Il morbo dell'amore

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«Basta! Maledizione, scollati!»

Mi scansasti in malo modo. Fu una stilettata al cuore, fece un male terrificante. I fiori di campo mi carezzavano il volto e tu lo guardava schifata. Mi dispiace, avrei voluto dire. Ma dalle mie labbra non uscivano altro che brevi respiri tremanti, spezzettati, mangiucchiati. Mi dispiaceva davvero.

«Ma che ti salta in mente?»

Ti avevo baciata. Era stato un momento di debolezza, eri così vicina, così bella. Così serena, per un attimo, così indifesa che non sembravi neanche più tu. Mi dispiacque al punto che, per un attimo, un minuscolo e pericoloso attimo, pensai che sarei scoppiata a piangere lì.

«Scusa. Vuoi che riprenda?»

Avevo mollato il libro sull'erbetta fresca e c'era finita sopra una formica, che scansai senza uccidere. Tu l'avresti schiacciata. Mi avevi chiesto di leggere per te. Non l'avevo mai fatto, ero così nervosa che la schiena mi stava chiedendo pietà e il vestito era diventato tutto spiegazzato, coi fiori che perdevano, nelle pieghe, dei petali.

«No. Va bene così. Me ne torno a casa.»

Balzai in piedi. Letteralmente, come se mi avesse colpita una scarica elettrica. Il libro fu preso e poi chiuso con così tanta fretta e violenza che il mio segnalibro scivolò e mi dovetti riabbassare per riprenderlo.

«Non mi seguire.»

Tardi. Ti stavo già seguendo. Mi fermai, col mio I fiori del male abbracciato al petto, almeno lui. Avevi ancora il fiore che ti avevo delicatamente infilato nei capelli aggrappato ai lunghi ciuffi d'ebano. Aspettai che i tuoi passi non fossero più udibili, poi ricominciai a seguirti. Eravamo a un massimo di dieci metri di distanza, ma per me quella lontananza era già troppa. Non accelerai il passo.

«Smettila, ho detto!»

Ti girasti e lo urlasti, con le mani chiuse in due pugni vicino ai fianchi e il volto stravolto dall'ira. Scusa. Non sapevo ti avrebbe sconvolto così. Non era neanche nei piani.

«Dobbiamo prendere lo stesso autobus.»

«Fattela a piedi.»

«Non posso.»

Era anche vero. La strada era così accidentata ed io così fragile che mi sarei sicuramente slogata un piede e non avrei potuto più camminare.

Il sole illuminò le spighe di grano che si alzavano fiere tutte intorno a noi e il vento scosse quell'oro spalmato sulla nuda terra. Faceva così caldo che per un attimo desiderai di buttarmi nel fiumiciattolo lì vicino e lasciarmi trascinare a fondo dalla corrente.

«Bugiarda. Sei solo pigra.»

«Falla anche tu a piedi, allora!»

Corsi verso di te. Il tuo sorriso, pensai, voleva dire che già ti eri scordata dell'errore che avevo commesso. Pensai che, se te n'eri scordata tu, se ne doveva esser scordato anche Dio.

-

Pioveva. Il tempo, d'estate, cambia da un giorno all'altro come il tuo umore. Quel giorno eri tranquilla, non parlavi, avevi l'ombrello candidamente appoggiato alle ginocchia. Avremmo dovuto fare un pic-nic, ma il meteo ti dava sempre la possibilità di rubare il nostro tempo rimanente. Io lo contavo come contavo le piccole pietre del mio rosario.

«Perché l'hai fatto? Quel giorno, quando stavi leggendo Baudelaire.»

Erano passati già due giorni, quindi avevo pensato avessi rimosso e basta l'argomento. Evidentemente, mi sbagliavo.

Il morbo dell'amoreOnde histórias criam vida. Descubra agora