Capitolo Nove

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Dopo aver trascorso una buona mezz'ora a riscaldarsi, il maestro ordinò ai suoi ragazzi di mettersi le protezioni, e ognuno si diresse verso i propri borsoni per prepararsi. 

Nel frattempo, l'anziano uomo organizzò dei quadrati sul tatami di uguale dimensione in modo che più persone potessero combattere fra loro.
Un ragazzo dal kimono bianco si avvicinò a Michelangelo che stava frugando nella sua borsa.
Gli toccò la schiena e lo salutò.
"Ehi. Ti va di fare coppia con me nel combattimento?" propose Valerio mentre si sistemata i parabraccia. Con sua sorpresa, il moro annuì infilandosi i paratibia.
I due si misero il casco in plastica ed il paradenti, e presero postazione in uno dei quadrati disegnati per terra con del nastro adesivo. Quando tutte le altre due coppie si posizionarono al centro dei due perimetri, il maestro si mise al centro, con le braccia incrociate.
"Okay ragazzi, combattimento prova: andiamoci sciolti e leggeri, che dobbiamo recuperare ancora dopo le vacanze. Proviamo un po' di tutto, attacchi, parate, uscite e contrattacchi." spiegò il maestro prima di gridare i comandi.
Quando gridò via le tre coppie iniziarono a combattere fra loro.
Michelangelo e Valerio saltellarono sulle punte rimanendo in guardia ed aspettando che l'altro facesse la prima mossa.
Valerio mollò il primo calcio e colpì Michelangelo all'altezza dello stomaco. Fu un calcio talmente rapido che il moro non se ne rese conto in tempo per poter parare o schivarlo.
"Bello, non l'avevo neanche visto." ammise tra i denti stretti dal bite in silicone trasparente.
"Lo avevo notato." parlò l'altro continuando a fissare la corazza del suo compagno senza perdere la concentrazione.
Michelangelo provò un doppio attacco al viso e alla corazza, che fu facilmente deviato e contrattaccato da Valerio che rispose con altri due calci sempre più forti sulla corazza.
Per non lasciargli possibilità di calciare, il suo avversario gli si schiantò contro ed i due si trovarono stretti, petto contro petto a spingere l'uno contro l'altro.
"Non c'è bisogno di andare così forte, è solo un allenamento." scherzò con un mezzo sorriso il moro mentre si trovava faccia a faccia con il suo amico, che neanche gli degnò di risposta.
Il compagno lo spinse con forza, slittò indietro e con un mezzo giro stese un fortissimo calcio all'altezza del petto del moro, che in quel preciso istante si trovava a mezz'aria per tirare un calcio di contrattacco al volo.
Michelangelo cadde a terra ad un paio di centimetri di distanza dalla sua postazione. Nonostante avesse la corazza, avvertì comunque la potenza del colpo, quasi si sentì mancare il fiato. "Ehi, cazzo. È un allenamento." gli ricordò con voce alta, seriamente infastidito da quel colpo che aveva ricevuto. Aveva sempre odiato essere colpito, e di solito quando lo facevano gli avversari la reazione spontanea era quella di incazzarsi e caricare l'avversario come se fosse in una corrida, ma in quel caso era diverso perché era un semplice allenamento ed il maestro voleva evitare che i suoi ragazzi usassero quest'aggressività tra di loro, quanto contro gli avversari delle altre squadre.
"Oh scusami, forse ho fatto troppo forte per una principessa come te?" chiese l'altro, ancora in piedi.
Michelangelo si alzò ed iniziò a sentirsi sempre più disturbato dall'amico.
"Sul serio? Ti sembra il caso di fare battute durante l'allenamento?" disse rialzandosi in piedi e rimettendosi al centro.
Valerio lo raggiunse ed i due si misero in guardia per ricominciare il combattimento. "Perché no, scusa? Lo abbiamo sempre fatto..." parlò facendo partire una serie di calci consecutivi che Michelangelo schivò indietreggiando. Mentre arretrava si rese conto di essere quasi uscito dal perimetro e che doveva spostarsi assolutamente di lato, ma non fece in tempo che fu sbandato per terra per la seconda volta da un calcio di spinta di Valerio.
Un gesto del tutto sleale, e Michelangelo iniziò ad irritarsi sul serio.
"...o non ti ricordi quando ci sfottevamo perché sei diventato uno di loro?" lo interrogò con una voce abbastanza aggressiva.
Il moro iniziò a sentirsi confuso. "Che significa uno di loro?" richiese rialzandosi di nuovo. E rimettendosi al centro per la seconda volta.
Stavolta fu il riccio il primo a colpire una serie di calci fino a farlo uscire fuori dal quadrato, ma senza farlo cadere. Mentre ritornavano al centro Valerio parlò:
"Dimmi un po' ti sei fatto tutta l'estate con quella checca?"
"Stai parlando di Edoardo?" chiese con tono aggressivo. "E chi altri sennò?" ammise con una risata perfida. I due continuarono a combattere e nel frattempo Valerio continuò ad insultarlo.
"Tu e quel frocio di merda siete stati tutta l'estate assieme, non hai pensato neanche di salutarmi o di vederci qualche volta."
Per un momento Michelangelo fermò i suoi colpi, rimanendo sempre in guardia. Era vero, non lo aveva considerato per tutta l'estate, neanche un messaggio gli aveva scritto e si sentì un po' in colpa per questo, ma la rabbia che gli fece provare il suo avversario in quell'istante gli cancellò quel pentimento.
Valerio parlava con rabbia e continuava a sputare insulti sul suo ragazzo e ad ogni calcio si iniziava a scorgere sempre più aggressività e forza.
Michelangelo iniziò ad avvertire dolore ad ogni colpo.
"Dai, colpiscimi, frocio di merda." provocò. Michelangelo strinse i pugni e i denti e lo caricò. I suoi calci si schiantarono sugli avambracci del compagno che cercava di parare ed indietreggiava leggermente impaurito che il suo avversario non si fermasse.
Michelangelo nella furia si rese conto di aver messo Valerio all'angolo, il desiderio di dargli un calcio talmente potente da farlo cadere per terra come aveva fatto con lui, ma sapeva bene che non ne valeva la pena, nonostante avesse insultato lui ed il suo ragazzo.
Alzò la gamba fingendo un attacco al viso ma poi ci rinunciò. Valerio, vedendosi fuori dal perimetro, per difendersi, stese la gamba dall'esterno verso l'interno dopo aver fatto un mezzo giro su sé stesso, schiantando il tallone sul naso del suo migliore amico con un calcio circolare. Era pronto a ricevere risposta quando vide il riccio indietreggiare piegato in avanti e con il naso coperto dalle mani, vedendo un liquido bordeaux sgorgare da chissà dove.
Il moro alzò lo sguardo furioso su di lui, e si rialzò nonostante avvertì un dolore lancinante che si era diffuso su tutto il viso. In quel momento voleva solo rispondere al colpo con uno più forte, ma il maestro intervenne avvicinandosi al ragazzo ferito per esaminarlo.
Gli tamponò il naso e lo accompagnò prima nel bagno dello spogliatoio, facendogli scorrere l'acqua fredda sulla parte colpita, aspettando che smettesse di sanguinare.
Passò un lasso di tempo lunghissimo piegato su quel lavandino, l'acqua divenne talmente gelida che inizialmente avvertì dolore per il freddo e poi si accorse di non sentire più niente.
Quando il sangue colava più lentamente, il maestro fece una brutta smorfia quando lo guardò in volto.
Non doveva avere una bella cera, pensò tra sé e sé il giovane. Le grosse mani dell'uomo più anziano toccarono sul naso e fecero un movimento talmente forte e brusco che Michelangelo riprese a lacrimare e a trattenere qualche mugolio.
"Per tua fortuna non è rotto." pronunciò finalmente il maestro, rassicurandolo. "Ma è meglio esserne sicuri, vai in infermeria e vedi cosa ti dice il medico sportivo che magari ti darà il cerotto. Hai un bel bozzo ora, e inizia a diventare tutto viola, ma è normale." spiegò.
"Spero che tu ed il tuo amico abbiate risolto." mormorò prima di uscire dallo spogliatoio.
Michelangelo rimase in silenzio, ancora alterato dalla situazione che si era creata con Valerio. "Di solito, non c'è niente di meglio di una rissa per risolvere delle tensioni. Certo non deve essere così violenta, e magari la prossima volta andateci un po' più piano."
Suonò come una sorta di rimprovero quello, e appena il maestro se ne uscì, il ragazzo moro sembrò rilassarsi. Guardò l'orologio e si rese conto di essere in ritardo, così con molta lentezza si avviò sotto le docce. Più l'adrenalina nel suo corpo ritornava a valori nella norma, più accusava dolori causati dai violenti colpi ricevuti durante il combattimento.
Zoppicò lentamente verso la sua postazione e rimase sorpreso quando vide la persona che lo stava osservando.
"Cosa vuoi adesso? Continuare senza corazza e lontano da occhi indiscreti?" chiese con tono asciutto, sedendosi sulla panca con un po' di difficoltà.
L'altro non rispose.
Michelangelo si asciugò cercando di fare il più in fretta possibile.
"Mi dispiace." borbottò Valerio, notando l'impazienza del compagno. "Non è vero per niente, Vale. È da quando siamo saliti sul tatami che non vedevi l'ora di farmi del male." ammise.
Il ragazzo non provò neanche a contestarlo.
"State insieme, tu e Edoardo?" chiese.
Michelangelo si bloccò. "Era questo quello che volevi sapere tutto il tempo, non è vero?" gli domandò sentendo il cuore battergli a mille di nuovo.
"Sì." rispose semplicemente. "Ma a te che cazzo te ne importa?"
Alcuni ragazzi iniziarono ad affollare lo spogliatoio, l'allenamento doveva essere finito, pensò il moro.
"Non parlare così con me, Michelangelo. Io ho bisogno di sapere se il mio migliore amico, se il capitano della nostra squadra è un finocchio." parlò con voce alta e dura in modo da catturare l'attenzione di tutti.
Il riccio si sentì gli occhi di tutti puntati addosso, li vide mormorare tra loro.
"Perché devi fare sempre il solito stronzo razzista, Valè? Perché non li chiami gay invece di, froci o finocchi o checche?" sviò la domanda cercando di far capire ai suoi compagni chi fosse il vero problema della situazione.
"Stai eludendo la domanda. C'è qualcosa tra te e lui?" quasi urlò.
Un silenzio pieno di tensione e di sguardi che rimbalzavano da uno all'altro ragazzo.
Michelangelo strinse i pugni, sentiva il cuore che scalpitava, una domanda che gli fece sudare freddo. Un fitto nodo alla gola e una morsa allo stomaco gli fecero quasi venire la nausea.
"No." fu la risposta secca che diede. "Non c'è niente tra noi due, siamo solo amici." rispose con una tale sicurezza che per un momento ci credette anche lui.
Valerio tirò un sospiro di sollievo, si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla ancora nuda.
"Ottimo. Ora mi sento meglio, amico." ammise con fare amichevole, come se nulla fosse successo.
Michelangelo scacciò il braccio del compagno, e lo guardò negli occhi.
"Non puoi chiamarmi amico se fai di tutto per mettermi in imbarazzo davanti alla squadra, Valerio. E non posso certo essere amico di uno, che perde ancora tempo a fare certe battute senza senso e di pessimo gusto. Cresci un po', non siamo più ragazzini idioti." pronunciò, prendendo la sua roba spostandosi via. Si voltò un momento verso il suo compagno.
"Ah e d'ora in poi stammi alla larga, o c'è veramente il rischio che la prossima volta non mi tratterrò come oggi." aggiunse andandosene via per prepararsi per il colloquio della tesi di laurea del suo ragazzo.
Mentre si abbottonava la camicia bianca, pensando a quanto fosse in ritardo, si rese conto di ciò che aveva detto davanti ai suoi compagni.
Poteva ancora considerare Edoardo il suo ragazzo, dopo quello che era successo nello spogliatoio?

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