41-Non ti è mai importato un cazzo

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NICCOLÒ

Le gambe che vanno per conto proprio, la voce che sembra non voler uscire dalla bocca nonostante l'immensa voglia di urlare che mi porto dentro e tutto il resto del corpo in preda a brividi incompresi.
Tante, troppe volte mi è capitato di trovarmi in questa situazione, con una gioia sconfinata da una parte e il timore nel senso più puro della parola dall'altra.
Sarà la millesima occasione con queste caratteristiche che mi si presenta davanti eppure oggi sento tutto più amplificato. D'altronde la situazione in cui mi trovo richiede una reazione anche solo simile a quella che sto affrontando perciò penso che da un lato sia normale.

Dopo essere andato da Emma e aver provato dopo tanto tempo un po' di quella felicità che ho vissuto insieme a lei per sei lunghi e bellissimi anni, ho sentito dentro di me come la necessità di mettere al loro posto anche quegli ultimi pezzi di puzzle che mancano per completare il tutto.
Perciò una volta tornato a casa mi sono fatto coraggio e ho dato appuntamento ad Adri e Gabri proprio qui, a casa mia, per cercare di sistemare la situazione o perlomeno scusarmi con loro per tutto ciò che in questi mesi gli ho fatto passare ingiustamente.

Non faccio neanche in tempo ad accorgermene che la porta d'entrata si spalanca mostrando le loro figure davanti ai miei occhi. Subito mi alzo dal divano sul quale mi ero appena seduto e cerco di mantenere la calma per quel poco che mi è possibile.

"Ciao" sussurro.

"Ciao" ricambia Gabriele con un sorriso timido sul volto. Adriano d'altro canto non sembra propenso a salutarmi, troppo impegnato ad osservare con precisione ogni angolo della casa.

"Come stai?" azzarda a chiedere Cocco.

"Meglio" sorrido sincero.

"Vedo che hai sistemato" constata poi Adri da solo, interrompendo il dialogo tra me e Gabri, senza mai guardarmi negli occhi. Io invece li chiudo, come per incassare il colpo che mi risulta molto più grande di quello che in realtà è. Forse perché tengo a loro come tengo a poche persone nella mia vita, perché ci sono sempre stati per me, ad ogni singola difficoltà, ed io li ho sempre allontanati, sbagliando ogni volta.

"Volevo solo chiedervi scusa" sospiro riaprendo gli occhi. Noto Gabriele con il capo chinato mentre Adriano quasi non lo riconosco. Sembra che nemmeno mi stia ascoltando e questo suo comportamento non fa altro che non sia aumentare il senso di autocolpevolizzazione che sto assumendo ogni secondo di più.

"Vi ho trattati malissimo, a voi che meritate il meglio. Vi ho allontanati da me quando volevate solo aiutarmi e ho sbagliato" cerco in tutti i modi di ottenere un contatto visivo con qualcuno di loro ma sembra una missione quasi impossibile.

"Non voglio buttare al vento un legame forte come il nostro" ammetto poi quasi in un sussurro, vedendo farsi spazio un sorriso sul volto di Gabriele.

"Però l'hai fatto" prende parola Adriano, lasciando spazio ad un silenzio ancora più assordante di quello che già si era creato dopo le mie parole. Alza finalmente il capo e nel momento in cui i nostri sguardi si incontrano, sono certo di aver sentito qualcosa spezzarsi dentro di me, ma penso che la delusione che leggo nei suoi occhi sia qualcosa di ancora più brutto.

"Ho fatto di tutto per farti mettere la testa a posto Nì, tutto, eppure tu sei sempre stato indifferente ad ogni mio singolo gesto. Non ti è mai importato un cazzo di ogni smazzata che mi prendevo per te, mai" alza di un tantino il tono della voce, trasparenti ugualmente quella sensazione sconfitta che mi distrugge ancora di più. Non ribatto, infondo sta dicendo la verità.

Restiamo così per del tempo indeterminato, occhi negli occhi, alla ricerca di una risposta o di una conferma ad una domanda inesistente, che però sembra non voler arrivare.

"Io lo so che non eri in te Nì, che se fossi stato tu ad agire non avresti mai fatto nulla di tutto ciò che hai fatto, per questo non ti giudico" è Cocco il primo a prendere parola.

"Per questo ti dico che, come sempre, ci sarò quando avrai bisogno. Ma se ti richiuderai di nuovo in te stesso, e spero di no, spetterà a te trovare la via d'uscita" tiro un sospiro di sollievo immaginario, annuendo poi frettolosamente.

"Non succederà" prometto girandomi poi nella direzione di Adriano, e Cocco come me.

Sta fissando il vuoto, forse sta pensando ma non ne ho la certezza. Magari sta semplicemente realizzando ciò che già sa bene che dirà oppure non ha la men che minima idea di che cosa fare.

"Emma?" domanda poi dal nulla, lasciandomi un po' scosso.

"In che senso?"

"Hai parlato con lei?" riformula meglio la domanda, allora annuisco.

"Abbiamo deciso di riprovarci. Mi ha dato un'altra possibilità e vogliamo ricominciare piano piano" sorrido senza neanche volerlo mentre lui sforza una smorfia d'approvazione. Sbuffa un'altra volta, scuotendo la testa.

"Mio Dio Nì se non ti volessi tanto bene non sarei nemmeno qui per accettare delle stupide scuse che non servono a niente" si trattiene dal sorridere di lato come suo solito.

"Fai ancora una volta il pirla e scordati che ti tiro di nuovo in piedi" a quelle parole mi alzo dalla mia postazione e mi affretto ad abbracciare entrambi.

"Me stai strozzando cretino" scherza Cocco riuscendo ad attirare una risata generale.

"Ve vojo bene regà" ammetto.

"Io no"

Allora prendo la sua testa tra le mani e gli lascio un bacio sulla guancia come per lasciare un ipotetico segno.

"Mi rimane la bauscia schifoso" ride Cassio nuovamente, passandosi la mano più volte sulla guancia.

"A Nì! Emma non ci pensi?!" si intromette nel tutto Gabriele, che arriva con tra le mani i joystick della Playstation.

"Torniamo ai vecchi tempi"

Neanche faccio in tempo a dirlo che mi ritrovo spaparanzato sul divano in compagnia dei miei migliori amici, intenti ad incominciare uno di quei tornei che da troppo tempo non giocavo più.

SPAZIO AUTRICE
QUESTO CAPITOLO È LO SCHIFO

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