Capitolo 5 - Will

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Percorro giusto qualche metro con Skye aggrappata alle mie spalle e poi preferisce scendere e riprendere la corsa da dove l'avevamo interrotta. E poi non parliamo più per la restante ora, se non per dire qualcosa su Darth che ci segue paziente, ormai abituato alle lunghe corse che fa con me quotidianamente. Ma quando arriviamo sotto casa sua, dico qualcosa che non mi aspettavo minimamente di dirle. «Posso fare la doccia da te?»
    Si volta a fissarmi confusa.
    «Devo fare trenta chilometri prima di arrivare a casa mia. Per favore, sono sudato come un maiale». Provo a fare un'espressione disperata e lei alza gli occhi al cielo.
    «Okay. Entra pure». Si avvia prima di me e mentre sale le due rampe di scale, aggiunge: «La faccio prima io però».
    Annuisco e mi porto dietro Darth, crogiolandomi nel fatto che sembra tornare tutto alla normalità tra di noi. Ma meglio non accelerare troppo le cose. Ho paura di infastidirla da un momento all'altro e ritornare di nuovo al punto di partenza.
    «Non ti dico di prendere qualcosa da mangiare, perché già sai che non c'è nulla con cui fare colazione. Ma puoi pensare a dare un po' d'acqua a Darth. Dovrebbero esserci dei piattini di carta da qualche parte», mi spiega mentre si avvia nella sua camera.
     «Okay, vorrà dire che dopo ci fermeremo in una caffetteria», azzardo e intanto mi metto a cercare qualcosa in cui possa versare dell'acqua per dissetare il mio cane, ma Skye non risponde e chiude a chiave la porta del bagno.
      Trovo un piatto di carta nell'unico pensile che c'è in questa misera cucina, anche se chiamarla cucina è decisamente troppo. C'è solo un fornellino elettrico poggiato su un mobile scheggiato con tre cassetti ed è tutto... ristretto. È tutto molto piccolo, a partire dal tavolo, le due sedie, un frigo come quelli che si trovano nella stanza di un hotel, un divano scialbo che contiene a malapena due persone, un vecchio televisore grosso quanto una scatola da scarpe e una finestra dove ci passa a stento la testa.
      Non riesco a credere che Skye stia bene in un posto così schifoso. Insomma, non c'è neanche un lavello e le pareti sono per la stragrande maggioranza macchiate da aloni di umidità e perdite sul soffitto.
    Do una carezza a Signore che si avventa sull'acqua fresca e mi avvio nella camera da letto. Non voglio che Skye resti qui. Dovrò fare di tutto per convincerla a ritornare a casa. Ma se proprio non vuole, potrà stare anche a casa mia. Mia madre sarebbe contenta di vederla gironzolare di nuovo per casa, un po' meno lo sarà Olivia.
    Il letto è ben fatto e le lenzuola sono chiare e di seta pura. Le pareti sono sempre malandate e c'è un piccolo armadio a due ante, ma senza le ante. I vestiti di Skye sono tutti appesi in bella vista e una valigia accanto al letto, spalancata, contiene la sua biancheria intima.
    Distolgo subito lo sguardo da tutta la varietà di colori delle sue mutandine, soffocando la curiosità di scoprire se si trattano di perizomi, tanga o slip normali.
     C'è una piccola finestra proprio sulla testiera del letto e la porta del bagno sul destro della parete. Sento l'acqua della doccia scorrere e la voce di Skye che canticchia una canzone. Ha sempre avuto una bella voce e ho sempre adorato sentirla cantare, anche se lo fa raramente e soprattutto quando nessuno la ascolta.
     Mi ritrovo a sorridere e penso che sia di buon umore per cantare così, pur sapendo che ci sono io dall'altro lato della porta. Sono contento che si stia ammorbidendo nei miei confronti e mi prometto di non parlarle più di quella sera, ma solo di questi nuovi giorni che sembrano avvicinarci sempre di più.
    Faccio scorrere una mano sui suoi vestiti nell'armadio e sobbalzo quando non sento più l'acqua della doccia.
     Ritorno subito nell'altra stanza e mi siedo accanto a Signore che si sta beatamente riposando sul divano. E il mio cuore salta un battito quando sento la porta del bagno aprirsi e punto lo sguardo verso la sua camera, pur sapendo di vederla con addosso solo un asciugamano; esattamente come ieri sera. Ma non fa in modo che la veda e richiude subito la porta prima di lasciarmi il tempo di guardarla.
    Tiro un sospiro e accarezzo il mio cane, aspettando pazientemente che esca e mi dia il via per poter fare una doccia.
     È dilaniante quest'attesa e nel frattempo invio un messaggio a Chris, chiedendogli di vederci per pranzare insieme, ma di Olivia nessuna traccia. Sarà già partita? Poi mi ricordo del mio zaino in auto con i vestiti di ricambio e corro subito a prenderlo.
     Ebbene sì, avevo già programmato anche la doccia a casa sua, ma non pensavo di avere il coraggio di chiederglielo.
     «La doccia è tutta tua». Skye spalanca la porta pochi minuti dopo il mio ritorno. Indossa un pantalone morbido, scuro, lungo e largo e una fascia bianca che le copre il seno grosso e prosperoso. Ha i capelli bagnati e se li sta pettinando con una spazzola. «Ti ho lasciato due asciugamani in bagno».
     «Grazie». Le passo di fianco con il mio zaino in spalla, riuscendo a malapena a sentire l'odore di fiori che emanano i suoi capelli, perché si sposta subito e si avventa su Darth che richiede le sue attenzioni.
     Mi chiudo in bagno, rendendomi subito conto di starci decisamente stretto. Non c'è neanche una finestra e le piastrelle sono di un colore scuro soffocante, ma il piccolo ambiente è saturo dell'odore di Skye e questa è l'unica cosa che mi fa stare bene in tutto questo schifo di appartamento. Devo però convincerla al più presto ad andare via da qui.
    E ci impiego pochissimo a fare la doccia, in un piccolo vano coperto da un telo che mi si appiccica continuamente sulla schiena. «Porca puttana», borbotto e lo spingo su di un lato per avere maggiore mobilità e me ne frego dell'acqua che spargo sul pavimento. Mi levo via l'acqua in eccesso dai capelli e mi arrotolo un asciugamano in vita, per poi precipitarmi da Skye che è in cucina a giocare con Signore.
     «Questo posto fa schifo! Il bagno è orribile e questo quartiere è inaccettabile», sbotto puntandole l'indice.
      «Hey...» prova ad ammonirmi con un'occhiata dura, ma poi vedo i suoi occhi che si abbassano per un istante sui miei addominali e lotta per non sgranarli e rimanere di stucco. «Po-potresti metterti prima una maglietta, per favore, e poi ne discutiamo?» balbetta e si volta di lato per non dovermi più guardare.
     «Non voglio discutere, voglio che tu vada via da qui immediatamente», insisto.
     «La maglietta», ripete tra i denti.
    «Okay, la metto tra un attimo, ma... Skye, ascoltami. Quest'appartamento fa schifo», dico con calma e la fisso intensamente, sperando di riuscire a farle cambiare idea in fretta.
     Indossa la divisa del lavoro adesso. Ha un paio di pantaloni neri e una polo arancione con il logo del fast food ricamato in rosso su di un lato. Ha raccolto i capelli e il profilo del suo viso è spettacolare.
    Si volta lentamente verso di me. Incatena i suoi occhi ai miei e sospira. «Dammi un motivo per ritornare. Un motivo valido, Will».
     Provo a rispondere qualcosa, ma non ci riesco. Mi si attanaglia lo stomaco al pensiero di non conoscere nessun motivo valido, niente che le faccia cambiare idea. «Riavresti la tua vecchia vita», azzardo, ma dentro di me, con queste parole, intendo alla sua vecchia vita con me.
     Alza gli occhi al cielo ed emette una risata amara. «Non la voglio la mia vecchia vita».
     «E allora cos'è che vuoi?»
    Mi fissa per qualche secondo, con gli occhi sgranati. Prova a dire qualcosa, ma poi sembra che cambi repentinamente idea. «Adesso voglio solo andare al lavoro», sbotta e mi sorpassa, ma io le afferro un braccio.
     «Skye, non voglio litigare con te. Ma ammettilo: questo posto è uno schifo».
     Abbassa lo sguardo. «Lo so». Tira con rabbia il braccio e poi va a rinchiudersi in bagno.
    Digrigno i denti e stringo i pugni. Perché non riesco più a trovare un punto d'incontro con lei? Devo di sicuro impegnarmi di più e se c'è una cosa che amo di me è che non mollo facilmente. Quindi, Skye dovrà abituarsi alla mia costante presenza e alla mia petulante insistenza sul portarla via da qui.
    Recupero il mio zaino dalla sua camera e tiro fuori un paio di jeans e una t-shirt chiara. Mi rivesto in fretta e attendo che lei esca dal bagno per portarla al lavoro, anche se la porterei volentieri a casa mia. Ma per oggi, meglio non infastidirla ulteriormente.
   «Scusami del casino che ho combinato in bagno. Posso mandare qualcuno a dare una ripulita», alzo un po' il tono di voce, ma lei esce con gli asciugamani appallottolati tra le braccia.
    «Tranquillo. Ho già fatto io». Mette tutto in una busta capiente che deduco debba portare in lavanderia.
     «Ti serve una mano?»
   «No, laverò tutto stasera quando finirò il turno. Dai, ora andiamo?» si avvia prima di me, senza puntualizzare il fatto che ha accettato di farsi accompagnare, e attira l'attenzione di Darth per affrettarsi ad uscire.
     Afferro le buste con gli indumenti da lavare e li porto con me. Non mi va di saperla ancora in giro a tarda sera in una lavanderia a gettoni. Ci penserò io a restituirle le sue cose lavate e stirate.
     Mi richiudo la porta alle spalle e metto tutto nel bagagliaio, insieme al mio zaino. Lei non si accorge di nulla e sale in auto dopo essersi assicurata di aver sistemato per bene il cane sui sedili posteriori. E quando prendo posto alla guida, mi fa strano averla accanto nella mia auto.
    «Vuoi un caffè?» le chiedo appena avvio il motore.
    «No. Faccio colazione a lavoro».
    «Okay, ma sappi che per me non ci sono problemi. Posso fermarmi in qualunque posto...»
    «Will», mi interrompe. «Non c'è bisogno», mi dice con calma e io mi zittisco.
     «Va bene, scusami».
     E non diciamo più nulla fino a quando non arriviamo al fast food e lei scende subito dall'auto. «Grazie», mi rivolge un rapido saluto e poi regala una lunga carezza a Darth.
     «Di nulla...» provo a rispondere e sono indeciso se aggiungere dell'altro. Ma quando provo a chiedere se posso tornare a riprenderla alla fine del turno, lei si è già dileguata.
     Emetto un lungo sospiro e poi mi allontano. Ritorno a casa mezz'ora più tardi e raggiungo direttamente la domestica per consegnarle le buste di Skye.
      «Ho bisogno che tu dia una lavata a queste cose». Le poso sull'asse da stiro che sta usando per stirare le camicie di mio padre e la fisso aspettando in fretta una risposta.
     Lei guarda le buste con circospezione e tira fuori, con le punte delle dita, un paio di tanga in pizzo. «Pensavo che la tua ragazza avesse già qualcuno che le lavasse e stirasse la biancheria intima».
    «Non è roba di Olivia», deglutisco e afferro quel pezzetto di stoffa, per poi rimettetelo nella busta. «Per favore, lava tutto», aggiungo agitato, con la mano che mi va a fuoco.
    Mi dileguo all'istante per nascondere questa stupida irrequietezza, ma la sensazione di quella stoffa ruvida e delicata ancora tra le mie dita mi fa mancare il fiato. «Merda», borbotto tra me e me. Che speranza ho di riallacciare i rapporti amichevoli con lei se il mio intero organismo va in agitazione per un paio di mutandine che le appartengono?
    Cerco di calmarmi bevendo dell'acqua fredda e poi, raggiungo mio padre in azienda per distrarmi un po' e ammazzare il tempo, buttando giù nuove idee per qualche futura campagna pubblicitaria.
     Solo quando è ora di pranzo, Olivia si fa sentire, ma per pochi minuti. Mi avvisa che è arrivata a New York, che ha molto da fare e che avrebbe richiamato in tarda serata. Ed ecco che di nuovo arrivano i dubbi su questo suo strano atteggiamento. Ancora una volta, Olivia mi liquida come non aveva mai fatto prima, e ora sono più che curioso di scoprire il motivo e ho già in mente un piano.
     Chris mi raggiunge in un ristorante nei pressi dell'azienda e dopo aver ordinato da mangiare e parlato del prossimo progetto pubblicitario, apro il discorso Skye.
     «Sono stato da lei ieri sera... e anche stamattina», ammetto.
     «Strano che tu non abbia neanche un occhio nero», dice con la bocca piena.
    «In realtà, si sta ammorbidendo nei miei confronti e credo che tutto ritornerà alla normalità prima del previsto».
    «Beh, sono contento. Ma cosa dirà Olivia?»
    «Skye esisteva nella mia vita già prima di Olivia».
    «Non è la risposta giusta da dare alla tua futura moglie», enfatizza bene le ultime parole.
    Sbuffo. «Lo so, ma c'è qualcosa che non va in Olivia. È molto strana, silenziosa... sfuggente. Forse mi tradisce? O ci sta ripensando sul matrimonio e ha paura di parlarmene?»
     Mi fissa confuso. «Forse è solo un po'... stressata. Non è da te trarre queste conclusioni affrettate e pessimiste».
     Alzo gli occhi al cielo. «No, Chris. La conosco bene e c'è di sicuro qualcosa che non va».
    «Allora prova semplicemente a parlargliene».
     «Ci ho provato e mi dice che va tutto bene, ma io non le credo». È difficile spiegargli come mi sento, per questo penso che solo Skye possa riuscirci, soprattutto a mettere in atto il mio piano. «Voglio chiedere a Skye di riallacciare i rapporti con Olivia e chiederle di scoprire se nasconde qualcosa», aggiungo.
     Quasi strozza. «Sei serio?»
     «Sì. Voglio capire se ne vale la pena, Chris. Intendo il matrimonio», sono ormai nella confusione più totale.
     «Skye non accetterà mai e neanche Olivia», mi sbatte in faccia la realtà.
     «Voglio almeno provare», insisto.
     «Will, cosa speri di ottenere? Indispettirai Olivia e Skye crederebbe che tu l'abbia cercata solo per questo».
     «Ci ho già pensato e so a cosa vado in contro, ma in un modo o nell'altro devo scoprire cosa c'è che non va in Olivia».
      «Okay, provaci. Ma sarà un fallimento totale».
      «Correrò il rischio!» concludo con determinazione.

SAVAGE LIES (storia incompleta) Where stories live. Discover now