CAPITOLO 7 - Rimedi

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È bello. Non c'è che dire.
Aiuta? Certo che si. Quanto a lungo? Non so dirlo.
Non mi guarda. Non credo almeno. È buio. Io l'ho voluto. Lei non ha fatto storie.
Mi è capitato spesso il contrario. La luce accesa aiuta indubbiamente il contatto visivo. Il contatto visivo aiuta l'empatia. L'empatia aiuta a far nascere una relazione.
Esattamente ciò che voglio evitare.
Sento solo i suoi gemiti. Devo dire che su una scala che arriva a dieci a questi darei un bel otto.
Giuro, stavolta me ne sono accertato.
Niente ragazzo, nessuna relazione nascente. Soprattutto nessun affetto all'interno del campus. Insomma puoi fregarmi una volta ma non due.
Le sue unghie sul mio petto. Mi fanno male. Ma è un dolore sopportabile.
Stringo il lenzuolo tra le dita. I suoi movimenti fanno sobbalzare il letto. Caspita se è brava.
La generosità è ciò che apprezzo di più in una ragazza. E lei, come detto, è un otto su dieci anche in questo.
« Ti piace? »  mi sussurra nell'orecchio.
Non le rispondo. Temo possa fermarsi, che possa accontentarsi di quanto sta facendo.
Lentamente appoggia il suo seno sul mio petto. Ci tiene, si vede. Lo sento da come resiste dal venire.
Ma io non sono di pietra. Ho una nomea da costruirmi.
Le faccio stendere una gamba lungo la mia. Una spinta. Sono sopra di lei.
Mi muovo tra le lenzuola sudate che si avvolgono sui suoi fianchi. Mi muovo sentendo ogni piega di lei, ogni piccolo spazio, sempre più piccolo, sempre più stretto.
Niente di violento, veloce o brutale. È intimo e lento e... dolce. È una delle migliori fino ad ora.
Forse è ancora il Jack Daniel a parlare.
Il sudore si mescola, amalgama di umori esponenziali. Come le sue grida, come i miei movimenti, inversamente proporzionali ai suoi spazi. Un'equazione perfetta. Un unico risultato.
All'unisono. Uno nell'altro.
I pensieri spariscono.
Le mie dilatazioni. Le sue contrazioni. Vibrazioni tra corpi accordati per provare un'unica sensazione.
Spasmi. Lunghi, infiniti. Sembrano. Le lenzuola si impregnano. Anche l'aria. Secondi interminabili. Le lascio una parte di me.
Movimenti sempre meno rapidi, nonostante lei stia ancora venendo.
Le orecchie fischiano. Il cuore rallenta.
Tum, tum... tum.
Anche per lei ora. Crolla su di me.
Le endorfine scemano. I respiro si calma. L'alcol svanisce dal sangue.
Un viso che riaffiora tra i ricordi. Ma non assomiglia a chi ora mi abbraccia.

Tre ore prima

Dove cazzo sono?
Davanti agli occhi solo un indistinto appannato. Macchine. Attutite, soffuse.
Tum. Tum.
Il cuore mi pulsa nelle tempie come bassi di una batteria suonata da un principiante.
Tum. Tum.
Dio mio. Chi sta parlando?.
Un'eco lontana. La mia bocca abbogggiata sul legno.
Sento un sapore salato in bocca. Vorrei chiede chi è che mi rompe i coglioni in questo modo.
Mi spinge. Sento la mia stessa saliva lungo la guancia.
« Ehi! Com'è il mio bancone? Deve essere saporito! »
È sempre lui. Il solito stupido irlandese. Sembra avermi preso in simpatia. Che fortuna.
« Ma Cristo santo! Dico io: mi sono allontanato solo dieci minuti e ti sei scolato l'intera bottiglia! »
Quale bottiglia? Ma che vuole?
Gira attorno al bancone e sparisce dietro le mie spalle.
« Dai forza tirati sù! » 
Non riesco a impedirgli di sollevarsi di peso e farmi sedere su una delle basse panche che riempiono il locale.
« Ora, caro Aiden, ti preparo una cosa che mio padre chiamava "una iniezione di vita" e Dio solo sa quanto mi è servito! »
«Come sai il mio nome? »  credo di avergli chiesto.
« Cavolo è più grave di quanto pensassi. Te lo faccio doppio! »
Lo vedo sparire nel retrobottega combattendo con tutte le mie forze per non sdraiarmi sul tavolo di fronte a me.
L'ultima cosa che ricordo è di aver dato il documento a questo tizio. Poi due convenevoli. Forse gli ho detto dove studio e cosa. Mi pare nulla di più.
Forse ero già al terzo giro.
Cazzo quanto poco reggo l'alcool! Ma questo è anche un bene in un certo modo ci mette meno tempo ad aiutarmi.
Aspetta.
Forse sì. Si è allontanato dicendomi qualcosa del tipo: "Arrivo in fondo alla strada e torno."
« Eccomi! Per fortuna ne ho una scorta sempre pronta. »
Di fronte a me un boccale strabordante una sbobba di color verde marcio.
« Io dovrei bere questo schifo? Per di più da uno sconosciuto? »
« Non fare la verginella! Se sei bbastanza adulto da scolari un bottiglia di Jack puoi benissimo rischiare questo. Dammi retta ti rimette al mondo in cinque minuti! »
Cosa ho da perdere? Se avesse voluto abusare di me lo avrebbe potuto fare mentre ero svenuto. E poi non mi sembra quel tipo. Oddio... non lo sembrano mai.
« Vuoi bere si o no? In queste condizioni non puoi mica tornare al campus. Poi si sparge la voce che faccio ubriacare i ragazzini e mi fanno chiudere. »
Non ha tutti i torti.
Mi otturo il naso e butto giù quattro sorsate.
« Cazzo! Sa di vomito! »
« Meglio questo che il tuo di vomito. »
« Dimmi una cosa. Come fai a sepere il mio nome? »
« Me lo hai detto tu! Certo che lo reggi poco l'alcool eh? Sei Aiden Cobb, vieni da New York e studi economia qui da noi. Ma c' è una cosa che non mi hai ancora spiegato: che cavolo ti è successo per ridurti cosi? »
« Lascia stare. »
« Per esperienza le cause sono due: soldi o donne. E a giudicare dall'orologio che porti al polso direi la seconda. »
« Ti credi tanto furbo? »
« Sai da quanto faccio questo lavoro? Trentacinque anni. E per rispondere alla tua domanda: no, non mi sento assolutamente furbo. »  nega sorridente. « Sono solo uno che sa come va il mondo perchè il mondo, quello peggiore, quello che colpisce più forte, entra ogni sera da quella porta. E ne ho sentite di storie tristi, di storie sfortunate, di storie che neppure la mente malata di uno scrittore potrebbe partorire. Perciò perdonami se penso che la tua storia non sarà quella più triste che abbia mai sentito.  »
« Che cosa ne sai? »
« Lo so perchè sono stato giovane pure io, anche se non si direbbe. E alla tua età hai ancora tanto tempo per rimediare agli errori del passato. »
« E se non potessi? »
« E se non volessi? »  mi chiede.
« Non sai niente. »
« No, non lo so. Per questo te l'ho chiesto. »
« Non vedo perchè dovrei confidarmi con te. »
« Perchè una persona che alle undici è mezza di mattina si sbronza per dimenticare, evidentemente non ha tante persone con cui confidarsi e "Jack" raramente ascolta. »
L'iniezione di vita inizia a funzionare.
« Come ti chiami? » gli chiedo.
Il suono della campanella d'ingresso.
Il sole alle sue spalle. Capelli dorati che le scendono lungo le spalle. Sorride.
E tu da dove sei spuntata?
« Chiedo scusa: sapreste indicarmi la strada per il campus della NCSU? »
Un attimo di silenzio. Il barista mi guarda. Un cenno con la testa. Non so cosa voglia dire.
« Ma certo! »  esclama. « Anche lui è uno studente ed è felice di accompagnarti fino al campus »  urla spingendomi in piedi e verso la ragazza.
La guardo. Ha gli occhi che me la ricordano. Li abbassa a terra per la timidezza. Mi sorride nuovamente.
« Ah, Aiden! »  mi richiama l'uomo tornato dietro il bancone. « Ti aspetto per finire la nostra conversazione! »  raccomanda con il pollice alzato.
Gli ricambio il saluto e guadagno l'uscita.

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

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