Capitolo Uno - Scontrosa grazia

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Il tiepido calore del tramonto prese ad avvolgere i bianchi marmi del Castello di Miramare, mentre le acque triestine si tingevano di rosso. Candidi ciuffi d'onde carezzati dal vento s'infrangevano sugli scogli del molo, quasi toccando la sfinge di pietra che, vigile e consunta, osservava l'orizzonte. Un massiccio brusio di sottofondo accompagnava la musica del gorgoglio e dei versi dei gabbiani.

Isotta sedeva a lato della statua, con le gambe a penzoloni e lo sguardo puntato verso la città. Sotto al suo naso, i lunghi capelli corvini di Ilenia emanavano un odore di pulito misto a sudore, appena scomposti dalla leggera brezza marina. Da quella posizione poteva vedere il suo naso lungo e affilato, il mento schiacciato, la piccola voglia rossastra sotto l'occhio, il seno prominente e le gambe nude, i cui peli da poco ricresciuti pungevano la pelle delle cosce di Isotta, incrociate con gli arti dell'altra. Ilenia prese la mano di Isotta e la strinse con vigore, formando minuscoli cerchi con il pollice sul dorso bollente.

Quella giornata, la sua ultima da cittadina di Trieste, era stata programmata nei minimi dettagli, un itinerario che sfiorava i limiti del maniacale. Innanzitutto, sveglia presto per vedere l'alba, ma soprattutto per abbandonare il sonno con il torpore, la confusione nel buio, i suoni impastati delle loro voci e le membra bagnate dal caldo intorno ai loro corpi. Aveva deciso di dormire da Ilenia, la sua ultima notte: il suo letto le donava, ogni tanto, piccoli incubi o riposi rotti che aveva voluto evitare.

Fecero colazione in Piazza Unità d'Italia, non appena i primi tavolini toccarono le mattonelle colpite dalle nuove luci. In seguito si lanciarono in un giro completo per il centro, scrutando ogni dettaglio già visto e assaporato migliaia di volte. Visitarono il museo del mare, per l'ennesima volta, sempre rispettando i tempi decisi con rigore. Pranzarono presto in un bar, per poi scattare verso la Risiera di San Sabba. Tornate in centro, anticiparono quel momento che, ogni anno, segnava la fine dell'estate: la foto insieme su molo Audace, dove il Castello già si scontrava contro il cielo azzurro.

Fu proprio il Castello la loro meta finale, quel nido che, dopo anni di visite e di studi intorno alla sua storia, pareva più loro che dei defunti arciduchi d'Austria.

Isotta, con lentezza, prese un pacchetto di cioccolatini semisciolti dallo zainetto. Mangiarono con calma, alternando ogni tanto rapidi sorsi d'acqua. Fu Ilenia la prima a rompere il silenzio.

«Quindi parti». Un sussurro nel vento.

«Devo» rispose Isotta. «Mio zio non può lasciare tutto e rimanere qui».

«Ma tu potresti restare.»

«Sono ancora minorenne. E anche se restassi non saprei cosa fare, te l'ho detto.»

Ilenia annuì. «Ti ricordi quando abbiamo aiutato lo staff a scattare le foto alle murature per i restauri?» disse, cambiando argomento.

«Certo, le ho ancora. Poi ci hanno regalato dei poster con tutte le loro firme».

Risero. Gli occhi presero a inumidirsi.

«Quelli della reception mi hanno fatto l'applauso la prima volta che ho dovuto pagare, da maggiorenne».

«Beh, con tutte le visite che abbiamo fatto, se avessimo pagato avrebbero potuto costruire un altro castello uguale».

«Il regolamento mica l'abbiamo scritto noi» borbottò Ilenia. «Da minorenni si entra gratis in un tale paradiso? Lo sfrutto, scusami! Almeno ho pagato i souvenir.»

«Quella sera poi ci siamo ubriacate per la prima volta» continuò Isotta.

«Sì, a casa mia». Ilenia sollevò la testa, i suoi occhi sottili e chiari incrociarono quelli marrone e verde del volto davanti al suo. «Ti ho indotta in tentazione». Sorrise, un velo di malizia in volto.

Gli ermi oceani | Good Omens - Ineffable Husbands |Where stories live. Discover now