Prologo.

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«Dobbiamo svoltare alla prossima.» grida Ilenia alle mie spalle, il rumore delle ruote delle nostre valigie che scivolano sul pavimento in pietra del centro storico di Bologna.
Queste stradine sembrano tutte uguali, piene di casette colorate, tanti portici e tante, troppe scale. Abbiamo il fiatone, ogni secondo dobbiamo sollevare da terra le nostre valigie troppo piene per i tre giorni che ci tratterremo in città.

«Sicura? Abbiamo sbagliato strada già tre volte.» le rispondo con un filo di interdizione nella voce.
«Sono tutte parallele in questa città, ci saremmo arrivate comunque.» constata Monica. «Hai chiamato il tipo della casa?» mi domanda, affiancandomi con la sua valigia rossa sgargiante.

Mi fa male il braccio a tirare il trolley, quindi decido di farlo andare in orizzontale sulle quattro ruote per riprendere un po' di forza.

«Sì, Laura ed Elena sono già là con lui che ci aspettano. Siamo un po' in ritardo.» mi asciugo il sudore sulla fronte con l'avambraccio libero dalla valigia.

«Tutta colpa del cazzo di armadietto al deposito bagagli che non si apriva.» si aggiunge al discorso Ilenia, con un po' di fiatone, spuntando al di sotto della mia spalla destra.
«Meno male che avevo il coltellino svizzero pronto per scassinarlo.» affermo ridendo.
«Se vai con quel coso ad un aeroporto ti arrestano per terrorismo.» dice Monica ridendo.
«Eccoci.» esclama Ilenia, e vediamo all'orizzonte le figure di Elena, Laura e un uomo, che deve essere il tipo che ci affitterà l'appartamento per questi giorni.

Michele, così si chiama il proprietario, ci fa strada per un edificio storico molto bello, seguito dal suo cane Max che aspetta pazientemente legato fuori dalla porta.
Il luogo è carino, la cucina un po' antiquata, la moquette del salotto un po' macchiata ma tutto sommato non è male per quello che paghiamo.

La prima cosa che facciamo è togliere le scarpe e buttarci sui letti, per riprenderci un attimo dal viaggio.

«Bianca!» grido ricordandomi della nostra promessa di chiamarla non appena ci saremmo viste.

Apro Telegram, clicco sul suo contatto, avvia videochiamata.
Comincio a camminare per la stanza mentre il telefono emette un leggero squillo. Dopo qualche secondo appare il suo volto sorridente, gli occhietti luminosi e la sua vocetta dolce e inconfondibile.
Iniziamo a parlare tutte, una sopra dell'altra, del viaggio, dell'armadietto che non si apriva e del tizio dell'assistenza che non sapeva parlare italiano e noi non riuscivamo a farci capire, della casa che sembrava avesse passato la guerra del '15-'18.

Dopo aver cenato, iniziamo invece a cercare un posto per bere in cui uno Spritz non costi dieci euro.
Ci ritroviamo in una piazzetta malandata in zona universitaria, davanti a una chiesa inquietante, a bere dei Mojito che sanno di acqua zuccherata e i Japan Ice peggiori della storia.
Nemmeno il secondo giro di cocktail riesce a farci stare un po' allegre, ma torniamo a casa contente e stanche per la giornata molto intensa.

Tra i discorsi più seri che facciamo, Ilenia propone di prendere una macchina a noleggio per potersi muovere meglio, dopo aver esplorato bene tutte le regole dell'app car sharing che abbiamo trovato, vengo designata come autista, ma solo perché sono l'unica ad aver mai guidato un'auto col cambio automatico in tutto il gruppo.

***

«Usciamo?»
«Non lo so.»
«E che si fa? Netflix una sera che siamo a Bologna?»
«E dove andiamo? Di nuovo in centro?»
«Sui colli. Monte Donato!» propongo.
«Di buio?» Monica è allarmata.
«Vabbè di sera è un'altra cosa, portiamo qualcosa da bere, un po' di vino rosso.»
«Tu non puoi bere.» mi rimprovera Laura. A volte è proprio una mamma, dolce, protettiva, un po' rigida.

«Sì, lo so, voi bevete.»
«E dove compriamo? È troppo tardi, non vendono alcol dopo le 22.» aggiunge Monica.
«Un Carrefour 24 ore!» propone Elena. «Tentar non nuoce, ce n'è uno vicino a Monte Donato, per strada.» afferma scrollando Google Maps.

È quasi mezzanotte. || Francesco ToneattiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora