Discover now