Naufragar d'Amore

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Il suono della sirena che strombazzava mentre la nave usciva dal porto mi fece sobbalzare d'improvviso, distogliendomi dall'ammirare, avvinghiata al parapetto, la splendida tela del tramonto che si stagliava dinanzi ai miei occhi

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Il suono della sirena che strombazzava mentre la nave usciva dal porto mi fece sobbalzare d'improvviso, distogliendomi dall'ammirare, avvinghiata al parapetto, la splendida tela del tramonto che si stagliava dinanzi ai miei occhi.

Anaïs e Orlando, i miei chiacchieroni e irruenti genitori, eran già in camerino a disfare le valigie e a rifocillarsi all'opulento e variegato buffet di benvenuto offerto dal personale.

L'ennesima estate bruciata a bordo di un colosso, lontana dai miei amici, dalla mia amata biblioteca e dalla mia sbilenca bicicletta viola con il cestino traballante. La tentazione di calarmi in una scialuppa e ritornar indietro solleticò con follia la mia mente annoiata.

«Comandante! Comandante, uomo in mare!»
La voce di un ufficiale di bordo dagli occhiali tondi e magro come un chiodo mi fece voltare verso le acque fonde, che sciabordavano sotto di me, irruenti e schiumose.

Fra il blu notte e il bianco perla, intravidi un'ombra distesa in un piccolo canotto arancio acceso,   abbarbicata alla maniglia nera all'interno dello stesso.
In cuor mio, sperai che stesse solo sonnecchiando, che la sua immobilità fosse dovuta soltanto a questo e non a una condizione ben più funesta.

Il corpo marinaresco si affrettò presto a recuperarlo dalle acque agitate. Mentre lo issavano, scorsi un piccolo movimento delle sue braccia. Sospirai sollevata, mentre il resto dei passeggeri che sostavano all'esterno si accostava incuriosito a osservare le manovre di salvataggio.

Lesta, mi avvicinai anch'io.
Il medico di bordo controllò il battito dello sfortunato naufrago, poi lo voltò delicato a faccia in su.
La pelle del viso era arsa dal sole e arrossata dalle intemperie. Ciocche umide, più nere delle pece, gli si erano incollate sulla fronte dorata. Le labbra, piene e carnose come un succoso frutto esotico, erano d'un bianco pallore, dovuto alla disidratazione.

Il dottor Komasky gli deterse il volto con un panno intriso d'acqua, glielo passò sulla bocca riarsa.
Fu proprio in quell'istante che l'uomo del mare socchiuse piano i suoi occhi e, con mio grande stupore, posò il suo sguardo dritto su di me.

E fu proprio in quell'istante che io, in balia di quelle gemme malachite che avevan raccolto il sole alle mie spalle, di quelle ciglia frondose che serbavano ancora perline salmastri... mi innamorai, follemente, per la mia prima volta.

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