II

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Avevo quasi finito tutte le faccende, mi mancava solo di impilare la legna che ero riuscita a tagliare. Ero veramente stanca, così mi sdraiai su quella poca erba che cresceva, alzai la testa verso il cielo e notai dei grossi nuvoloni in lontananza: sarebbe arrivato un temporale da lì a breve. Rientrai e mi misi seduta sulla vecchia poltrona di mio padre, era veramente scomoda e continuai un libro che avevo ormai iniziato da qualche tempo.

Dopo quasi venti minuti vidi mia madre rientrare, come sempre non mi salutò e, salendo le scale, si mise a controllare il lavoro che avevo svolto, non si fidava. Quando finì, tornò al piano di sotto e iniziò a rimproverarmi perchè, secondo lei, sono sempre chiusa in casa a poltrire sulla poltrona o nella mia camera. Non le risposi, non interagisco con lei quasi mai, mi limitai ad ascoltare. Dopo la sua sfuriata si chiuse in camera. Invece chissà dove era stata lei, dalla morte di papà non faceva altro che passare il suo tempo all'unico piccolo bar del paese in cui abitiamo.

Stronza, questo è il termine che le si addice di più.

Il temporale persisteva e la pioggia continuava a battere ferocemente sulle finestre. Dopo un'oretta, si trasformò in una bufera e oltre a piovere grandinava. Mi affacciai alla finestra e tra la tempesta mi sembrò di intravedere una figura robusta, forse era solo una mia fantasia. Dopo qualche minuto eccola di nuovo lì, sempre più vicina, ormai era sotto il portico...mi spaventai e mi nascosi dietro la porta. Niente, nessun rumore. Mi tranquillizzai, ma rimasi comunque accasciata alla porta con le orecchie pronte a captare qualsiasi minimo rumore. E dopo quasi cinque minuti sentii bussare, una volta, due volte e poi alla terza urlarono "кто-нибудь есть?" (c'è nessuno?).

Era la voce maschile, giovane oserei direi. Mi decisi ad aprire e a lasciarlo entrare in casa. La prima cosa che notai fu la sua faccia sconvolta, poi i suoi vestiti trasandati e infine il suo braccio destro in metallo.

All'inizio mi spaventai, anzi a dirla tutta ero veramente terrorizzata, ma poi lo guardai in volto e non so come i suoi occhi grigi riuscirono momentaneamente a calmarmi. Era un bel ragazzo. Aveva un bel fisico, scommetterei con chiunque che questo sconosciuto non è di origine russa. Troppo carino per essere di qui.

Dopo dieci minuti nei quali eravamo rimasti lì a fissarci, gli chiesi chi fosse e che cosa volesse. Lo so, non sono stata educata, però capitemi, ho appena fatto entrare un estraneo dal braccio di metallo in casa mia. Disse di chiamarsi James e che dopo mesi di tortura era finalmente riuscito a scappare dalla prigione in cui lo tenevano prigioniero.

L'avevo detto io, troppo carino per essere russo.

Stavo per rispondere che per me non c'erano problemi ad ospitarlo per un po', quando mia madre fece la sua comparsa sui primi gradini delle scale, lo squadrò dalla testa ai piedi e gli chiese in malo modo chi fosse e cosa volesse. James controbatté che cercava un posto dove stare per qualche giorno e che non avrebbe creato problemi. A quel punto vidi mia madre scendere velocemente le scale e avvicinarsi a noi. Gli stava per dire di andarsene quando si incantò, lo stava guardando negli occhi e con un sorriso da ebete dipinto in faccia continuò a fissarlo. James si girò verso di me, mi guardò, io guardai lui imbarazzata e non sapendo cosa fare con mia madre gli dissi che poteva restare. Anche la statua sembrò approvare la mia decisone, poiché si risvegliò, lanciò un'ultima occhiata a James e se ne tornò al piano di sopra. Appena se ne andò, mi scusai con il nostro ospite e gli spiegai che di solito non faceva così. Mi sembrò di intravedere un'aria divertita dipinta sul suo viso e poi mi rispose che per lui non c'erano problemi.

Qualche giorno dopo...

Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora