Parte 3 - GENESI

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1.4

Quella mattina, mi svegliai prima del solito. Rimuginavo e riflettevo di continuo sulle possibili conseguenze dei nostri studi. Negli ultimi tempi, era diventata un'insana abitudine che cercavo di mitigare andando a correre di primo mattino.

Londra era meravigliosa nel mese di giugno e io, comunque, mi dovevo mantenere in forma. Non potevo campare di rendita, grazie al mio passato nell'esercito di sua Maestà. Volontario per imposizione di mio padre, l'esperienza nell'esercito durò circa due anni, giusto il tempo d'imparare il combattimento corpo a corpo, allenare il fisico alla fatica e scoprire che ero un cecchino dalla mira quasi infallibile.

Per fortuna e con somma delusione di mio padre, l'università mi richiamò senza appello, in quanto i miei primi Trattati sull'energia nucleare, effettuati durante gli anni di studio e conseguimento della laurea suscitarono l'interesse, oltre che accademico, anche politico. Ho sempre sospettato che, in parte, ci fosse lo zampino di Amanda. Seppur al tempo molto giovane, era già entrata a far parte nel gruppo scientifico che si era formato per effettuare queste ricerche.

Le tensioni politiche e sociali, avevano iniziato a inasprirsi tra gli stati Europei a causa della politica tedesca: le contese coloniche e commerciali che si sommarono ai problemi etnici dell'Impero austro-ungarico composto da troppe nazionalità mischiate, che si sentivano dominate e avevano ambizioni indipendentiste, fecero sì che il Governo inglese iniziasse a tutelarsi e avesse il desiderio di primeggiare in ogni ambito, sia bellico che tecnologico.

La corsa agli armamenti stava diventando una priorità che il Governo cercava di celare il più possibile agli altri, ma era evidente che stava cambiando il suo atteggiamento d'isolamento dal resto d'Europa per una politica di attiva presenza. E così, fui richiamato nel mondo civile.

Nonostante l'estate fosse alle porte, l'atmosfera mattutina era ancora frizzante e fresca. Ci misi un po' a scaldarmi e a impedire ai brividi di percorrere il corpo come tante piccole scariche elettriche.

Alle sei del mattino, Londra dormiva ancora. Vi erano solo poche persone al passeggio forzato con il proprio cane e dalla faccia assonnata e scontenta, che facevano da contraltare al muso soddisfatto dell'amico a quattro zampe.

Pensavo all'inquinamento. Stavamo avvelenando la nostra terra. Il carbone e lo stesso petrolio non erano la strada giusta. Chissà se il nucleare lo sarebbe stato.

La città scorreva veloce e sobbalzante negli occhi, mi piaceva osservare quegli edifici imponenti che sembrava ti volessero raccontare la loro storia. Accadde per la prima volta quella mattina...

Mentre correvo, preso da questi ragionamenti, le vie di Londra iniziarono a sfumare attorno, come se la vista perdesse il contatto con la realtà. Sbattevo le palpebre senza farci troppo caso, convinto che fosse il sudore che ricadeva sugli occhi, misto all'umidità metropolitana che non faceva mai mancare il suo apporto nel creare quell'effetto.

Continuai a correre, fino a che le strade iniziarono a fondersi con gli alberi e poi con il cielo. Tutto iniziò a ruotare sempre più veloce, su se stesso. I colori si mischiarono in un unico indefinito vortice, scuro ma al contempo brillante.

Bianco e Nero... improvviso, questo pensiero, senza spiegazione.

Rallentai, cercando un appiglio e mi fermai fissando quell'immagine ipnotizzato. In quel miscuglio di colori, in quella voragine che sembrava volermi risucchiare, riconoscevo sprazzi di bianco e di nero che si rincorrevano, scomparivano e si riformavano in maniera vertiginosa, come se cercassero di prevalere l'uno sull'altro.

Poi, iniziai a sentire nella testa rumore di esplosioni, di mezzi pesanti, grida di terrore, sparatorie. Non capivo da dove provenissero, non avevo mai sentito niente del genere. Qualcosa mi spaventava nelle viscere più profonde. Non vedevo nessuna immagine di ciò che sentivo, ma la sensazione di panico, di udire qualcosa di terribile mai avvenuto prima, mi avvolse. Le grida rimbalzavano nella testa, ancora e ancora, arrivavano da tutte le direzioni. Distanti e vicine. Poi, quelle parole, come un avvertimento, un monito, una voce indistinta:

NEMESI - CARTACEO! Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon