|| Distrutto dentro ||

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Berlino rimase con aria dispiaciuta e si diresse verso il bagno: "Beh, allora io vado a fare una doccia." Disse lo spagnolo attendendo una risposta che non arrivò.

Palermo si sedette sulla sua parte del letto e si mise le mani nei capelli. Iniziò a piangere silenziosamente pensando: ma perché sempre a me viene lanciata tutta questa merda. Martín si sentì male al solo pensiero di averlo vicino. Di aver vicino a lui, nello stesso letto, l'uomo che gli aveva spezzato il cuore. Poi di colpo Berlino aprì la porta del bagno e sorprese Palermo piangere silenziosamente a dirotto. Ma quando quest'ultimo se ne accorse, ormai era troppo tardi. Ormai Berlino sapeva che se stava ancora male era colpa sua. E sapeva che adesso Martín, davanti ai suoi occhi, era un libro aperto, senza nessuno scudo che lo proteggesse dal dolore.

"Martín."
"Che cazzo vuoi Andrés?"
"Voglio solo parlare."
"Non abbiamo proprio niente di cui parlare."
"Vorrei solo chiarire, Martín, per favore."
"L'ultima volta che hai detto così sei stato fin troppo chiaro." Disse con le lacrime agli occhi in tono arrabbiato.
"Tutti e due vogliamo parlare. Non nasconderlo. Io voglio darti spiegazioni e voglio che tu risponda alle mie domande." Disse speranzoso.
"Vaffanculo, figlio di puttana. Tu non hai idea."
"Lo so..."

"Ah sì? Lo sai tutto il male che mi hai fatto? Figlio di una grandissima puttana, brutto pezzo di merda! Tu non sai proprio un cazzo di me. E sai perché? Perché non hai mai capito un cazzo. Perché sei un egocentrico, un megalomane di merda! Io ti ho amato come nessuno per 10 anni e tu non hai fatto altro che lasciarmi solo! Perché a te piacciono moltissimo le donne no? Perché per te erano più importanti quelle figlie di puttana che ti scopavi! Ti odio cazzo!" Sbottò Martín piangendo e urlandogli contro con tutta la rabbia che aveva.

Berlino per la prima volta pianse. Era un uomo forte e duro come una roccia. Non piangeva mai. Eppure quel giorno, dopo le parole di Martín, non poté farne a meno. Palermo continuò a guardarlo e poi gli sferrò un pugno in faccia. Intanto, mentre il viso di Berlino era sommerso dalle lacrime e con un rivolo di sangue che usciva dal naso e una dalla bocca, Martín riprese il suo discorso.
Ma riprese cambiando tono. Parlando senza rabbia. Solo con tanto dolore e tanta sofferenza. E ancora più lacrime che gli rigavano il viso.

"Ho passato 10 fottuti anni della mia vita innamorato di te. Sperando che lo capissi. Sperando che capissi che sono io quello che ti ha sempre amato sin dal primo momento in cui ti ho visto. Per stare con te io ti ho seguito ovunque! In capo al mondo! Tu non ti sei mai accorto di quanto io stessi male. Di quanto io soffrissi vedendoti con le tue ex mogli del cazzo. Di tutto quel dolore, che potevi vedere solo dal mio sguardo. Non ti sei mai reso conto di quanto io ti amassi, con tutto me stesso. Tu mi hai solo abbandonato e fatto soffrire. Niente di più. Sono stanco di vivere così...non posso più sopportare tutto questo. Non ti rendi conto che quella sera...ne sei cosciente del fatto che mi avevi distrutto e lasciato lì in mille pezzi? Ho sofferto come non mai e solo per colpa tua. E poi sei morto. E adesso resusciti. E ora pretendi anche di parlare con me. Mi hai fottuto per bene, Andrés.
E sai quello che mi era rimasto di te? Solo quel fottuto bacio che mi hai dato, prima di lasciarmi lì da solo. E ha finito per distruggermi."

Berlino scoppiò ancora di più in lacrime e si sentì pugnalato al cuore. Scusami. Voleva dire solo quello. Ma dalla sua bocca non uscì parola.
Non ci riuscì. E Palermo lo lasciò lì, nei suoi pensieri. E gli stava bene dopo tutto quello che gli aveva fatto. Palermo se ne andò sbattendo violentemente la porta e si asciugò le lacrime in corridoio. Fuori c'erano Bogotà e Lisbona a parlare con una sigaretta. E il primo chiese:
"Mart-. Ehm. Palermo. Dove vai?"
"Ho bisogno d'aria." Uscì a piedi, per fare due passi e le lacrime ricominciarono ad uscire. Tornò la sera tardi, dopo due ore di riflessione e pianti.

"Palermo ma dove eri finito?" Chiese Nairobi.
"Niente di che. Solo a fare due passi." Rispose fingendo di star bene.
"Beh, mi dispiace ma Helsinki si è finito anche la tua cena." Disse Tokyo con fare scherzoso.
"Scusa Palermo. Ma non arrivavi. E come dici tu, ci vuole cibo per mantenere questi muscoli, no?" Rispose ridendo. Tutti si unirono alla risata.

"Sì, tranquillo Helsinki. Beh, se non vi dispiace io ora vado a riposarmi."
"Sì anche io." Rispose Marsiglia.
Dopo all'incirca tre quarti d'ora, Palermo uscì dalla stanza con il suo solito quadernino e una penna, nel quale scriveva i suoi pensieri. Tutti erano nel cortile interno, invece lui andò in quello esterno. Si mise da solo in un angolo guardando la luna e le stelle e scrisse i suoi pensieri.

"Si realmente me quieres, entonces elígeme. Siempre. Elígeme todos los días. Elígeme cuando estoy triste, cuando estoy roto dentro, cuando tengo miedo y cuando soy enfadado."
Poi sentì i passi di qualcuno venire verso di lui e chiudere il grande portone del monastero. Era Berlino. Palermo sospirò profondamente.

Perdonami || BerlermoWhere stories live. Discover now