-sette-

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Guardai lo specchio annoiato, poi finalmente l'ascensore si fermò e non persi tempo ad uscire. Feci una breve corsa fino alla porta dell'appartamento e aprì la porta velocemente.
-sono a casa! Come stai? Ho fatto tardi, mi ero fermato a prendere il pranzo, hai portato fuori le gattine? Vieni a mangiare!- andai dritto in cucina e appoggiai tutte le sporte sul tavolo.
-Jisung?- mi girai e andai in salotto.

-ciao figliolo- mio padre si alzò da una delle poltrone e io mi trattenni dal cacciarlo fuori.
-papà... come mai sei venuto?-
-volevo solo assicurarmi che fosse tutto apposto, ho provato a chiamarti molte volte ma non hai mai risposto, mi stavo preoccupando, ma alquanto pare stai davvero riuscendo a vivere da solo- ridacchiò dandomi un paio di pacche sulle spalle, ma mi spostai velocemente.
-bene, ora puoi andare allora- indicai la porta d'ingresso, e d'uscita.
-figliolo! Ho fatto tanta strada per venire qua, non mi offri nemmeno il pranzo? Hai portato così tante cose- sorrise dirigendosi verso la cucina.
-non sono per te, dov'è Jisung?- lo fermai prima che potesse iniziare a spacchettare.
-di che? Parli di quel ragazzaccio che mi ha aperto? Ti ho dato i soldi per comprare un appartamento per te e te ne do per mantenerti, non per raccattare gentaglia dalla strada- lo guardai infastidito.
-sai perfettamente che non uso i tuoi soldi, quindi non è un tuo problema. Non sono un bambino, riesco a mantenermi da solo e fare le mie decisioni, vattene per favore- indicai di nuovo la porta.
-aish, come vuoi, me ne vado, quando avrai bisogno di me non esitare a chiamarmi- aprì la porta e gli feci segno di uscire, e così fece.
Sbuffai e sbattei la porta arrabbiato. Non sono un bambino, ho un lavoro e vado all'università, non ho bisogno di qualcuno che mi mantenga, se no mi troverei uno sugar daddy.

-Jisung!- urlai cercandolo in tutte le stanze.
-Dori, dov'è Jisung?- la gattina mi guardò e mi saltò addossò facendo le fusa.
-anch'io ti voglio bene, ma dov'è Jisung?- lei scese dalle mie braccia e in pochi scatti raggiunse il balcone. Aprì la porta e uscì, poi guardai di sotto. Sulla panchina c'era sdraiato proprio lui, le gambe accavallate e la faccia coperta da un fazzoletto, proteggendosi dai deboli raggi del sole.
-beh, sono abbastanza stupido, grazie piccolina- le grattai la testa facendole fare le fusa, poi uscì.

-oh, che ci fai qua? Vieni! Ho portato il pranzo, ormai sarà freddo ma è ancora buono- tolsi il fazzoletto dalla faccia del più piccolo permettendogli di guardarmi.
-vai via hyung- borbottò coprendosi gli occhi con le mani.
-perchè? Che ti ha detto mio padre? Qualsiasi cosa abbia detto sappi che non è vera- lui si alzò a sedere.
-no, ha ragione. Sono un'estraneo, ti sto solo risucchiando soldi. Non sei mio padre, non devi mantenermi a tue spese- lo guardai male.
-Jisung, se pensassi questo non ti avrei mai invitato, barra obbligato, a venire a stare a casa mia e non avrei fatto tutto quello che ho fatto per aiutarti, non lo faccio perché mi fai pena, ma perché ci tengo a te, sei mio amico- in pochi istanti i suoi occhi iniziarono a brillare nonostante la sua espressione facciale rimanesse indifferente.
-davvero?- annuì ridacchiando e lui si alzò, poi si avvicinò a me. Mise le braccia attorno al mio busto, poi mi strinse in un caldo abbraccio.
-che schifo sei sudato- si staccò disgustato.
-ho corso- sorrisi per poi spingerlo verso la casa.

-come ti senti ad essere ricco?- guardai Jisung confuso.
-come mi dovrei sentire? Uhm... normalmente? Penso che l'essere ricco o no non mi cambi molto, vivo qua solo perché è stato mio padre a comprarmi questo appartamento, ma vivo con i soldi che guadagno lavorando, quindi non mi sento ricco- lui annuì.
-io se fossi nato ricco come te non farei mai niente, vorrei che ci fossero delle domestiche e dei maggiordomi a fare tutto quello che voglio, avere un autista privato e andare in una di quelle scuole super costose- lo guardai sorpreso.
-davvero? Non mi sembri quel tipo di persona- ridacchiai.
-mh, forse è vero, ma non mi dispiacerebbe- si limitò a scuotere le spalle, poi tornò con la testa china sul libro.
Nonostante avesse iniziato da poco aveva già studiato molto, e la sua memoria non dimenticava mai niente, se avesse continuato così avrebbe potuto recuperare gli argomenti in tempo per iscriversi all'ultimo anno di liceo.

-com'era casa tua?- lui mi guardò sorpreso e io lo guardai imbarazzato.
-uhm... normale? Una tipica casa coreana- annuì.
-e non ti ci trovavi bene?- lui abbassò la testa e mi pentì di aver fatto quella domanda. Poi alzò la testa sorridendo.
-certo- non capivo se stava fingendo.
-e perché adesso sei... qua?-
-perchè... erano successe delle cose- si limitò a rispondere abbassando lo sguardo sui libri e io non gli chiesi altro.

𝙃𝙤𝙢𝙚𝙡𝙚𝙨𝙨 // 𝙈𝙞𝙣𝙨𝙪𝙣𝙜Where stories live. Discover now